Insegnamenti sulla pratica meditativa
del Tong-len

Questo insegnamento è stato dato da Ghesce Ciampa Ghelek a Genova, presso il Centro Buddhista Tara Bianca.

Allora, abbiamo cominciato a vedere ieri sera i benefici del generare la mente dell’illuminazione, bodhicitta, e abbiamo visto di avere due metodi o istruzioni principali per essa. Lama Tzong Khapa che cosa dice a tal proposito? Noi abbiamo corpo, parola e mente, quindi abbiamo queste tre porte cosiddette di corpo, parola e mente e quindi compiamo azioni attraverso il nostro corpo, attraverso la nostra parola e attraverso la nostra mente. Le azioni che noi compiamo attraverso il corpo e attraverso la parola dipendono dalla motivazione che è nella nostra mente, dalla motivazione interiore. Quindi, se effettivamente le attività che noi compiamo, il criterio per stabilire se le attività compiute attraverso il nostro corpo e parola sono positive o negative, va proprio a parare nella motivazione interiore, dentro di noi. Perciò qualsiasi attività noi compiamo, sia essa positiva o negativa, dipende proprio dalla motivazione interiore. Se abbiamo una buona motivazione interiore, le nostre attività di corpo e parola anch’esse saranno buone; se invece abbiamo una cattiva motivazione interiore, di conseguenza anche le azioni di corpo e parola saranno negative. Le azioni di corpo e parola seguono sempre la positività o negatività della nostra intenzione. E, di conseguenza, la maggior parte di noi ha una mente che segue le afflizioni mentali e perciò abbiamo una mente o delle menti positive, delle menti negative; appunto quelle che accompagnano le afflizioni mentali. Nella maggior parte di noi, le abitudini più consolidate vanno nella direzione delle afflizioni mentali. La nostra mente si trova proprio sotto il controllo delle afflizioni mentali. Cosa possiamo fare, quali mezzi e quali metodi abbiamo per poterci liberare dalle afflizioni mentali e per poter veramente trasformare la nostra interiorità? Abbiamo due strade principali, due metodi principali; e appunto per far sì che la nostra interiorità, la nostra mente sia positiva, diventi positiva parliamo proprio di sviluppare bodhicitta nel senso di un’intenzione che ci comportamento porti a compiere il beneficio altrui, l’intenzione di realizzare il bene altrui, il proposito altrui, parliamo perciò di bodhicitta nei termini proprio di un’intenzione altruistica e cioè, più letteralmente, di un’intenzione di considerare gli altri più importanti di noi stessi.

Lama Tzong Khapa dice: se abbiamo un’intenzione o una mente positiva, saremo sempre e ovunque felici e accadrà sempre del bene, qualcosa di buono, sempre e ovunque; se invece abbiamo una mente negativa, sempre e ovunque sperimenteremo il negativo. Questo per mostrare proprio che tutto dipende dalla mente. Lasciamo un attimo da parte la vita successiva o le vite successive e concentriamoci su quella presente. Allora in questa vita il fatto che una persona sia più o meno positiva, più o meno bella o brava, il fatto che il suo sia più o meno virtuoso, dipende sempre dall’interiorità di questa persona e, in effetti, se la persona è di buon cuore e ha una buona intenzione dentro di sé, sarà sempre felice, sarà pacifica, sarà interiormente in pace. Se invece una persona ha un’intenzione negativa, sarà sempre in uno stato di confusione o agitazione, sarà sempre infelice. Per via tutta questa situazione, che si ripercuoterà sul suo corpo, avrà uno squilibrio degli elementi del proprio corpo, avrà problemi magari a dormire, quindi avrà dei disturbi del sonno, avrà un invecchiamento precoce, la sua vita si accorcerà a causa di tutta questa situazione. Quando invece siamo persone di buon cuore, con interiorità benevolente o positiva, questo ci aiuta a mantenerci in salute, ad avere una vita più lunga, ad invecchiare nel tempo normale non precocemente e così via. Quindi, chiaramente avere un’interiorità positiva, un’intenzione o una mente positiva, aiuta noi stessi ma anche chi ci sta attorno, quindi il nostro compagno o la nostra compagna, i nostri figli, i nostri genitori, chi ci sta attorno effettivamente, compresi cani e gatti… e tutti coloro che ci stanno attorno risentono se noi siamo in condizioni positive interiormente. Della nostra stessa attitudine positiva, vivranno tranquilli, sereni, in pace, proprio anche cani e gatti, che risentono proprio della condizione del padrone: se il padrone è agitato, è turbato, ovviamente cani e gatti risentiranno di questo. Anche lasciando un attimo da parte il discorso sulle vite successive, anche solo concentrandoci su questa vita presente, avere questa attitudine positiva è di beneficio per se stessi, è di beneficio per gli altri. Se abbiamo un’interiorità negativa invece questa sarà di danno per noi stessi e per gli altri. Quindi se siamo continuamente turbati, agitati, se fosse almeno di beneficio per noi, sarebbe un discorso tutto sommato accettabile, ma non lo è perché ci fa dimorare in uno stato proprio di continua infelicità. Questo per dire che in realtà possiamo anche ampliare la prospettiva del nostro discorso non solo a questa esistenza ma anche a quelle successive. Se noi abbiamo una interiorità positiva, una mente positiva, un’intenzione positiva, questa è proprio in un certo senso l’origine di tutte le felicità; se l’abbiamo negativa, l’intenzione, questa è l’origine di tutte le sofferenze.

Bisogna essere effettivamente di buon cuore, ecco questa è una traduzione, essere di buon cuore, avere un’interiorità virtuosa, un’interiorità positiva. Ci sono vari modi di tradurre questa espressione. E come possiamo essere di buon cuore, in che modo possiamo esserlo? Proprio considerando gli altri più cari di noi stessi, quindi tra gli altri e noi stessi dovremmo considerare gli altri più cari di noi stessi. Quindi rinforzare il considerare gli altri cari e importanti, e indebolire il considerare noi stessi cari e importanti. Un altro modo per tradurre: altruismo ed egocentrismo, quindi rinforzando l’altruismo e diminuendo l’intensità dell’egocentrismo. Quindi è importante proprio sviluppare un’intenzione, un’attitudine di altruismo, appunto di beneficio nei confronti degli altri. Dobbiamo imparare interiormente, quindi addestrare la nostra mente ad essere il più possibile di aiuto e di sostegno per gli altri, e dobbiamo provare ad essere di danno agli altri il meno possibile. Come intenzione positiva, o buon cuore, mente positiva, intendiamo proprio l’essere il più possibile altruisti, quindi considerare gli altri più importanti di noi. Invece come intenzione negativa, interiorità negativa, intendiamo l’attitudine egocentrica, di considerare noi stessi più importanti degli altri. E queste due attitudini si scontrano chiaramente l’una con l’altra, non possono essere entrambe presenti nello stesso istante.“Ovunque e con chiunque mi trovi, possa ritenermi inferiore a tutti e con sincera intenzione possa considerare gli altri come supremi” (NdT, L’addestramento in Otto Stanze, seconda stanza). Come? In questa “stanza” appunto si dice: con chiunque noi ci accompagniamo, con chiunque noi siamo, cerchiamo di essere il meno possibile ingordi rispetto alle nostre esigenze, cerchiamo di essere ingordi rispetto alle altrui esigenze. Cerchiamo di andare sempre verso le altrui esigenze, quindi cerchiamo di mettere gli altri al primo posto e noi stessi al secondo. Ecco questo è l’invito che chiaramente ci mostra come in realtà noi normalmente tendiamo a metter noi stessi al primo posto, di considerarci al primo posto e gli altri al secondo o addirittura al terzo posto. Da qui conseguono molti problemi. Quindi ovunque e con chiunque noi ci accompagniamo è importante che ci consideriamo inferiori agli altri in questo senso cercando proprio di considerare gli altri più importanti di noi.

Ora qualcuno leggendo questi versi, “ovunque e con chiunque mi trovi possa ritenermi inferiore a tutti”, potrebbe chiedersi: “insomma, ci rimetto abbastanza in questo tipo di attitudine, no? Insomma, non è proprio vantaggiosa per me”. Ecco no, non è così. Temporaneamente possiamo avere poco profitto da questo tipo di attitudine ma alla lunga, in una prospettiva di lungo periodo, invece il profitto è enorme, il beneficio che ne riceviamo è enorme. Perché? Perché se noi siamo egocentrici e ingordi rispetto alle nostre esigenze, avidi, vogliamo sempre di più per noi, questo temporaneamente nella situazione può darci un vantaggio, un beneficio, ma alla lunga ci creerà problemi perché non piaceremo alle persone e, se magari siamo in visita da qualche parte, dai nostri amici, andiamo a trovare una famiglia dei nostri amici, stiamo un po’ con loro e siamo egocentrici, siamo sempre alla ricerca dei nostri scopi personali, avidi in questo senso, magari i nostri amici non ci diranno nulla ma appena ce ne andremo inizieranno a sparlare di noi, dire questa persona no, non si comporta assolutamente bene, ha un atteggiamento molto egocentrico, egoista e così via. Quindi, anche se magari direttamente non ci viene detto nulla, poi, dopo la nostra partenza i discorsi negativi fioccheranno. Alla lunga non piaceremo alle altre persone se avremo questo tipo di comportamento, di tendenza. Avremo sempre meno amici, sempre meno persone vicino a noi, piaceremo sempre a meno persone e quindi questo ci mostra come il danno arriva anche a noi stessi per questa situazione, alla lunga. Anche perché, soprattutto perché noi in società dobbiamo vivere, viviamo in società, quindi sempre a contatto con gli altri. Se abbiamo sempre meno amici, sempre meno persone attorno a noi, chiaramente la vita si rende sempre più difficile per noi. Quindi, se siamo egocentrici e sempre a cercare di soddisfare le nostre esigenze questo ci creerà situazioni di difficoltà. Se invece ci rendiamo conto che viviamo in società ed è importante trovarci in armonia con gli altri, andare incontro agli altri, ecco che avremo beneficio. Questo discorso ci fa riflettere sulla situazione più a lungo termine.

Ieri abbiamo visto appunto che per generare dentro di noi bodhicitta, la mente dell’illuminazione, abbiamo due metodi principali. Ieri abbiamo cominciato a vedere il primo metodo, quello dei sette punti o sette istruzioni, delle sei cause e un effetto. Abbiamo cominciato a vedere questo metodo e il primo punto di questi sette punti consiste nel riconoscere tutti gli esseri come le nostre madri. E, per fare questo, dovremmo renderci conto, essere consapevoli del fatto che tutti gli esseri sono stati nostra madre, e, per poterci rendere conto di questo, dobbiamo innanzitutto essere consapevoli dell’esistenza delle vite passate, essere convinti, essere consapevoli dell’esistenza delle vite passate. Altrimenti non riusciamo a compiere questo primo passaggio, la prima istruzione. E, per poter essere convinti dell’esistenza delle vite precedenti abbiamo a disposizione alcuni ragionamenti. Ieri sera abbiamo visto i quattro principali ragionamenti per poter stabilire l’esistenza delle vite passate (NdT, ho avuto modo di parlare poco fa con Ghesce-La, rispetto a questo mi ha detto che puoi dire tranquillamente quello che ci siamo riassunti prima, ossia abbiamo questi quattro ragionamenti: il primo consiste nello stabilire che la coscienza di un momento ha necessariamente bisogno di una precedente coscienza di tipo simile, abbiamo un tipo simile precedentemente accaduto – sto cercando di essere letterale nel primo ragionamento; il secondo ragionamento, abbiamo il ragionamento che Ghesce-La dice di essere molto simile al primo, quindi la modalità di spiegazione è diversa ma il significato su cui si va a parare è lo stesso, ovvero il fatto che ci sia una causa sostanziale precedentemente accaduta, la coscienza ha una causa sostanziale precedentemente accaduta, che accade prima, che la precede, e questo è il secondo argomento, quindi sulla causa sostanziale; il terzo argomento è relativo alle abitudini o familiarità, quindi abbiamo delle abitudini precedenti che ci precedono e poi il quarto argomento era quello sull’esperienza, abbiamo delle esperienze che ci precedono. Quindi abbiamo questi quattro argomenti che abbiamo visto insieme).

Nagarjuna, nella “Lettera ad un amico”, riporta l’attenzione proprio al fatto che prendiamo rinascita da un tempo senza inizio, quindi abbiamo preso e ripreso infinite volte rinascita e quindi non c’è nessun essere che non sia stato nostra madre. Quindi ogni essere ha infinite, incalcolabili madri e appunto in questo testo Nagarjuna invita a fare questo: immaginare di calcolare le proprie madri contandole, associando ad ogni madre che non riusciamo a contare una pallina di terra del nostro pianeta. Ecco, se contassimo tutte le nostre madri, dovessimo appunto associare ad ognuna di esse una pallina di terra, non basterebbe neanche la terra del nostro pianeta per calcolarle, per fare questo conteggio.

Per quanto riguarda il secondo punto, la seconda istruzione di queste sette: ripensare alla gentilezza, ricordare la gentilezza, la gentilezza infinita delle proprie madri. “Ognuno di noi ha bevuto dalle proprie madri più latte del liquido contenuto nei quattro oceani. Comunque, noi cerchiamo ancora di bere più latte, ancora più latte, girando nel Samsara”(NdT, da “Lettera ad un amico” di Nagarjuna. Sulla prima parte si è soffermato Ghesce-La spiegando che noi abbiamo infinite madri, ognuno di noi ha infinite madri, se da ogni madre noi abbiamo bevuto del latte, abbiamo bevuto veramente una quantità infinita di latte, appunto una quantità di latte che supera la quantità di liquido contenuto nei quattro oceani).

Pensiamo all’amore che una madre ha per il proprio figlio. Una madre ama il proprio figlio fin da quando viene concepito e quindi nasce nel proprio corpo e, da quel momento in poi l’amore di una madre per il proprio figlio è immenso. Anche se il figlio cresce, diventa adulto, comunque la madre continua a pensare e ad augurare al figlio ogni bene, si preoccupa veramente affinché il figlio possa stare bene, possa non avere sofferenza. Quando noi pensiamo alla grande compassione per esempio, cerchiamo di capire che cos’è la compassione, la compassione di tipo non artificiale, in altri termini la compassione genuina. A che cosa possiamo pensare per capire cos’è veramente una compassione di tipo non artificiale, genuino, possiamo pensare proprio all’amore di una madre per il proprio figlio, così la compassione viene anche spiegato nei testi. L’amore che ha la madre per l’unico figlio, per il proprio figlio, questo stesso amore noi dovremmo essere in grado di provarlo per tutti gli infiniti esseri senzienti. Così abbiamo grande compassione. Ora però possiamo chiederci quindi com’è questo amore che la madre prova per il proprio figlio. E’ proprio un amore non artificiale, in altri termini genuino, e appunto, ripensando a questo tipo di amore genuino che noi abbiamo ricevuto dalle nostre madri, noi possiamo sviluppare e coltivare questa seconda istruzione delle sette istruzioni, ricordare la gentilezza ricevuta.

Passiamo alla terza istruzione, che consiste nel ripagare la gentilezza. Noi abbiamo ottenuto la preziosa rinascita umana, abbiamo una capacità estremamente spiccata di pensare, di riflettere, abbiamo effettivamente ottenuto una rinascita diversa, distinta rispetto a quella degli altri esseri migratori. E abbiamo “ora” una grande possibilità di poter ripagare la gentilezza ottenuta, quindi così come noi in passato abbiamo ricevuto la gentilezza dagli esseri che sono stati le nostre madri, ora siamo noi a poter ripagare la gentilezza, rispondere in un certo senso a questa gentilezza con altrettanta gentilezza, in questo senso ripagare la gentilezza ricevuta. E lo dobbiamo fare ora, proprio ora. Perché? Perché ora abbiamo ottenuto la preziosa rinascita umana dotata delle libertà e delle ricchezze. Nelle vite successive non è certo che noi otterremo di nuovo la preziosa rinascita umana. Quindi, se non rinasciamo come essere umani non avremo l’opportunità di ripagare questa gentilezza e ripagare la gentilezza. Dunque, una madre, nostra madre per noi, per i figli ha faticato moltissimo, il figlio cresce, nel frattempo la madre in parallelo invecchia, chiaramente, poniamo che invecchia anche perdendo la vista da sola. Ora, la madre quindi è cieca ormai, non vedente, se si dovesse trovare sull’orlo di un precipizio o di un luogo da cui può cadere, il figlio, vedendo questa scena, dovrebbe immediatamente proteggerla da quel rischio, da quel pericolo, salvarla, trattenerla dalla caduta, perché se non lo facesse sarebbe una situazione terribilmente triste? Così il figlio che ha la capacità di vedere dovrebbe salvare la madre, non vedente, che si trova sull’orlo del precipizio. Allo stesso modo cosa possiamo dire al di fuori della metafora: che tutti gli esseri senzienti sono come questa madre cieca, quindi sono ciechi e non vedenti per via della loro ignoranza, e noi siamo come il figlio di questa madre, quindi abbiamo gli occhi per poter vedere, noi abbiamo gli occhi per vedere e tutti gli altri esseri sono ciechi per via dell’ignoranza. Ci troviamo in questa situazione: così come il figlio dovrebbe intervenire per salvare la madre dal pericolo, anche noi appunto dovremmo farlo ripagando la gentilezza nei confronti degli esseri.

Passiamo alla quarta istruzione che consiste nell’amore che vede tutti gli esseri come gradevoli. Che cosa s’intende per questo? S’intende appunto un coltivare, uno sviluppare dell’amore rispetto a tutti gli infiniti esseri senzienti, percependoli come gradevoli, come piacevoli, quindi coltivare l’amore per tutti gli esseri senzienti appunto come gradevoli. Ci si addestra in questa istruzione considerando sempre tutti gli esseri come nostre madri. La differenza tra la madre che abbiamo in questa vita e quella della vita o delle vite precedenti è soltanto una differenza di tempo. Un tempo precedente o un tempo attuale, ma in termini di ruolo, di madre, e quindi gentilezza ricevuta dalla madre, non c’è alcuna differenza tra la madre di questa vita e le madri delle vite precedenti. E quindi sulla base di questo noi auguriamo felicità a tutti gli esseri che sono stati le nostre madri. Quindi amore, l’amore proprio consiste nel pensare “possano gli esseri essere felici”, “mi auguro che gli esseri siano felici”. Questa è l’attitudine di amore, quindi in questo modo dovremmo coltivare questa quarta istruzione, l’amore che vede tutti gli esseri come gradevoli.

Poi c’è una considerazione da fare su quanto stiamo dicendo: queste istruzioni sono espresse da parole che non sono di difficile comprensione per noi, possiamo tutti capire facilmente queste parole che stiamo usando per descrivere le istruzioni. Chiaramente la difficoltà sta nel metterle in pratica, la difficoltà sta nell’addestrarsi mentalmente, interiormente a questo. Stiamo parlando in questa istruzione, la quarta, dell’amore, dell’amore che vede gli altri come gradevoli. Perciò in questo contesto è “grande” amore. Amore nel senso del pensiero “possano tutti gli esseri essere felici”, avere la felicità: questo è “l’amore”. Quando parliamo di “grande” amore, che cosa intendiamo? Intendiamo per grande amore l’amore che noi proviamo avendo come oggetto “tutti” gli infiniti esseri senzienti. Quindi quando noi proviamo amore per tutti gli infiniti esseri senzienti questo amore diventa “grande” amore.

Ora passiamo alla quinta istruzione, che consiste nella grande compassione. Ora “grande compassione” e “grande amore” che corrisponde alla precedente istruzione, sono simili, nel senso che il grande amore consiste nel pensare rispetto a tutti gli infiniti esseri senzienti “possano tutti gli esseri avere felicità”, essere felici. La “grande” compassione, questa quinta istruzione, consiste, sempre avendo come oggetto di pensiero tutti gli infiniti esseri, nel pensare “possano tutti gli esseri essere liberi dalla sofferenza”. Quindi vedete che gli aspetti contemplati sono da una parte la felicità, da una parte la sofferenza, la spiegazione è diversa ma il significato è simile tra questi due istruzioni. Per compassione intendiamo la mente che avendo come oggetto un altro essere tormentato dalla sofferenza, pensa “possa questo essere essere libero dalla sofferenza”. Questa è la compassione. Quando diventa “grande” compassione? Quando proviamo compassione per “tutti” gli esseri, per tutti gli infiniti esseri senzienti. In questo caso abbiamo “grande” compassione. E parlando di grande compassione possiamo dire che abbiamo dentro di noi il pensiero “possano tutti gli esseri essere liberi dalla sofferenza”. Dovremmo anche avere dentro di noi il pensiero “questa liberazione dalla sofferenza io stesso la metto in pratica, io stesso mi adopero perché gli esseri siano liberi dalla sofferenza, quindi abbiamo bisogno proprio di generare noi questo tipo di pensiero.

Poi procediamo alla sesta istruzione, che consiste nel “puro pensiero speciale”. Un’altra traduzione potrebbe essere “pura attitudine altruistica”. Puro pensiero speciale o attitudine speciale è una traduzione più letterale. Questo puro pensiero speciale in cosa consiste? Esso stesso è “grande compassione”. Qual è la differenza tra la grande compassione che abbiamo visto precedentemente e questo “puro pensiero speciale” che è la sesta istruzione? La differenza consiste in questo: in questa istruzione del “puro pensiero speciale”, rispetto al fatto che tutti gli esseri possano essere liberi dalla sofferenza, noi pensiamo “io solo”, “io da solo,” mi adopero affinché gli esseri possano esser liberi dalla sofferenza. Il motivo per cui viene detto “pensiero speciale puro” sta proprio nel fatto che nell’istruzione precedente il nostro pensiero è “io mi adopero, io agisco affinché gli esseri siano liberi dalla sofferenza”. In questa istruzione invece, del “puro pensiero speciale”, il pensiero è “io da solo”, soltanto io, solo io, mi adopero affinché tutti gli esseri possano essere liberi dalla sofferenza.

Quando noi pensiamo questa istruzione del puro pensiero speciale, quando noi pensiamo: io da solo – io soltanto – solo io agisco – mi adopero affinché gli esseri siano liberi dalla sofferenza, quando mi addestro in questo senso, il punto sta nell’aumentare, nel nutrire il nostro potere mentale, cioè nel rafforzare la nostra mente. Bisogna veramente generare coraggio in questo senso, determinazione, efficacia mentale, potere mentale. Perché se ci riflettiamo, noi ora non abbiamo l’abilità o la capacità di poter liberare tutti gli esseri dalla sofferenza, poterci adoperare per questo. E non solo rispetto alla sofferenza altrui. Possiamo pensare anche alla nostra stessa sofferenza soltanto, noi non abbiamo la possibilità ora, la capacità, abilità di liberarci dalla nostra stessa sofferenza. Però, qui si tratta proprio di addestramento mentale, dobbiamo addestrare la nostra mente, dobbiamo determinarci in questo, quindi incoraggiarci, autodeterminarci. Poiché è un tipo di pratica che ha come oggetto gli infiniti esseri senzienti, che sono propri infiniti come lo spazio è infinito. Quindi non hanno un numero, non hanno un limite, sono infiniti. Poiché abbiamo come oggetto della nostra pratica gli infiniti esseri senzienti, il beneficio di questa pratica è enorme, è vastissimo, accumuliamo molti meriti, quindi le nostre accumulazioni sono vaste. Purifichiamo anche molte negatività e oscurazioni. Quindi è veramente una pratica di grande beneficio, quindi dobbiamo propri addestrarci mentalmente, dobbiamo generare coraggio dentro di noi, forza interiore. Chiaramente, quando la nostra mente si addestra in qualcosa, si abitua, si familiarizza con una pratica e poi una volta familiarizzati con quella pratica, tutto risulta più facile, non c’è nulla che non sia facile da compiere. E arriveremo a un punto in cui la nostra mente dimorerà sempre in questa modalità. Quelle figure che noi stimiamo, che consideriamo molto importanti, i bodhisattva, lo saremo noi stessi, noi stessi diventeremo bodhisattva. Diventeremo quelle figure che stimiamo così tanto. Perché coltiveremo dentro di noi la grande compassione, grazie alla grande compassione riusciremo a creare dentro di noi bodhicitta, la mente dell’illuminazione, e quindi saremo noi bodhisattva, con tutto ciò che comporta, i poteri miracolosi del bodhisattva e così via.

Allora, per generare bodhicitta nel nostro continuum, abbiamo necessariamente bisogno di aver generato dentro di noi la grande compassione. E a sua volta la grande compassione avrà bisogno di essere preceduta da tutte le cause necessarie ad essa. Abbiamo bisogno di tutte le cause, passo dopo passo, per poter arrivare a grande compassione quindi a coltivare bodhicitta. Infatti, se noi volessimo per esempio ricordare la gentilezza ricevuta -la seconda istruzione-, senza essere passati per la prima, non avremmo la possibilità di farlo. Abbiamo bisogno di prima riconoscere tutti gli esseri come nostre madri e poi allora possiamo ricordare la gentilezza. Allo stesso modo è proprio un percorso che ci conduce a coltivare, a generare bodhicitta in noi. E quando abbiamo generato nel nostro continuum una bodhicitta non artificiale, ossia genuina, diventiamo in quel momento bodhisattva e siamo in quel momento degli esseri che si trovano nel sentiero della “accumulazione”. Siamo perciò entrati proprio nel sentiero Mahayana, del Grande Veicolo. Quindi entriamo nel momento in cui generiamo nel nostro continuum questo tipo di bodhicitta. Entriamo nel sentiero dell’accumulazione. La strada che ci conduce allo stato dell’illuminazione prevede il passaggio per il sentiero dell’accumulazione, poi quello della “preparazione”, poi della “visione”, poi della “meditazione” e infine del “non più apprendimento”. Quindi questo è il percorso, la strada che ci conduce allo stato di Buddha, dell’Illuminazione.

C’era un insegnante nel monastero di Sera, che dedicava il suo tempo a insegnare i testi ai suoi studenti, e insegnava i vari testi con le varie definizioni e così via. Ad un certo punto stava dando degli insegnamenti sui cinque sentieri del Grande Veicolo Mahayana e spiegava agli studenti che “ci sono questi cinque sentieri del Grande Veicolo: il più basso chiamiamo il “sentiero dell’accumulazione”, “poi possiamo migliorare con il sentiero della preparazione, e si susseguono in questo modo, ma il più povero, il più basso è proprio il “sentiero dell’accumulazione” tra questi cinque”. E così insegnava questi vari sentieri, accumulazione, preparazione, visione, meditazione, non più apprendimento; e tra questo gruppetto di studenti ce n’era uno che era un po’ più lento, un po’ più in difficoltà, un po’ più sciocco, ed era consapevole di esserlo, il più sciocco di tutto il gruppo. Si teneva abbastanza così sulle sue, consapevole della sua situazione. E il maestro ha detto “bene, tra questi cinque sentieri il più povero, il più basso diciamo è il primo, quello dell’accumulazione”. E poi si rivolge a questo studente, piccolino, e gli chiede “Ma quindi, tra questi cinque sentieri secondo te, tu a quale sei arrivato?”. E lui pensando di se stesso “sono sempre l’ultimo, sono sempre quello più in basso… mah io sarò arrivato probabilmente al primo, perché è il più basso, il più povero”, e tutti sono scoppiati a ridere perché sì, se tra i cinque è il più basso, il più povero, comunque si tratta di un grandissimo livello! E quindi sono scoppiati tutti a ridere, è chiaro che lui pensava di se stesso “io sono il più basso, l’ultimo praticamente, il più basso, e tra questi cinque dove sarò? Sarò in quello più basso”. Però se si ottiene il sentiero dell’accumulazione del Grande Veicolo si diventa bodhisattva, si diventa “Mahayanisti”, vengono chiamati in questo modo, quindi è ovviamente qualcosa di grande, no?

Una precisazione sulla meditazione riprendendo quanto detto ieri: ieri abbiamo detto che per meditare è importante porre il nostro corpo nella postura di sette punti di Vairochana. È molto importante questo… Ripassiamo rapidamente: le gambe dovrebbero essere nella posizione del loto, o completo o fatto a metà, loto o mezzo loto. Le mani dovrebbero essere nella mudra dell’equilibrio meditativo, la spina dorsale, la nostra schiena dovrebbe essere eretta, dritta, la testa leggermente inclinata in avanti, gli occhi dovrebbero osservare la punta del naso, denti e labbra dovrebbero essere lasciate come stanno normalmente, in modo naturale e la punta della lingua dovrebbe essere posata sul retro dell’arcata dentale superiore. Le spalle dovrebbero essere basse, mantenendo i gomiti leggermente distanziati dai lati del corpo, per non schiacciare i gomiti lungo il corpo lasciamo dello spazio tra i gomiti e il corpo. Ecco, a volte questa posizione di Vairochana è detta in Sette Punti, a volte ci sono delle spiegazioni che la apostrofano in Otto Punti, comunque questa è la postura del corpo.

Marpa, il maestro di Milarepa, era solito dire che questa postura in Sette Punti come da lui adottata nella meditazione fosse incredibile, non ci fossero altri grandi meditatori in Tibet in grado di adottare una postura più bella o migliore di questa, quindi la elogiava in modo particolare.

C’è un aneddoto che riguarda questo: allora, il Buddha Bhagawan si era recato a Varanasi a meditare e adottava la postura di Vairochana in sette punti e insegnò ai propri discepoli questo tipo di postura. Quindi anche i discepoli del suo seguito attorno a lui meditavano adottando questo tipo di postura. A Varanasi, essendoci molte foreste, c’erano anche molte scimmie. Queste scimmie osservavano i meditatori in questa posizione, continuavano ad osservarli e impararono anche loro ad adottare questa postura. Quando poi si recarono nelle stesse foreste lì a Varanasi dei membri del Sangha non buddhista, Tirtika, non conoscendo però la postura in sette punti di Vairochana, meditavano nelle posture più disparate: alcuni stesi, alcuni curvi, altri raggomitolati, c’era di tutto insomma. Le scimmie guardavano in modo un po’ strano perché erano abituate a vedere questa perfetta postura in sette punti. Quindi ad un certo punto, le scimmie stesse si misero in quella che avevano imparato, la posizione di Vairochana in sette punti e questi meditatori Tirtika guardando le scimmie dissero “Eh, però! Che strano, le scimmie hanno una postura fantastica, è veramente, veramente un’ottima postura”. E quindi piano, piano, anche loro impararono, guardando le scimmie che a lor volta avevano imitato i meditatori insieme al Buddha. Anche i Tirtika impararono questa postura in sette punti ritenendola effettivamente speciale, particolarmente utile.

Adesso v’invito a meditare, ripercorrendo quindi quanto visto finora, le istruzioni che abbiamo visto: riconoscere tutti gli esseri come le proprie madri, la prima; ricordare la gentilezza, la seconda; ricambiare la gentilezza, la terza; l’amore che considera tutti gli esseri come gradevoli, la quarta; la grande compassione, la quinta e il puro pensiero speciale, la sesta.

Seguite le vostre sensazioni durante la meditazione, come ve la sentite calzare, se siete a contatto, se volete soffermarvi di più su un punto o su un altro, permettetevelo. Magari decidete voi la durata in cui vi soffermate su una istruzione piuttosto che sull’altra. Se riconoscete tutti gli esseri come vostre madri o ricordare la gentilezza vi stanca o vi annoia, potete passare, alle successive istruzioni. Se invece la meditazione vi riesce bene, siete sereni in questo, soffermatevi più a lungo su di essi. Cercate proprio di accordarvi, essere in armonia con la vostra mente.

Nel Bodhisattvacharyavatara, Shantideva, nell’introduzione alla condotta del bodhisattva o l’introduzione alla pratica del bodhisattva, dice “tutte le felicità di questa esistenza ciclica hanno come causa l’attitudine altruistica” ossia la mente che è di beneficio agli altri, quindi considerare gli altri più importanti di sé. In altre parole, tutte le sofferenze del samsara, dell’esistenza ciclica, hanno come causa l’egocentrismo. In altre parole, ancora, il considerare se stessi più importanti degli altri. Ghesce-La commenta dicendo “tutte le felicità, tutte le gioie, piaceri che noi possiamo esperire, di cui possiamo far esperienza nella nostra esistenza ciclica, hanno come causa l’essere di beneficio per gli altri, l’attitudine altruistica di non offendere gli altri. Tutte le sofferenze invece, le difficoltà di cui noi facciamo esperienza, hanno come causa il pensiero: “possa io, soltanto io, essere felice, possa giungere a me, soltanto a me, qualche cosa di positivo”, questo egocentrismo porta la causa di tutte le sofferenze del nostro samsara (NdT, una “stanza” di preghiera, nel Bodhisattvacharyavatara che Ghesce-La ha citato e parafrasato, si dice: “La terra e gli altri elementi sono utilizzati da tutti gli esseri senzienti, la terra così come gli altri elementi, abbiamo la terra, abbiamo i quattro elementi di terra, aria, acqua e fuoco. Questi sono utilizzati da tutti gli esseri senzienti).

Se ci pensiamo, tutti gli esseri hanno bisogno del terreno su cui poter vivere, su cui poter stare. E la terra, in questo senso, non fa differenziazioni tra chi sostenere e chi non sostenere, è imparziale in questo senso e viene utilizzata da tutti gli esseri. E allo stesso modo anche l’acqua, allo stesso modo anche l’aria che respiriamo, e possiamo nominare lo spazio vuoto in cui noi abbiamo la possibilità di vivere, di abitare? Quindi ci sono infiniti esseri, esseri di numero veramente sconfinato, di varietà diversa. La loro vita, il fatto che essi possano essere in grado di vivere, dipende dai quattro elementi. Allo stesso modo: “Possa”, questa è la preghiera che Shantideva forma, “possano il mio corpo, la mia parola e la mia mente essere come i quattro elementi per gli esseri”, possano essere utilizzati da tutti gli esseri, quindi possano essere al servizio di tutti gli esseri (NdT, questa è una preghiera che Ghesce-La ha spiegato essere presente nel Bodhisattvacharyavatara. I bodhisattva si addestrano in questo modo e pregano in questo modo. Quindi c’è questo tipo di determinazione e coraggio in loro. E sulla base di ciò accumulano molti meriti, hanno una grande accumulazione).

 In un sutra il Buddha Bhagawan dice: “Se accumuliamo meriti, questi ci permettono di eliminare la sofferenza, e coloro che hanno grandi meriti riescono nelle loro attività”. Che cosa significa? Chi effettivamente accumula meriti, ottiene la felicità, ottiene l’eliminazione della sofferenza. Nella nostra società ci sono persone che si adoperano in varie attività, può essere lo studio, magari il lavoro, un’attività lavorativa, e ci sono alcune persone che riescono a realizzare qualsiasi cosa vogliano realizzare, quindi vedono le loro necessità o le loro esigenze, realizzate. Perché accade questo ad alcune persone? Per via di grandi meriti che hanno precedentemente accumulato, quando invece altre persone, per quanto si adoperino, per quanto si diano da fare, non riescono ad avere successo nelle loro attività, le loro attività non riescono bene, i loro metodi non vanno a buon fine, e così via. Il motivo qual è? Hanno accumulato insufficienti meriti, precedentemente. Si dice se abbiamo accumulato dei meriti, le afflizioni mentali vengono distrutte e raggiungiamo velocemente lo stato dell’illuminazione. Questo per dire che è importante accumulare meriti. È importante e, per farlo non necessariamente abbiamo bisogno di qualche cosa di concreto, quindi un oggetto concreto, sostanze concrete: la cosa più importante, l’aspetto più importante della pratica per accumulare meriti è proprio l’intenzione dentro di noi, la motivazione. Abbiamo le Sei Paramita, le Sei Perfezioni, in cui possiamo adoperarci per la pratica, ossia generosità, pazienza, disciplina, sforzo gioioso, concentrazione e saggezza. Possiamo meditare su bodhicitta, coltivare bodhicitta, meditare sulla vacuità, abbiamo veramente molte pratiche il cui nucleo principale è proprio dentro di noi. All’esterno, praticare questo non crea grossi problemi perché la pratica è soprattutto interiore. Possiamo pensare, da questo punto di vista, a Milarepa, al Venerabile Jetsun Milarepa che trascorse l’intera esistenza in una caverna a meditare e non aveva neanche un vestito da indossare da quanto povero era, quindi si applicò in questo modo in un corpo e in una vita raggiunse lo stato dell’illuminazione. Quindi si addestrò nelle Sei Paramita, nelle sei perfezioni. Riuscì chiaramente a portarle a compimento, a ultimazione. Nel caso specifico della generosità, se vogliamo pensare a questo, dalla pratica della Paramita della generosità riuscì a portarla a perfezione anche senza avere nulla di concreto, praticando e perfezionando proprio l’attitudine di generosità, l’intenzione di generosità.

C’è tra le varie pratiche di generosità la pratica della generosità dell’amore. Se noi coltiviamo amore avendo come oggetto della nostra pratica tutti gli esseri senzienti, pensando proprio “possano tutti gli esseri essere felici”, quindi coltivando l’amore, questa pratica della coltivazione dell’amore diventa pratica di generosità, rientra nella pratica di generosità.

 

Ringraziamo i centri FPMT per fornire questo prezioso materiale e tutti i volontari che con il loro lavoro seguono le trascrizioni, le revisioni e la pubblicazione degli insegnamenti sul nostro sito, senza i quali tutto questo non sarebbe possibile.

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tong-len. Letteralmente, “dare e prendere”; la meditazione del prendere la sofferenza di tutti gli esseri senzienti e dare loro tutta la propria felicità e meriti.

Ghesce Ciampa Gelek

Questo insegnamento è stato dato da Ghesce Ciampa Ghelek a Genova, presso il Centro Buddhista Tara Bianca.​

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