Introduzione ai principi fondamentali del Buddhismo

Questo libretto racchiude le trascrizioni dei preziosi insegnamenti che il Venerabile Lama Ciampa Monlam ha donato con la sua grande compassione il 17 e il 18 Gennaio 2018 presso la sede napoletana dell'Istituto Lama Tzong Khapa.

17 Gennaio, Mattina

Buongiorno, sono per la seconda volta qui a Napoli, vedo qualche amico ma anche qualche faccia nuova; io sono molto anziano, vengo dal Nepal! È un po’ faticoso, però sono molto felice. Ho avuto questa possibilità di ritornare qua e incontrare tutti voi ancora, sono molto felice, volevo salutare tutti… Tashi Delek.

Per diventare un buon buddhista o un buon praticante dobbiamo conoscere bene il Buddhismo, perché il Buddhismo non è un soggetto breve, è molto vasto e ci sono molti studi da fare.

Ci sono i sutra, i tantra, e anche all’interno dei tantra ci sono vari tipi; quando una persona non conosce bene il Buddhismo, non riesce a capire come affrontare il sentiero. È come se non sapesse camminare. 

Di conseguenza una persona può prendere tante iniziazioni, vuole praticare, ma si rende conto che non riesce a seguire la pratica in maniera appropriata perché non ha iniziato in maniera profonda, con le basi appropriate, per cui oggi parlerò dell’importanza delle basi per poter diventare un buon praticante o un buon buddhista.

Il Buddha ha ottenuto l’illuminazione a Bodhgaya, durante una notte di luna piena. Quando ha raggiunto l’illuminazione lui voleva condividere questa esperienza con gli altri. Nelle prime tre settimane dopo la sua illuminazione, però, nessuno andò ad ascoltarlo perché ciò che aveva raggiunto era incomprensibile agli altri. Quindi il Buddha affermò: «Io ho trovato l’illuminazione, un tipo di nettare per la mente, e voglio condividerla con gli altri, però nessuno vuole questo nettare, perciò io andrò nella foresta da solo a meditare». 

Così il Buddha partì verso Sarnath, vicino a Varànasi. In quel luogo ritrovò cinque discepoli (i primi cinque), i quali avevano una connessione karmica con il Buddha. Quando il Buddha meditava, riusciva a incuriosire i cinque studenti, così questi divennero i suoi primi discepoli e ricevettero i primi insegnamenti dal Buddha a Sarnath, le Quattro Nobili Verità. Quando noi possiamo ascoltare gli insegnamenti, dobbiamo sapere che esiste un modo di ascoltare gli stessi: un modo di preparare la nostra mente all’ascolto… Io però non ho troppo tempo a disposizione per spiegare tutti i metodi di ascolto altrimenti passeremo tutte le ore a nostra disposizione su questo argomento, per cui ora io non spiegherò questo, voi lo imparerete in futuro, così ora vi darò insegnamenti su altri punti importanti. Come ho detto, il Buddha diede i primi insegnamenti a questi cinque discepoli, Le Quattro Nobili Verità. La Prima Nobile Verità è la sofferenza, l’origine della sofferenza è la Seconda Nobile Verità, poi c’è la cessazione della sofferenza che è la Terza Nobile Verità, e la Quarta è il sentiero per la cessazione della sofferenza. Nella Prima Nobile Verità, la sofferenza, vi sono tre tipi di sofferenza: la sofferenza della sofferenza, la sofferenza del cambiamento, e la sofferenza pervasiva. 

La sofferenza della sofferenza comprende due sofferenze: quella generale del corpo presente, noi lo chiamiamo un corpo di sofferenza, per cui ci sono due sofferenze. Questo corpo è venuto dai semi della vita passata, nella quale non abbiamo raggiunto l’illuminazione per cui noi siamo ancora nel samsara. Nella vita passata, quel corpo ha accumulato i semi di dover ritornare nel samsara con un corpo samsarico dove vi è tanta sofferenza. Per cui ci sono due sofferenze: la sofferenza data dai semi di dover rinascere a nuove vite in cui subiremo altra sofferenza, perché questo corpo contiene tanta sofferenza, in più altra sofferenza è data dalla mente afflittiva. Noi abbiamo accumulato tanti semi per rinascere nel samsara e subire altra sofferenza, in quanto nella vita passata abbiamo creato le cause che ci hanno dato, come frutto, ancora una rinascita nel samsara; ecco perché parliamo di due sofferenze. La prima nobile verità parla di causa ed effetto. In questa vita distinguiamo tanti tipi di persone: qualcuna molto bella, qualche altra molto brutta, altre persone che hanno buona salute senza avere mai problemi, altre invece sono sempre malate. Altre ancora che sono nate in famiglie molto ricche, altre che sono nate povere, anche tra quelle povere, noi vediamo delle differenze. Ad alcune viene donato del denaro, ad altre viceversa nulla. 

Perché esistono tutte queste differenze? Questo dipende da noi: nella vita passata abbiamo accumulato quel tipo di karma che ci ritroviamo in questa vita. Ad esempio nella vita passata delle persone hanno accumulato tanti meriti, usando la mente della generosità. Una persona veramente generosa, che ha aiutato gli altri, ottiene come buon risultato una rinascita in una famiglia ricca, o potrà diventare ricca, o anche lavorando poco avrà sempre buoni risultati. Qualsiasi tipo di problema relativo al denaro o economico è il risultato delle nostre azioni, dipenderà sempre da come ci siamo rapportati con la mente della generosità. Una persona che nella vita passata ha rubato denaro ad altri, o ha detto bugie per tenersi i soldi di altre persone, avrà come risultato l’essere povero, non solo in generale, ma sarà una persona che non avrà mai successo nella propria vita. Anche altre persone non gli doneranno mai del denaro. Questo è il risultato delle nostre azioni, di come abbiamo accumulato il karma. 

Le persone che nelle vite passate hanno praticato tanta pazienza, avranno sicuramente come risultato della pazienza in questa vita, un fisico bello, attraente, viceversa le persone che hanno avuto tanta rabbia saranno persone brutte, non solo esteriormente, ma la gente non vorrà avvicinarle, vi sarà una energia negativa emanata da queste persone. Tutto quello che esperiamo in questa vita è il risultato della vita passata; bisogna conoscere questo, altrimenti se pensassimo che esiste un Dio che ha creato tutti noi, ci potremmo porre una grande domanda: perché ha creato tante differenze? Qualche persona molto bella, qualcun’altra molto brutta, qualcuna con la vita più facile, qualcuna con la vita veramente difficile. Quando noi pensiamo in questo modo, potremmo pensare che l’amore di Dio non è equanime con tutti. Queste differenze vengono dalla nostra mente, dalle nostre azioni. Quando noi accumuliamo tanto karma con una mente afflittiva, la nostra vita risulta negativa. Quando la nostra mente pratica l’altruismo, la nostra vita risulta più positiva. Per cui, quando noi viviamo delle situazioni positive o negative, dobbiamo sapere che tutto ciò è il risultato delle nostre vite passate, questo è il karma. Anche in questa vita ci sono tanti tipi di sofferenza, qualche volta siamo noi a creare la sofferenza nel modo di usare la nostra mente afflittiva. E queste sofferenze sono anche il risultato del nostro karma, come ad esempio un tipo di malattia che non si può curare, per la quale non esiste un medico, questo tipo di malattie è un risultato karmico e deve essere accettato. Anche in caso di un incidente, noi non pensiamo di poter subire questo tipo di situazione, però ci capita, anche questo è un risultato karmico. Per cui dobbiamo capire che l’esperienza di questa sofferenza che ci è capitata in questa vita viene dalla vita passata dove abbiamo avuto una mente afflitta. Abbiamo avuto sofferenza già nella vita passata, ma abbiamo accumulato sofferenza anche per la vita futura. Ecco perché oggi esperiamo queste sofferenze, subiamo le due sofferenze: quella di questa vita e quella relative al karma. 

La seconda sofferenza è “La sofferenza del cambiamento”: qualsiasi cosa mondana facciamo, usando la mente afflitta, la facciamo cercando la felicità, ma dobbiamo analizzare bene che quella felicità non è permanente, non è ultima. Questa felicità perdura per poco tempo, dopo diventa sofferenza, perché noi cerchiamo la felicità in un oggetto esterno usando la nostra mente afflitta. Questa felicità è temporanea, così pian piano questa prende forma di sofferenza. Tutte le situazioni mondane cambiano, si trasformano in sofferenza. Quando abbiamo una esperienza di felicità mondana, essa rimane per poco tempo, cambia, non ha una forma permanente, altrimenti questa felicità iniziale dovrebbe essere sempre uguale e immutabile, invece essa non rimane così! È destinata a cambiare sempre. Ad esempio, tutte le cose mondane che pensiamo inerenti ad un oggetto sono felicità temporanea, non si tratta di felicità ultima. Altro esempio: immaginiamo di comprare un bel vestito, molto costoso, possiamo pensare che questo vestito ci potrà rendere felici, i primi giorni, come detto, questo oggetto ci renderà molto felici, ma la felicità che sperimentiamo nei primi giorni non rimarrà tale per tutti i giorni futuri, andando avanti, questa felicità si trasformerà. Il vestito diventerà vecchio, potrebbe bruciarsi, perdere colore, andando avanti anche questo oggetto sarà diventato un oggetto di sofferenza. Se riflettiamo quando abbiamo comprato questo vestito, esso ci ha reso felici, ma dopo un poco tempo che è diventato vecchio e questa felicità è scomparsa; con tutti gli oggetti sarà sempre così. Lo stesso discorso lo si può fare, ad esempio, per gli oggetti della casa: quando li compriamo siamo contenti, se uno di questi oggetti, ad esempio di vetro, dovesse cadere e rompersi, avremmo sofferenza per il dispiacere e per i soldi che abbiamo speso. Un altro esempio: questi giorni sono molto freddi, quindi noi cerchiamo sempre un posto caldo, una volta trovato un luogo caldo iniziamo a stare bene, a provare piacere, ma se dovesse iniziare a fare troppo caldo, cominceremmo a provare fastidio a causa del caldo eccessivo che prima invece avevamo cercato. Quel caldo che dà piacere diventerà sofferenza. 

Ciò ci fa rendere conto che tutti gli oggetti mondani di piacere cambiano in sofferenza, non sono permanenti, tutto è temporaneo. Per questo noi non dobbiamo dare troppa importanza alla felicità mondana che viene dall’esterno perché essa è impermanente e da piacere cambierà in sofferenza. Prendiamo un altro esempio: quando vediamo una macchina nuova, nasce in noi il desiderio di comprarla, questa macchina ci potrebbe dare felicità, ma per comprare questa macchina bisogna avere i soldi, lavoro, ecc. Una volta acquistata questa macchina, ci darà grande orgoglio, perché sarà la macchina più bella. Tutto ciò ci darà grande felicità, ma questa felicità non rimane sempre uguale, ad esempio potremmo avere un incidente e doverla riparare e pagare molti soldi. Usandola poi, diventerà vecchia e bisognerà pagare per tenerla efficiente… Andando avanti, questa sarà diventata un problema, quindi la macchina all’inizio ci dava felicità e, invece, tutto è cambiato totalmente, diventando solo sofferenza. Quando facciamo questa analisi ci rendiamo conto che tutta la felicità mondana è temporanea, non rimane per sempre, ma noi siamo continuamente alla ricerca della felicità in questa illusione, di trovare la felicità fuori da noi perdendo il nostro tempo perché questa felicità mondana cambia sempre e porta sempre sofferenza. Per cui bisogna conoscere la vera felicità che non è nella mondanità, nell’oggetto esterno. Facciamo un altro esempio: alle donne generalmente piace comprare gioielli, ma anche quando ne possiedono uno non possono far sì che questo gioiello rimanga sempre con loro a causa della paura che lo stesso possa essere rubato, o si danneggi. In questo caso il gioiello diventerà da oggetto di piacere a oggetto di sofferenza, causerà molte emozioni distruttive alla nostra mente. Nessun oggetto potrà mai essere la causa della felicità nella nostra vita. Tutta questa è finta felicità perché impermanente, altrimenti tutto dovrebbe rimanere come il primo giorno, in cui ci sembrava che un oggetto potesse essere la causa della nostra felicità. In realtà questa è illusione, perché la felicità mondana sempre si trasforma in sofferenza. La sofferenza pervasiva si rifà alla seconda nobile verità, ”La causa della sofferenza”. La prima causa di questa sofferenza deriva dal nostro karma, la seconda causa deriva dalla nostra mente afflitta. Tutti i fenomeni di questa vita sono i risultati di vite passate, anche le nostre esperienze di felicità e sofferenza dipendono dal karma che è collegato con le vite passate. Quando la nostra mente è stata afflitta nelle vite passate, ci porterà a sperimentare un determinato tipo di karma nella vita attuale, e anche in questa vita abbiamo una mente afflitta che ci farà accumulare tanto karma negativo, quindi noi esperiamo il risultato di questo karma che non ci permette di comprendere come doverci comportare e continuiamo ad essere schiavi delle emozioni distruttive, causa di sofferenza e della nostra permanenza nel samsara. 

Ora quando parliamo di mente afflitta, in generale parliamo dei tre veleni, quindi dobbiamo conoscere questi tre veleni. In maniera più specifica sono otto veleni: attaccamento, ignoranza, rabbia, gelosia, avarizia, dubbio, visioni errate, e l’ego; queste sono le otto menti afflitte. 

Quando pratichiamo, dobbiamo cercare di non usare questa mente afflitta cercando di essere altruisti. Per prima cosa dobbiamo capire cos’è questa mente afflitta, da dove vengono queste emozioni distruttive che sono la causa di accumulo di ulteriore karma negativo. Ecco perché è veramente importante comprendere nel dettaglio cosa sono questi otto veleni. Quando il Buddha ha spiegato le Quattro Nobili Verità, ci ha detto che le prime due sono già presenti in noi (sofferenza e causa della sofferenza). Viceversa, la terza e la quarta – la cessazione della sofferenza e il sentiero che porta alla cessazione della sofferenza – dipendono da come noi vogliamo progredire per abbandonare il samsara. Esistono circa 315 testi di Buddhismo Mahayana, tutti dedicati alla spiegazione delle Quattro Nobili Verità, ed ecco perché è fondamentale capire da dove iniziare il sentiero. Quando capiamo l’importanza della sofferenza, conosciamo anche la causa della sofferenza. Dopo potremo sviluppare una mente che possa sviluppare le altre due Nobili Verità. Senza conoscere le prime due Nobili Verità, non riusciremo a sviluppare una buona motivazione, ciò non ci permetterà di diventare dei buoni praticanti; ecco perché è fondamentale comprendere la sofferenza e la causa della sofferenza. Questa vita attuale è già il risultato del nostro karma, però stiamo continuando anche in questa vita, a causa delle nostre emozioni distruttive, ad accumulare i semi che saranno la causa di dover esperire altro karma negativo nelle vite future. Bisogna però dire che non dipende tutto dal karma, ma da come la nostra mente può creare ulteriore karma. 

Le nostre afflizioni non sono solo il risultato di vite passate bensì anche il risultato dei comportamenti che mettiamo in atto in questa vita. Creiamo altre cause di sofferenza; non avendo la mente libera dalle afflizioni, non siamo liberi in prima persona di praticare. Se non riusciamo a riconoscere queste emozioni distruttive non riusciremo a praticare in maniera genuina e questo non ci porterà verso la liberazione dalla sofferenza. Ad esempio: molte persone prendono iniziazioni senza sapere dopo come praticare sulla base dell’iniziazione che hanno preso. L’iniziazione in sé non è importante se non c’è questa pratica successiva. Spesso però prendiamo iniziazioni e vogliamo praticare senza sapere come fare. Questo capita perché in quella iniziazione non abbiamo messo una motivazione valida per cui senza quella motivazione non saremo in grado di praticare per quella iniziazione. Di conseguenza non siamo capaci di sviluppare l’altruismo, conoscere le emozioni distruttive non è sufficiente, non basta a liberare la nostra mente, non ci rende liberi dalle stesse emozioni distruttive. Invece se noi lavoriamo in modo duro e meditiamo sulle nostre emozioni distruttive, allora siamo pronti ad uscire dal samsara perché accertiamo le stesse emozioni distruttive nella nostra meditazione. 

Per le persone che praticano da più tempo, è forse più chiaro il concetto di emozioni distruttive, di “io” e di “mente”, mentre bisogna essere più precisi per i praticanti che sono all’inizio del sentiero. Cosa può succedere quando si è all’inizio del sentiero? Spesso si confonde “l’io” con le stesse emozioni distruttive, spesso il pensiero che facciamo potrebbe essere inteso come posso “liberare me stesso da me stesso”? Perché identifico me stesso con quella emozione distruttiva la quale sorge in quello specifico momento. Quindi fermiamoci un momento e proviamo a trovare il vero “io”, noi siamo capaci di trovare il nostro vero “io” in una qualsiasi parte solida del nostro corpo? Qualunque essa sia, l’occhio, la mente, come leggiamo nel Sutra del Cuore, il costituente dell’occhio, il costituente della mano, la risposta è no; non siamo capaci di trovare “l’io” in nessuna parte singola del nostro corpo. Però abbiamo l’illusione, crediamo fermamente che il nostro vero “io” esista di per se e crediamo che questo “io” sia ciò a cui fare riferimento. 

Dobbiamo capire e, se lo capiamo siamo sulla buona strada, che sono due cose distinte e separate; “l’io” da una parte e le emozioni distruttive dall’altra. Questo punto è fondamentale per ciò che riguarda la sofferenza: se distinguo “l’io” dalle emozioni distruttive vado verso la strada che mi porta ad uscire dalla sofferenza, se non siamo capaci di riconoscere la nostra propria mente come qualcosa di puro, genuino, non riusciremo a liberarci dall’illusione di un “io” confuso con le stesse emozioni distruttive. Dobbiamo invece tenere presente che la nostra mente ha la natura pura, è libera dalle emozioni distruttive, in quanto sono due cose (emozioni distruttive e mente) distinte e separate. 

Quando pratichiamo, la motivazione principale deve essere quella di essere liberi dalle emozioni distruttive. Come abbiamo detto prima, non dobbiamo fare confusione tra la nostra mente e le emozioni distruttive. La nostra mente deve essere il capo. Immaginiamo un cerchio con la mente al centro e, attorno alla nostra mente, le otto emozioni distruttive, quelle principali di cui stiamo parlando oggi, in più tante altre più dettagliate. Le emozioni distruttive usano la nostra mente come se essa fosse lo schiavo delle emozioni distruttive. Quando sorge una di queste emozioni distruttive, ad esempio la rabbia, la gelosia, questa prende il sopravvento e la nostra mente dal centro segue l’emozione distruttiva credendo che sia quello l’aspetto principale della nostra mente; dobbiamo però capire un’altra cosa: la nostra mente ed il nostro corpo. Il nostro corpo è formato da cinque elementi che sono i cinque sensi principali, che a loro volta sono venticinque, perché ciascuno di questi cinque elementi ha altri cinque sensi o sotto sensi (chiamiamoli così). 

A noi ora interessano però i cinque principali. Quando questi cinque elementi nel nostro corpo diventano completamente realizzati, siamo nati, iniziano in automatico le nostre emozioni distruttive anche se noi non ce ne rendiamo conto. Ad esempio, l’occhio vede e desidera, quindi poi la mente scambia quella visione come un desiderio principale, fondamentale che a sua volta diventa attaccamento. L’occhio vede l’oggetto, lo desidera e quindi la mente diventa vittima del contatto visivo dell’occhio stesso. Questo processo crea nella nostra mente attaccamento verso l’oggetto che l’occhio sta osservando e che di conseguenza, la mente desidera. La sensazione visiva fa sì che la mente non sia più in grado di essere il capo di cui abbiamo parlato prima, quindi non è più capo ma vittima. Se noi non seguiamo queste emozioni distruttive quando sorgono in automatico, riusciamo a non essere più schiavi di esse. Dobbiamo però pensare di non avere bisogno di quell’oggetto, di quella persona o di quella situazione per essere felici. Pensando così, riusciamo a pulire la nostra mente dalle emozioni distruttive e di andare verso la natura genuina delle emozioni. Quello che va fatto in questo caso è lavorare con i cinque sensi principali, e lavorando con essi, riusciremo a capire chi veramente predomina, facendo questo con la meditazione, riusciamo a non essere più vittime delle emozioni distruttive.

17 Gennaio, pomeriggio

Per controllare queste emozioni distruttive, dobbiamo lavorarci tutti i giorni per essere dei bravi praticanti. Non dobbiamo pensare che la soluzione sia soltanto nel Dharma, nello studiare il Dharma in modo mero. Per affrontare queste emozioni distruttive, possiamo usare la meditazione che ci rende sempre più forti nei confronti di queste emozioni afflittive, per esempio: se al nostro orecchio arrivano delle parole negative sulla nostra persona. Ciò ci disturba e continuiamo a pensare a ciò che è stato detto. In questo modo aumenta la rabbia. 

Così facendo, diamo molta importanza a questa emozione distruttiva che cresce sempre di più perché continuiamo a pensarci costantemente. Questo può essere applicato ad altri casi: le persone che si ammazzano, le persone che si suicidano, vanno oltre certe emozioni distruttive. Ma il concetto si ripete, per liberare la nostra mente dobbiamo meditare su queste emozioni distruttive. Che sia inteso: esse non nascono o arrivano come una esplosione improvvisa nella nostra mente, ma crescono e crescono pian piano, si autoalimentano e crescono perché la mente è schiava di queste proiezioni mentali. Come praticanti dobbiamo essere in grado, come abbiamo detto prima, di riconoscere queste emozioni distruttive, non solo attraverso la pratica della meditazione, ma attraverso una pratica quotidiana, costante, per poterci liberare da esse. È come pensare costantemente alle parole che ci vengono dette per offenderci, dobbiamo pensare che queste sono solo un suono. Allo stesso modo dobbiamo trovare il modo per liberarci dalle emozioni distruttive che ci tengono vittime e ci rendono schiavi. Faccio un passaggio indietro, perché mi è stato chiesto di ricordare le otto emozioni distruttive principali: attaccamento, rabbia, ignoranza, orgoglio, dubbio, visioni errate, gelosia e avarizia, giusto per avere presente di quali emozioni distruttive stiamo parlando. 

Dobbiamo tenere presente che nella nostra mente abbiamo molte altre possibilità: così come nella nostra vita ordinaria, l’uso corretto dell’educazione, della forza che ha l’educazione nella gestione delle emozioni distruttive. Per avere una vita genuina pacificata, abbiamo bisogno di seguire un certo percorso educativo, educare i nostri figli, i ragazzi in generale. L’unica via per ottenere una vita migliore è passare attraverso una educazione di questo tipo. Spesso può accadere, quando una persona è particolarmente intelligente, educata, o scaltra, che possa diventare un leader politico, qualunque esso sia, ma il leader politico non è diverso dalla persona ordinaria la quale è comunque vittima delle emozioni distruttive o comunque lo potrebbe essere. Questo accade perché la sua natura lo porta ad usare in modo negativo il potere che gli è stato dato, e così spesso accade che la maggioranza dei leader politici siano per la guerra, i conflitti, e la minoranza sia per le soluzioni pacifiche. Questo si verifica perché la mente (in questo caso delle persone che vanno verso i conflitti) non è protetta dalle emozioni distruttive. Non è quindi in grado di generare una motivazione genuina rispetto all’utilizzo della propria mente. La prima cosa, fondamentale da tenere presente per le persone ordinarie, è che per diventare una persona buona, genuina, bisogna essere in grado di generare una buona motivazione quotidiana. 

Domanda: Può precisare quest’ultimo concetto riguardante la motivazione?

Risposta: La motivazione nel Buddhismo non deve riguardare “l’Io”, non deve riguardare i benefici per noi stessi, ciò è sbagliato! Questo tipo di motivazione rientra negli otto dharma mondani, in quanto esso non è una motivazione genuina. La motivazione che dobbiamo avere, quando dedichiamo qualche tipo di azione e facciamo anche qualche offerta con l’incenso deve essere dedicata agli altri esseri senzienti. Anche noi facciamo parte di questi esseri senzienti, e se ora non possiamo aiutare tutti questi esseri senzienti è perché non abbiamo abbastanza realizzazioni, dobbiamo quindi accumulare molti meriti così da avere la possibilità di uscire dal samsara con lo stato di Buddha per essere poi di beneficio gli altri esseri visto che ora non abbiamo ancora le realizzazioni necessarie per poter essere di beneficio a tutti gli esseri senzienti. La motivazione deve essere sempre altruistica, anche quando ad esempio facciamo un’offerta con l’incenso al guru, all’altare, ecc. Bisogna che ci sia sempre questa motivazione di base: di aiutare gli altri. Per cui la motivazione ci aiuta ad accumulare meriti affinché possiamo essere in grado di aiutare gli altri. Quando poi raggiungeremo lo stato di Buddha saremo in grado di aiutare tutti gli esseri senzienti. Nel Buddhismo ci sono due concetti molto importanti: La motivazione deve essere genuina, senza la mente afflitta, senza i dharma mondani che vengono dalla mente afflitta. Quando non usiamo la mente afflitta non ci ritroveremo a subire gli otto dharma mondani, quando abbiamo svolto questa pratica dobbiamo fare le dediche, e tutti i meriti accumulati devono essere dedicati alla lunga vita dei nostri maestri ed a tutti gli esseri senzienti; questi due punti sono molto importanti. 

Domanda: L’emozione afflittiva del desiderio produce attaccamento, ma il desiderio è anche qualcosa di positivo?

Risposta: Anche sui desideri ci vuole una buona motivazione, tipo di voler aiutare gli altri, questa è una buona motivazione, come voi che siete venuti oggi al Centro ad ascoltare gli insegnamenti. Questa è una buona motivazione, voler imparare. Questo è un buon desiderio. Quando i desideri diventano attaccamento, è perché sorge il nostro “io”, “io voglio questo”, ciò pian piano diventa forma di attaccamento. I desideri in generale possono essere generati da una buona motivazione, ma quando cambiamo questa forma di desiderio con “l’io”, questa forma di desiderio diventa attaccamento. 

Domanda: Come riconosco lo stato meditativo? Posso stare con gli occhi chiusi pensando di meditare invece non è così?

Risposta: La meditazione non è una forma di corpo, il corpo aiuta la nostra mente durante la meditazione. La meditazione si deve fare con la mente, si può fare anche quando siamo a lavoro, quando stiamo mangiando, la meditazione è nell’etica. Come possiamo fare? Visto che la nostra mente è in continua elucubrazione, pensa sempre, abbiamo continue e continue proiezioni mentali. Ciò ci crea una mente afflitta. La prima cosa da fare è conoscere la mente afflitta, quali sono le emozioni distruttive. Oggi abbiamo conosciuto quali sono gli otto tipi di veleni di cui siamo schiavi. Dobbiamo capire che la meditazione è nell’etica, dobbiamo avere piena consapevolezza ed attenzione, entrambe devono essere presenti nella nostra mente. Dobbiamo mantenere attenzione e consapevolezza nella nostra mente, dobbiamo pensare bene, analizzare che ogni tipo di veleno, afflizione, ci darà un tipo di risultato, dobbiamo lavorare sull’etica. Ad esempio, quando sorge la rabbia dobbiamo capire che la rabbia non è parte di noi, dobbiamo analizzare e capire che non è intrinseca in noi, non dobbiamo darle importanza. Quando essa sorge dobbiamo lavorare sulla nostra mente, spingendo verso l’altruismo per superare questa situazione e pian piano questo altruismo diventerà la nostra natura. Ciò è possibile grazie alla meditazione che ci porta a trasformare la mente con la natura della mente dell’altruismo. Senza praticare l’altruismo non riusciremo a trasformare la nostra mente ed a portarla, come detto, verso l’altruismo. Se avremo sempre afflizioni, la nostra mente sarà sempre afflitta. Ciò riusciremo a capire praticando la meditazione analitica, bisogna riflettere, lavorare con la mente stessa.

Domanda: I legami affettivi, quando vengono considerati attaccamento?

Risposta: Il tutto nasce dal concetto di “Io” e “Mio”. In quel momento diventa sostanzialmente attaccamento, quando cresce questo stato afflittivo di “Io” e “Mio” si passa dal semplice desiderio, relazione, all’attaccamento. Se sei felice per quella persona in quella relazione e senza connettere quella felicità col tuo “Io” o col tuo “Mio” allora sei libero dalla forma di attaccamento nella relazione. Ma soprattutto sei libero dall’aspettativa di qualcosa da quella persona in quella relazione. L’aspettativa quindi è connessa, relazionata all’“Io” e al “Mio”. Io mi aspetto delle cose e quindi in quel caso la relazione da semplice relazione diventa attaccamento verso la persona, soprattutto verso l’aspettativa che tu hai. Il non avere aspettative è l’antidoto. Domani nella spiegazione della mente dell’Illuminazione (bodhicitta) si spiegherà molto più chiaramente il donare se stessi agli altri, quanto possa rendere felici, senza aspettarti nulla in cambio. Questa è sostanzialmente una forma di liberazione dall’aspetto afflittivo dell’attaccamento nelle relazioni. 

Domanda: Ci vuole il distacco, facendo pratica, esercizi, però io non ho la capacità di introdurre nella mia vita questi esercizi sempre, come posso fare? Io credo in tutte queste cose da tanto tempo, però non riesco ad introdurre la pratica nella quotidianità per poi arrivare ad un traguardo più alto.

Risposta: Prima cosa: non siamo dei bravi praticanti, meditatori, perché noi abbiamo aspettative anche da questo genere di cose, cioè dalla pratica e dalla meditazione stessa. Vogliamo essere veloci, vogliamo vedere il risultato, velocemente, immediatamente o quantomeno abbastanza velocemente. In realtà, dobbiamo avere molta pazienza, e dobbiamo capire che è un processo molto lento, e sebbene ci sembri veramente lungo, in realtà il processo è ancora più lungo di quello che noi possiamo immaginare. Questo è il primo ostacolo che incontriamo. Il secondo ostacolo, quello che secondo il nostro giudizio non ci porta ad avere buoni risultati nella meditazione, o nell’essere dei bravi praticanti, è che diamo molto più tempo a delle cose esterne a noi e non a delle cose che riguardano la nostra mente. Sembra un discorso banale, ma noi diamo importanza a tre cose fondamentali nella nostra vita, perché ne abbiamo bisogno. È necessario che diamo tempo al cibo, alla nostra persona, ed alle relazioni che abbiamo. Ma ciò prende più tempo del dovuto, probabilmente, e non ci lascia il tempo per analizzare la nostra mente. La meditazione analitica è la base della meditazione quotidiana. Quindi se noi fossimo in grado di scambiare la quantità di tempo per le cose esterne con quella che riguarda la cosa interna della nostra mente, probabilmente ci avvicineremo ad una buona pratica ed a una buona meditazione.

Domani spiegherò la mente dell’Illuminazione, come svilupparla, che tipo di attitudine sviluppare e come metterla in pratica. In base al tempo che avremo, vorrei spiegare un poco la meditazione del Guru Yoga. Inoltre, siamo in un Centro di Dharma nuovo, e voglio spiegare l’importanza di avere un Centro di Dharma.

 Grazie a tutti, buonanotte.

Ringraziamo i centri FPMT per fornire questo prezioso materiale e tutti i volontari che con il loro lavoro seguono le trascrizioni, le revisioni e la pubblicazione degli insegnamenti sul nostro sito, senza i quali tutto questo non sarebbe possibile.

Se vuoi diventare uno di loro, invia una mail a info@nalandaedizioni.it.

Un ringraziamento particolare va all’Istituto e a tutti i ragazzi che hanno reso possibili quelle due giornate di puro Dharma. In particolar modo a Sergio, Maurizio e alle traduttrici Margherita e Anila Tenzin Tsomo (nipote del nostro grande maestro).

Possa questo libretto di Dharma essere di grande beneficio a chiunque lo possa leggere.

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Questo libretto racchiude le trascrizioni degli insegnamenti donati dal Venerabile Lama Ciampa Monlam il 17 e il 18 gennaio 2018 presso la sede napoletana dell'Istituto Lama Tzong Khapa.

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