Le otto strofe della Trasformazione del Pensiero

Kirti Tsenshab Rinpoce

Questo insegnamento è sono stati dati da Kirti Tsenshab Rinpoce il 6 marzo 1992 presso il Centro Ewam di Firenze.

Le otto strofe della Trasformazione del Pensiero

Blo-sbyong tsig-brgyad-ma

Lo-jong di Langri Tangpa Dorje Senghe

Dobbiamo sforzarci a ottenere l’illuminazione, lo stato di Buddha in cui tutte le oscurazioni siano state eliminate e tutte le qualità e le conoscenze siano state acquisite: è lo stato in cui si manifesta la mente onnisciente. Dobbiamo indirizzare le nostre energie verso questo traguardo.

Qualunque essere dotato di coscienza, dotato di mente, desidera essere felice e non vuole soffrire. Questo è un desiderio condiviso da tutti, da chiunque abbia una mente. Tutti gli esseri senzienti vogliono la felicità e vogliono eliminare la sofferenza e cercano metodi e percorsi interiori per ottenere questo risultato.

Ci sono diversi metodi che vengono utilizzati dagli esseri, in accordo ai loro interessi, al loro livello intellettuale, alla loro conoscenza e predisposizione. C’è un livello più elevato di cammino interiore, una tecnica più elevata interiore che viene applicata da coloro che hanno una capacità di sviluppo maggiore, coloro che hanno una capacità mentale maggiore. Coloro che sono di un livello intermedio di capacità utilizzano tecniche di livello intermedio di sviluppo interiore. Invece coloro che hanno un livello di sviluppo interiore minimo utilizzeranno il grado minore del sentiero interiore.

Gli esseri senzienti, in particolare gli esseri umani, utilizzano diversi metodi e tecniche per ottenere soddisfazione immediata, per ottenere felicità in questa vita. Coloro che desiderano ottenere felicità sulla base di un corpo umano o di uno stato divino, coloro che desiderano ottenere felicità nella vita futura – una rinascita elevata – oppure uno stato di felicità definitiva, una felicità interna adottano un diverso percorso interiore. Però ottenere l’illuminazione sulla base di un corpo umano o divino non è possibile senza l’utilizzo di un particolare percorso interiore.

In accordo al diverso potenziale mentale dei diversi individui, diversi obiettivi a cui anelano diversi praticanti interiori, in accordo alle diverse capacità minori, intermedie e superiori, c’è una diversa ricerca dei tre obiettivi.

Coloro che desiderano una rinascita come essere divino o come umano praticano un certo sentiero; si parla di una capacità ridotta di pratica interiore e di una motivazione ridotta. Considerano queste rinascite umane o divine come uno stato di soddisfazione e di felicità e ambiscono a queste rinascite.

Poi un livello intermedio di pratica, capacità e motivazione riguarda la ricerca della propria liberazione individuale dall’esistenza ciclica, dal Samsara.

Il livello superiore di capacità di pratica e di motivazione riguarda la ricerca dell’illuminazione, dello stato di Buddha per poter essere di beneficio a tutti gli esseri senzienti.

Gli insegnamenti buddhisti si distinguono per diversi veicoli, diversi sentieri: il piccolo e il grande veicolo, non perché uno sia buono e l’altro no, ma per il fatto che riguardano una diversa serie di pratiche in relazione alla motivazione.

Il piccolo veicolo, il veicolo Hinayana, l’obiettivo di queste pratiche riguarda la propria rinascita come essere umano o come un deva e il raggiungimento della propria liberazione. Riguarda quindi il praticante di livello minore e intermedio.

In tutte le religioni, come il Buddhismo, si offrono dei metodi per ottenere la felicità nelle vite future e in particolare nel Buddhismo si distinguono diversi sentieri, diversi veicoli per ottenere la felicità in futuro oppure la liberazione individuale o lo stato di Buddha, l’illuminazione. Questo può essere esemplificato con lo studio che viene fatto nelle varie scuole, qualche allievo si può accontentare di frequentare solo le scuole dell’obbligo, elementari e medie, e non avere nessun interesse di frequentare le scuole superiori e l’università. Questo è analogo al praticante di motivazione minore che vuole semplicemente ottenere in futuro una rinascita come essere umano o deva. Altri studenti, invece, fin dall’inizio, hanno intenzione di raggiungere il traguardo del diploma, non solo la scuola dell’obbligo. Questo è analogo al praticante che non si accontenta di ottenere delle buone rinascite, ma vuole ottenere la liberazione da ogni condizionamento dell’esistenza ciclica, dal Samsara. Altri ancora non si accontentano neanche delle superiori, ma vogliono frequentare anche l’università e sono paragonabili a coloro che ambiscono all’illuminazione per il bene di tutti gli esseri senzienti: esseri rispettivamente di capacità minori, intermedie e superiori.

Un praticante di motivazione superiore è colui che ambisce all’illuminazione, allo stato di Buddha per poter lavorare per essere effettivamente di beneficio a tutti gli esseri senzienti, non solo deve mettere in pratica le tecniche del sentiero superiore, ma anche tutte le pratiche incluse nei livelli minore e intermedio, ossia relativi ai praticanti di motivazione minore e intermedia. Tutti gli stadi del sentiero dall’inizio alla fine devono essere messi in pratica sulla base della motivazione superiore, di ottenere l’illuminazione per tutti gli esseri senzienti.

L’addestramento mentale viene praticato per poter creare la motivazione illuminata, la mente protesa verso l’illuminazione per il bene di tutti gli esseri senzienti, cioè la Bodhicitta, e per poterla coltivare e rafforzare.

In generale, tutte le pratiche dei vari individui di motivazione minore, intermedia e superiore sono addestramento mentale ovvero pratiche di trasformazione della nostra mente, del nostro modo di pensare. La pratica di cui parleremo qui, l’addestramento mentale, riguarda in particolare coloro che vogliono praticare il sentiero dei Bodhisattva, che vogliono ottenere l’illuminazione, lo stato di un Buddha.

Prima di essere in grado di mettere in pratica la trasformazione mentale del veicolo superiore Mahayana è indispensabile avere formato la propria mente sulla base delle motivazioni di una pratica di livello minore e intermedio, essersi addestrati con le meditazioni dei praticanti di livello minore e intermedio. È necessario avere sviluppato la consapevolezza del grande valore e importanza della nostra base umana, della preziosa condizione umana, aver sviluppato la consapevolezza della morte e della natura dell’impermanenza, la consapevolezza della sofferenza degli stati inferiori di esistenza e quindi di avere sviluppato rinuncia, distacco, rifiuto di queste esistenze inferiori. Inoltre, occorre avere sviluppato un secondo tipo di rinuncia, distacco e rifiuto di qualunque esistenza condizionata e quindi occorre avere constatato gli svantaggi di qualunque esistenza condizionata all’interno del Samsara.

Dopo avere sviluppato questi due tipi di rinuncia alla sofferenza degli stati inferiori e di qualunque tipo di condizionamento, allora sulla base di queste realizzazioni è possibile praticare un livello superiore dell’insegnamento di Buddha. Considerando tutte le sofferenze di tutti gli esseri senzienti è possibile generare la motivazione superiore e addestrare la nostra mente dal punto di vista Mahayana.

Per quanto riguarda la fonte, il lignaggio di questi insegnamenti di addestramento mentale, occorre risalire fino a Buddha Shakyamuni. Successivamente Atìsha portò il Dharma in Tibet e diffuse anche questi insegnamenti di addestramento mentale, li diede a Dromtönpa, uno dei suoi principali discepoli. Egli aveva a sua volta otto discepoli principali. Uno di questi era Langri Tangpa Dorje Senghe, che fu colui che compose questi Otto Versi della Trasformazione della Mente. Non solo egli era qualcuno che dava insegnamenti sullo sviluppo mentale e sullo sviluppo della Bodhicitta, bensì qualcuno che aveva integrato in se stesso queste istruzioni, era un vero praticante di queste istruzioni, aveva raggiunto un livello molto elevato del sentiero Mahayana.

Nella pratica della trasformazione mentale così come la pratica del sentiero graduale del Lam Rim, si suddividono i momenti di meditazione in tre stadi: momento della preparazione, quello effettivo e la conclusione. Riguardo la preparazione ci sono sei ulteriori divisioni, sei stadi della preparazione, dove si include anche la visualizzazione del Campo dei Meriti fino ad arrivare allo stadio della conclusione dove si dissolve il Campo dei Meriti dentro se stessi. In questa occasione non darò istruzioni specifiche a questo riguardo in quanto negli insegnamenti del sentiero graduale questi punti sono trattati molto chiaramente.

Così come viene insegnato in accordo ai testi e alle istruzioni del sentiero graduale del Lam Rim, prima di accedere alla pratica della trasformazione mentale è necessario riferirsi ad altre tecniche per lo sviluppo della mente di Bodhicitta. Occorre utilizzare la tecnica in sette punti, la tecnica delle sei cause e un effetto, oppure la tecnica dello scambiare se stessi con gli altri. In questo contesto è necessario fare riferimento ad entrambi queste due tecniche.

Passiamo a vedere il primo verso di questo insegnamento che dice: Poiché sono determinato a ottenere il massimo benessere per tutti gli esseri, che sono superiori alla gemma che esaudisce i desideri, avrò costantemente cura più di loro che di me stesso.

Di solito il nostro atteggiamento rispetto ai diversi individui è molto diverso, per qualcuno proviamo grande attaccamento, per qualcuno che ci fa del bene, che ci gratifica, che ci aiuta, mentre proviamo avversione e odio per chi sentiamo nemico, perché ci fa del male, ci fa dei torti e proviamo indifferenza per gli stranieri. In accordo alla pratica del sentiero del Bodhisattva, in accordo al veicolo Mahayana, occorre generare uno stato bilanciato, un atteggiamento di imparzialità nei confronti di tutti gli esseri, quindi evitare ed eliminare l’atteggiamento parziale, occorre sviluppare amore e compassione nei confronti di tutti gli esseri che siano nella posizione di farci del bene, del male oppure che siano estranei.

Il verso indica anche le differenti pratiche in relazione alla diversa capacità e predisposizione degli esseri, quindi coloro che sono in grado di raggiungere l’illuminazione li condurrò verso l’illuminazione, coloro che sono a un livello intermedio e che sono in grado di raggiungere la liberazione individuale li condurrò alla liberazione individuale e coloro che sono in grado di ottenere la meta minore delle rinascite fortunate li condurrò a queste rinascite fortunate. Me ne prenderò costantemente cura di loro in accordo alle loro predisposizioni e scopi.

Il Bodhisattva anche se cerca di avere un atteggiamento equilibrato ed imparziale nei confronti di tutti gli esseri, ossia di evitare di avere differenti considerazioni per gli esseri vicini o lontani, quando si entra in contatto con qualcuno è difficile mantenere questo equilibrio, l’atteggiamento imparziale.

Questo secondo verso: Quando sono in compagnia di altre persone, considererò me stesso come il meno importante e nel profondo del cuore mi prenderò cura di loro, come se fossero gli esseri più elevati.

Nel primo verso si esprimeva questa volontà di avere un atteggiamento imparziale nei confronti di tutti gli esseri, nel secondo invece si enfatizza l’importanza di avere questo atteggiamento imparziale proprio quando si incontra qualcun altro. In particolare, il nemico, quando si incontra qualcuno che ci aggredisce verbalmente, che ci fa del male, che fa qualcosa di sbagliato o ci fa dei torti. Il Bodhisattva comunque mantiene un’attitudine di imparzialità, la mette in pratica soprattutto in condizione di difficoltà, considera se stesso come il meno importante, come la persona inferiore e considera come superiore l’altro, dotato di maggiore importanza. Nonostante l’altro ci stia aggredendo o stia approfittando di noi. Il Bodhisattva non sottolinea i torti e le qualità negative dell’altro, ma ne vede le qualità positive, considerando se stesso come il meno importante.

Il terzo verso dice: Esaminando con attenzione la mia mente, in tutte le azioni che compio affronterò ed eliminerò al suo prima apparire ogni difetto mentale, prima che possa nuocere a me stesso ed agli altri.

Quando ci troviamo in una situazione in cui qualcuno vuole farci del male o ci sta aggredendo verbalmente, ci sta criticando, proviamo avversione nei suoi confronti. Si genera odio e rabbia nei suoi confronti, verso questo nemico esterno che ci sta facendo soffrire, lo vediamo come un vero nemico. Eppure, il nemico reale, vero e proprio, è quello dentro di noi, sono le nostre afflizioni mentali, i nostri stati mentali disturbanti di attaccamento e avversione. Occorre rendersi conto di ciò e comprendere che il nemico effettivo da cui proteggersi è quello interiore: i nostri difetti mentali di ignoranza, bramosia, avversione, orgoglio, gelosia, invidia.

Quando sorgono gli stati mentali disturbanti, i difetti mentali, non solamente chi nutre questi sentimenti nocivi crea energia negativa, crea karma negativo, ma queste attitudini interiori sono distruttivi non solo per noi ma anche per gli altri. Il Bodhisattva si sforza intensamente in qualunque occasione, quando sorgono le negatività, di opporsi immediatamente e applicare gli antidoti per neutralizzarle, per eliminarle completamente.

Questo terzo verso ha un significato importante, tratta dell’osservare costantemente la propria mente, il proprio atteggiamento e la propria attitudine in ogni istante. A questo proposito c’è un detto tibetano:

Non riusciamo a vedere i nostri errori, sembrano piccoli come qualcosa che potrebbe stare sulla punta di uno spillo, mentre siamo molto consapevoli degli errori degli altri, li vediamo enormi come delle montagne”.

Questo è lo stato della nostra mente, il nostro modo di vedere le cose. La nostra mente è pervasa costantemente dalle afflizioni mentali, dall’attaccamento e dall’avversione. Questo verso esorta all’osservazione e alla protezione della nostra mente e perciò delle nostre attività fisiche.

In relazione al secondo verso dove si dice che quantunque mi associo ad altri esseri senzienti mi considererò come quello inferiore, come la persona di minore importanza. Quando entriamo in contatto fisico, verbale o mentale con gli altri generiamo di solito molte non virtù e molti errori, automaticamente generiamo atteggiamenti negativi. Questo perché non osserviamo noi stessi, non analizziamo e non controlliamo noi stessi, lo stato della nostra mente e il nostro atteggiamento. Non essendo consapevoli commettiamo molti sbagli molto facilmente. Eppure siamo facilitati a vedere gli errori negli altri perché li guardiamo e li osserviamo e vediamo tutti i loro errori, anche se proprio noi stessi facciamo gli errori più grandi. Per il fatto che non siamo consapevoli della nostra natura, della nostra attitudine, dello stato della nostra mente, delle nostre debolezze e dei nostri errori non ce ne occupiamo. Questo insegnamento ci esorta ad avere molta considerazione per lo stato della nostra mente e prendersene cura per uscire a individuare gli errori in noi stessi per poterli evitare. Avendo consapevolezza di qualunque movimento della nostra mente, possiamo considerarci come di minore importanza rispetto agli altri.

L’essenza di questi versi e di questo insegnamento sollecitano la pratica dell’uguagliare e scambiare se stessi con gli altri. Questi termini sono inclusi nei versi, si parla di noi e degli altri e dell’uguagliare e scambiare noi stessi con gli altri. Noi siamo un solo individuo, gli altri sono tutti gli altri esseri senzienti dotati di altre menti che non sono le nostre. Tutti gli esseri hanno l’attitudine egoistica, egocentrica, ognuno di noi si considera molto importante, il più importante in mezzo agli altri. Eppure gli altri sono innumerevoli e io sono uno solo e considero me stesso come il più importante.

Finché c’è questa attitudine egocentrica, finché non c’è questa considerazione degli altri non sarà possibile eguagliare e scambiare se stessi con gli altri, considerare tutti gli esseri uguali a noi stessi e arrivare a scambiare se stessi con gli altri. Prima consideriamo tutti gli altri al nostro stesso livello e in seguito è possibile riuscire a scambiare noi stessi con gli altri.

Per questo c’è prima la pratica dell’imparzialità. Otteniamo questa attitudine imparziale considerando che facciamo molti errori, che abbiamo molte imperfezioni e difetti mentali.

[Abbiamo] detto che l’egocentrismo è la causa di tutte le degenerazioni mentre l’altruismo è la fonte di ogni felicità, di ogni benessere. Eppure continuiamo a considerare noi stessi come i migliori, come impeccabili che non fanno errori, pieni di ragioni. Gli altri invece sbagliano e sono pieni di errori. E questo atteggiamento è comune a tutti noi. Il nostro egocentrismo non ci permette di avere considerazione e rispetto per gli altri e questa è la causa della nostra e altrui infelicità, è la causa di ogni insoddisfazione. Avendo questa attitudine egocentrica c’è anche una cattiva considerazione da parte degli altri, ci vedono come persone negative, chiuse e noncuranti e creiamo molte azioni negative e portiamo noi stessi e gli altri a soffrire grazie al nostro egoismo.

L’altruismo, l’attitudine che si prende cura degli altri, porta non solo soddisfazione a noi stessi, non solo ci rende felici, ma rende felici anche gli altri. Ci permette di avere una buona reputazione, ci vedono come persone positive, di mente aperta e disponibile. L’altruismo è la fonte di ogni felicità e di soddisfazione.

Il quarto verso: Quando devo affrontare un essere malvagio, preda di intense sofferenze e gravi mancanze, mi terrò caro un simile individuo, così raro a trovarsi, come se avessi scoperto un prezioso tesoro.

Questo riguarda sempre la consapevolezza dei nostri errori e di quelli degli altri, degli atteggiamenti negativi di noi stessi e degli altri. Possiamo avere molte occasioni per avere queste esperienze aggressive. Quando ci troviamo in situazioni in cui qualcuno è privo di controllo e sopraffatto dalla malevolenza e dalle afflizioni dobbiamo cercare di comprendere lo stato di grande sofferenza di questo essere, arrivare a comprendere e vedere la sua vera natura. Così non ci sarà avversione e vendetta. Nonostante questa persona ci stia danneggiando, capiamo che è sopraffatta dalle afflizioni mentali e genereremo nei suoi confronti compassione, empatia e capiremo che è tormentata da molta sofferenza a causa delle sue afflizioni mentali, dai suoi stati mentali disturbanti. Con questa considerazione possiamo coltivare la pazienza, l’accettazione di queste situazioni a noi avverse. E anziché vendicarci proveremo compassione. Scopriremo che questa è l’occasione adatta alla coltivazione della pazienza e per sviluppare l’accettazione: se non ci fossero condizioni avverse non avremmo occasioni per poterlo fare.

Il quinto verso: Quando altri, dominati dalla gelosia, mi maltrattano mi insultano e così via, accetterò le loro dure parole ed offrirò loro la vittoria.

Così come scritto nel quarto verso, la pratica del Bodhisattva è quella di coltivare la pazienza, l’accettazione. Quando altri in preda alla gelosia e altre afflizioni mentali cercano di abusare e approfittare di me, mi aggrediscono verbalmente, mi ingiuriano e mi disprezzano con molta aggressività, se fossimo praticanti sul sentiero di un Bodhisattva non ci vendicheremmo, non ripagheremmo con la stessa moneta ma accetteremmo la sconfitta con calma ed accettazione e offriremmo loro la vittoria. Faremmo in modo che il guadagno vada agli altri, noi rimarremmo in uno stato imperturbato di calma, di assoluta non-vendetta. Diremmo “scusa, è stata proprio colpa mia”. Poi quando questa persona si sarà calmata, potremmo allora cercare di comunicare ulteriormente cercando di spiegare le varie condizioni che hanno portato a quella situazione, esponendo le varie ragioni. Quando si è invece nel momento cruciale della situazione è molto importante, volendo mettere in pratica le attitudini di un Bodhisattva, accettare la sconfitta e dare la vittoria agli altri.

Il sesto verso: Quando qualcuno che ho aiutato ed in cui ho riposto grandi speranze mi infligge un danno estremamente grave, considererò costui il mio supremo maestro spirituale.

Quando siamo stati estremamente gentili, benefici e abbiamo grandemente aiutato qualcuno e abbiamo riposto grandi speranze in questa relazione in modo da trarne benefici, abbiamo aspettative di molta gratitudine nei confronti di questa persona. Questa invece, anziché esserci grata e beneficiarci a vicenda potrebbe farci del male e creare problemi, ostacoli. Un praticante spirituale non dovrebbe essere scioccato da questa reazione inaspettata da parte di quella persona, ma dovrebbe cercare di fare delle considerazioni sulla possibilità che quella è un’esperienza dovuta alle proprie predisposizioni karmiche. Probabilmente in passato si sono create azioni per cui ora dobbiamo sperimentare questo tipo di atteggiamento nei nostri confronti. Queste sono le conseguenze delle mie stesse azioni. Facendo queste considerazioni riusciremo a considerare questa persona che ci danneggia ingiustamente come la suprema guida spirituale, il nostro maestro che ci ricorda di praticare l’accettazione e la pazienza.

Il settimo verso In breve, offrirò benefici e felicità a tutti gli esseri senzienti mie madri, sia in questa vita sia in quelle future, ad in segreto prenderò su di me ogni male ed ogni sofferenza degli esseri senzienti mie madri.

Questo verso porta alla pratica del Tong Len, del prendere e del dare che fa parte delle pratiche del Bodhisattva. Sulla base della visualizzazione e dell’immaginazione è possibile donare tutti i meriti e ogni sorta di virtù, felicità, ricchezza e ogni cosa buona a tutti gli altri esseri senzienti, a tutte le madri esseri senzienti. Questa è la pratica del dare, mossa dall’amore per gli altri. La pratica del prendere, mossa dalla compassione per gli esseri, ci fa prendere su di noi tutte le sofferenze, i dolori e le malattie di tutti gli esseri. Si prende spinti dalla compassione e si dà spinti dall’amore, considerando gli esseri come nostre madri.

Inizialmente può essere solamente un ideale, può non essere ancora integrato dentro di noi e rimane a livello di aspirazione. Sulla base della pratica continua, del coltivare questo atteggiamento, sulla base dell’aspirazione e dell’immaginazione diventerà qualcosa di reale. Potremo avere in noi l’atteggiamento del Bodhisattva che dona ogni cosa positiva e prende su di se ogni problema di tutti gli esseri.

L’ottavo verso Non avendo poi, contaminato tutto ciò con le impurità delle otto preoccupazioni mondane, percependo ogni fenomeno come illusorio, privo di attaccamento, mi libererò della schiavitù dell’esistenza condizionata.

Le prime due righe di questo ultimo verso riguardano la pratica della Bodhicitta convenzionale e le ultime due righe della Bodhicitta ultima. La pratica del Bodhisattva è quella di equilibrare l’atteggiamento nei confronti di tutti gli esseri che siano nemici, estranei o amici. Poi arrivano le altre pratiche che considerano gli altri come superiori rispetto a noi stessi e poi si arriva allo sviluppo della mente di Bodhicitta. Occorre comprendere che questo sviluppo interiore avviene per gradi.

Questo verso finale sollecita ad abbandonare tutti i pregiudizi, preconcetti e aspettative ordinari degli otto dharma mondanie sigilla la pratica del Bodhisattva con la vacuità, la natura ultima dei fenomeni. Tutte le pratiche del Bodhisattva non saranno inquinate dagli scopi mondani e riconosceremo i fenomeni come illusori. Infine la preghiera di ottenere la combinazione della pratica della comprensione della realtà convenzionale e della vacuità e ottenere al più presto lo stato dell’illuminazione.

Nell’ultimo verso vengono distinti i due tipi di pratiche del metodo e della saggezza. Il metodo riguarda il coltivare sistematicamente la Bodhicitta, l’addestramento mentale, la trasformazione della nostra mente, coltivare l’amore e la compassione. Ciò riguarda le prime cinque delle Sei Perfezioni, queste attività trascendentali: la generosità, l’etica, la pazienza, la gioiosa perseveranza e la concentrazione. Tutte pratiche comprese nell’aspetto del metodo del sentiero che portano allo sviluppo della Bodhicitta. L’aspetto del sentiero chiamato saggezza riguarda la meditazione sulla vacuità – la natura ultima dei fenomeni – e sulla loro impermanenza.

I due aspetti di metodo e saggezza vanno unificati, combinati per poter ottenere e percorrere il sentiero che conduce all’illuminazione. Prima di generare Bodhicitta è necessario aver coltivato l’attitudine di amore e compassione per tutti gli esseri senzienti. E prima ancora è necessario aver sviluppato un’autentica rinuncia, una genuina e intensa rinuncia, il rifiuto della sofferenza dell’esistenza ciclica. Questo è requisito fondamentale per potere giungere alla mente di Bodhicitta.

Sono emersi tre punti principali: la rinuncia – il rifiuto dell’esistenza ciclica – la Bodhicitta e la realizzazione della vacuità, la comprensione della natura ultima dei fenomeni. Sono i tre punti fondamentali del sentiero interiore ed è su questa base che il Bodhisattva si muove.  Sempre più in alto su stadi sempre più elevati. Fino a giungere allo stato dell’Illuminazione.

Ringraziamo i centri FPMT per fornire questo prezioso materiale e tutti i volontari che con il loro lavoro seguono le trascrizioni, le revisioni e la pubblicazione degli insegnamenti sul nostro sito, senza i quali tutto questo non sarebbe possibile.

Se vuoi diventare uno di loro, invia una mail a info@nalandaedizioni.it.

Kirti Tsenshab Rinpoce

Questo insegnamento è sono stati dati da Kirti Tsenshab Rinpoce il 6 marzo 1992 presso il Centro Ewam di Firenze.

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