La retta parola

La retta parola

Il Buddha insegna che cos’è la retta parola illustrandola nelle sue quattro componenti: astenersi dal parlare in modo falso, astenersi dal parlare in modo calunnioso, astenersi dal parlare in modo duro e astenersi dalle chiacchiere inutili. Poiché gli effetti della parola non sono immediatamente evidenti come quelli delle azioni fisiche, la sua importanza e il suo potenziale vengono facilmente trascurati, ma un po’ di riflessione dimostrerà che la parola e la sua emanazione, ovvero la parola scritta, possono avere enormi conseguenze, positive o negative.

Mentre per gli animali – che comunicano a livello preverbale – l’azione fisica è l’aspetto dominante, per gli esseri umani immersi nella comunicazione la parola ha decisamente il sopravvento. La parola può spezzare vite, creare nemici e scatenare guerre, oppure può offrire saggezza, sanare divisioni e creare pace. È sempre stato così, ma nell’era moderna queste potenzialità si sono amplificate esponenzialmente a causa dell’enorme aumento dei mezzi, della velocità e della portata delle comunicazioni. La capacità di espressione verbale, orale e scritta, è stata spesso considerata il segno distintivo della specie umana. Da ciò si comprende la necessità di fare di questa capacità lo strumento per l’eccellenza umana e non, come troppo spesso accade, il segno del nostro degrado.

Astenersi dal falso, dire la verità

In questo caso si evita di parlare in modo falso e ci si astiene da esso. Si dice la verità, si è dediti alla verità, si è affidabili, degni di fiducia, non si ingannano o manipolano le persone. Se ci si trova a un consesso o tra la gente, o in mezzo ai parenti, o in società, o alla corte del re, e si viene chiamati a testimoniare su ciò che si sa, se non si sa nulla si risponde “Non so nulla” e se si sa si risponde “Lo so”; se non si è visto nulla, si risponde: “Non ho visto nulla”, e se si ha visto si risponde: “Ho visto”. Così non si dice mai consapevolmente una bugia, né per il proprio vantaggio, né per il vantaggio di un’altra persona, né per qualsiasi altro vantaggio.

Questa affermazione del Buddha rivela sia il lato negativo sia quello positivo di questo precetto. Il lato negativo è l’astensione dalla menzogna, quello positivo il dire la verità. Il fattore determinante della trasgressione è l’intenzione di ingannare. Se si dice qualcosa di falso credendolo vero, non si viola il precetto perché manca l’intenzione di ingannare. Sebbene l’intenzione di ingannare sia comune a tutti i casi di discorso ingannevole, la menzogna può presentarsi in forme diverse a seconda della radice motivazionale, che sia l’avidità, l’odio o l’ignoranza. L’avidità, come movente principale, si traduce in una menzogna finalizzata a ottenere qualche vantaggio per sé o per le persone vicine: ricchezza materiale, posizione, rispetto o ammirazione. Se il movente è l’odio, il discorso falso assume la forma della menzogna maligna, quella che mira a ferire e danneggiare gli altri. Quando il movente principale è l’ignoranza, il risultato è un tipo di falsità meno perniciosa: la bugia irrazionale, la bugia compulsiva, l’esagerazione interessante, la bugia per scherzo.

La severità del Buddha contro la menzogna si basa su diverse ragioni. In primo luogo, la menzogna è dannosa per la coesione sociale. Le persone possono vivere insieme in società solo in un’atmosfera di fiducia reciproca, avendo motivo di credere che gli altri diranno la verità; distruggendo le basi della fiducia e inducendo il sospetto di massa, la menzogna diffusa diventa il segnale della caduta dalla solidarietà sociale al caos.

Ma la menzogna ha altre conseguenze di natura profondamente personale altrettanto disastrose. Per loro stessa natura le bugie tendono a proliferare. Mentendo una volta e trovando la nostra parola sospetta, ci sentiamo costretti a mentire di nuovo per difendere la nostra credibilità, per dipingere un quadro coerente degli eventi. Così il processo si ripete: le bugie si allungano, si moltiplicano e si collegano fino a rinchiuderci in una gabbia di falsità da cui è difficile uscire. La menzogna è quindi un paradigma in miniatura dell’intero processo di illusione soggettiva. In ogni caso, il creatore sicuro di sé, risucchiato dai suoi stessi inganni, finisce per esserne vittima.

Queste considerazioni sono probabilmente alla base delle parole di consiglio che il Buddha rivolse a suo figlio, il giovane novizio Rahula, subito dopo l’ordinazione. Un giorno il Buddha si avvicinò a Rahula, indicò una ciotola con dentro un po’ d’acqua e chiese: “Rahula, vedi la poca acqua rimasta nella ciotola?”. Rahula rispose: “Sì, signore”. “Così poca, Rahula, è la realizzazione spirituale di chi non ha paura di dire intenzionalmente bugia”. Allora il Buddha gettò via l’acqua, posò la ciotola e disse: “Vedi, Rahula, come quell’acqua è stata gettata via? Allo stesso modo, chi dice una menzogna deliberatamente getta via qualsiasi conquista spirituale abbia ottenuto”. Di nuovo chiese: “Vedi come questa ciotola è ora vuota? Allo stesso modo chi non si vergogna di dire il falso è vuoto di conquiste spirituali”. Poi il Buddha capovolse la ciotola e disse: “Vedi, Rahula, come questa ciotola è stata capovolta? Allo stesso modo, chi dice deliberatamente una bugia capovolge le sue conquiste spirituali e diventa incapace di progredire”. Pertanto, concluse il Buddha, non si dovrebbe dire una bugia deliberata nemmeno per scherzo.

Si dice che nel corso del suo lungo addestramento all’illuminazione, durato molte vite, un bodhisatta possa infrangere tutti i precetti morali tranne l’impegno a dire la verità. La ragione di ciò è molto profonda e rivela che l’impegno alla verità ha un significato che trascende il dominio dell’etica e persino della purificazione mentale, portandoci nei domini della conoscenza e dell’essere.

Il discorso veritiero fornisce, nella sfera della comunicazione interpersonale, un parallelo alla saggezza nella sfera della comprensione privata. I due sono rispettivamente le modalità esteriori e interiori dello stesso impegno verso il reale. La saggezza consiste nella realizzazione della verità, e la verità (sacca) non è solo una proposizione verbale, ma la natura delle cose così come sono. Per realizzare la verità tutto il nostro essere deve essere messo in accordo con la realtà, con le cose come sono, il che richiede che nella comunicazione con gli altri si rispettino le cose come sono dicendo la verità. Il discorso veritiero stabilisce una corrispondenza tra il nostro essere interiore e la natura reale dei fenomeni, permettendo alla saggezza di elevarsi e di scandagliare la loro vera natura. Quindi, molto più che un principio etico, la devozione alla parola veritiera è una questione di prendere posizione sulla realtà piuttosto che sull’ignoranza, sulla verità colta dalla saggezza piuttosto che sulle fantasie tessute dal desiderio.

Astenersi dalle maldicenze, evitare le malelingue

Evita le maldicenze e se ne astiene. Ciò che ha sentito qui non lo ripete là, in modo da provocare dissensi; e ciò che ha sentito là non lo ripete qui, in modo da provocare dissensi. Così unisce quelli che sono divisi; e quelli che sono uniti li incoraggia. La concordia lo rallegra, si diletta e si rallegra della concordia; ed è la concordia che diffonde con le sue parole.

Il discorso calunnioso è un discorso che mira a creare inimicizia e divisione, ad allontanare una persona o un gruppo da un altro. Il motivo alla base di tali discorsi è generalmente l’avversione, il risentimento per il successo o le virtù di un rivale, l’intenzione di demolire gli altri con denigrazioni verbali. Possono entrare in gioco anche altri motivi: l’intenzione crudele di fare del male agli altri, il desiderio malvagio di conquistare affetto per se stessi, il piacere perverso di vedere gli amici divisi.

La maldicenza è una delle più gravi trasgressioni morali. La radice dell’odio rende il karma negativo già abbastanza pesante, ma poiché l’azione di solito avviene dopo la deliberazione, la forza negativa diventa ancora più forte perché la premeditazione ne aumenta la gravità. Quando l’affermazione calunniosa è falsa, i due torti della falsità e della calunnia si combinano per produrre un karma negativo estremamente potente. I testi canonici riportano diversi casi in cui la calunnia di un innocente ha portato a una rinascita immediata negli inferi.

Il contrario della calunnia, come indica il Buddha, è il discorso che promuove l’amicizia e l’armonia. Tali discorsi nascono da un animo sinceramente pervaso da amorevolezza e simpatia. Conquista la fiducia e l’affetto degli altri, che sentono di potersi confidare senza temere che le loro rivelazioni vengano usate contro di loro. Oltre agli ovvi benefici che questo tipo di discorso apporta nella vita presente, si dice che astenersi dalla maldicenza abbia come risultato karmico l’ottenimento di un seguito di amici che non potranno mai essere messi contro di noi dalle parole calunniose di altri.

Astenersi dal linguaggio aggressivo

Evita il linguaggio duro e se ne astiene. Parla con parole gentili, che calmano l’orecchio, con parole affettuose, che vanno al cuore, che sono cortesi, amichevoli e piacevoli per molti.

Le parole dure, aggressive sono quelle pronunciate con rabbia, con lo scopo di far soffrire chi le ascolta. Questo tipo di discorso può assumere diverse forme, di cui possiamo citarne tre. Uno è il discorso offensivo: rimproverare, offendere o giudicare un altro con parole amare. Un secondo è l’insulto: ferire un altro attribuendogli una qualità offensiva che ne sminuisce la dignità. Il terzo è il sarcasmo: parlare a qualcuno in modo apparentemente elogiativo, ma con un tono o un’espressione così distorta che l’intento lesivo diventa chiaro e provoca dolore.

La radice principale del discorso duro è l’avversione, che assume la forma della rabbia. Poiché in questo caso si tende ad agire impulsivamente, senza deliberazione, la trasgressione è meno grave della calunnia e la conseguenza karmica generalmente meno severa. Tuttavia, la parola dura è un’azione non salutare con risultati spiacevoli per se stessi e per gli altri, sia ora che in futuro, quindi deve essere contenuta. L’antidoto ideale è la pazienza: imparare a tollerare il biasimo e le critiche degli altri, a simpatizzare con le loro mancanze, a rispettare le differenze di punti di vista, a sopportare gli abusi senza sentirsi obbligati a vendicarsi. Il Buddha invita alla pazienza anche nelle condizioni più difficili:

Anche se, monaci, ladri e assassini vi squarciassero le membra e le giunture, chiunque cedesse all’ira per questo non seguirebbe il mio consiglio. Perché così dovete allenarvi: “La nostra mente deve rimanere indisturbata, con il cuore pieno d’amore e libero da ogni malizia nascosta; e quella persona dobbiamo penetrare con pensieri amorevoli, ampi, profondi, sconfinati, liberi dall’ira e dall’odio”.

Astenersi dalle chiacchiere inutili

Evita le chiacchiere e se ne astiene. Parla al momento giusto, in accordo con i fatti, parla di ciò che è utile, parla del Dharma e della disciplina; il suo discorso è come un tesoro, pronunciato al momento giusto, accompagnato dalla ragione, moderato e pieno di senso.

Le chiacchiere inutili sono discorsi privi di scopo e di profondità. Non comunicano nulla di valore, ma non fanno altro che fomentare i difetti nella propria mente e in quella degli altri. Il Buddha consiglia di limitare le chiacchiere inutili e di parlare il più possibile di argomenti di reale importanza. Nel caso di un monaco, il soggetto tipico del passo appena citato, le sue parole dovrebbero essere selettive e riguardare principalmente il Dharma. I laici avranno più bisogno di chiacchiere affettuose con gli amici e i familiari, di conversazioni educate con i conoscenti e di discorsi legati al loro lavoro. Anche in questo caso, però, devono fare attenzione a non lasciare che la conversazione si estenda a pascoli in cui la mente inquieta, sempre alla ricerca di qualcosa di dolce o piccante di cui nutrirsi, possa trovare l’occasione di assecondare le sue propensioni contaminanti.

L’esegesi tradizionale dell’astensione dalle chiacchiere si riferisce solo all’evitare di impegnarsi in prima persona in questi discorsi. Ma oggi potrebbe essere utile dare a questo fattore un taglio diverso, reso imperativo da alcuni sviluppi peculiari del nostro tempo, sconosciuti ai tempi del Buddha e degli antichi commentatori.

Si tratta di evitare l’esposizione alle chiacchiere inutili che ci bombardano costantemente attraverso i nuovi mezzi di comunicazione creati dalla tecnologia moderna. Un’incredibile serie di dispositivi – televisione, radio, giornali, riviste di carta stampata, cinema, internet – diffonde un flusso continuo di informazioni inutili e di intrattenimento distraente, il cui effetto è quello di lasciare la mente passiva, vuota e sterile. Tutti questi sviluppi, ingenuamente accettati come “progresso”, minacciano di smussare la nostra sensibilità estetica e spirituale e di renderci sordi al richiamo superiore della vita contemplativa. Gli aspiranti seri sulla via della liberazione devono essere estremamente perspicaci in ciò a cui si lasciano esporre. Farebbero un grande servizio alle loro aspirazioni includendo queste fonti di divertimento e di informazioni inutili nella categoria delle chiacchiere inutili e facendo uno sforzo per evitarle.

Tradotto da Right Speech – Sammā Vācā

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