Prendiamo in considerazione il modo di esistere dei fenomeni e come noi li percepiamo. Sovente quella che chiamiamo realtà oggettiva e la nostra percezione sono discordanti. La realtà appare spesso in modo erroneo, cosa che è constatabile anche nell’esperienza quotidiana. Osservando un animale, ad esempio, possiamo notare come le sue percezioni siano spesso incongruenti con la realtà; abbiamo anche esperienza di errori commessi da noi per il fatto di aver percepito un oggetto diversamente da com’era realmente. Un errore che commettiamo di frequente e che può causare difficoltà è questo: un fenomeno che in realtà è impermanente, e che quindi muta d’istante in istante, appare alla nostra mente come permanente, immutabile, e non ci accorgiamo della sua continua trasformazione.
A questo proposito, occorre cogliere la differenza fra coscienze non concettuali e coscienze concettuali. Le coscienze sensoriali percepiscono le forme, i suoni, e così via, in modo non concettuale: non appena si percepisce con i sensi un oggetto, ad esempio una forma, la sua entità appare direttamente, libera da qualsiasi concezione di tempo, luogo o natura. Nel secondo momento di percezione si forma già un’immagine mentale del fenomeno, che diviene indivisibile dal fenomeno stesso; così, qualcosa che abbiamo visto ieri, per esempio, ci appare immutato anche oggi. Quando emerge il ricordo di quella forma, la prima percezione diretta dell’oggetto e la sua immagine mentale sono mescolate o influenzate dai concetti di luogo, tempo e così via; per esempio, si evoca un oggetto perché è stato visto in un dato luogo o in un particolare momento.
Vediamo un altro esempio di falsa percezione. Il prendersi cura più degli altri che di sé, ossia un atteggiamento altruistico, in realtà è di beneficio a noi stessi, perché è una disposizione mentale che ci procurerà una grande felicità. Eppure la nostra percezione è opposta: crediamo che per essere felici sia più importante prendersi cura di noi stessi, senza alcun bisogno di preoccuparci degli altri. Al contrario, consideriamo vantaggiosi alcuni fattori mentali che in realtà sono causa di sofferenza, ansia e profondo sconforto. Abbiamo una falsa percezione anche riguardo al sé: sebbene l’io esista in modo dipendente dal nostro corpo e dalla nostra mente, ci appare come un’entità autonoma e tangibile, indipendente dai due fattori di corpo e mente, quasi fosse un sovrano su di essi. C’è un corpo fisico che possiamo vedere e toccare, c’è una mente che percepisce, ma se cerchiamo questo “io” tangibile non riusciamo a trovarlo. Questa è la falsa apparenza di un fenomeno: vi è una discrepanza fra il modo di apparire del fenomeno e il suo reale modo d’esistenza. Quindi, tutte queste visioni– percepire un fenomeno transitorio come qualcosa di permanente o immutabile, considerare felicità qualcosa che in realtà è sofferenza, e concepire un sé esistente in modo indipendente– sono false, perché l’aspetto della percezione non corrisponde alla realtà del fenomeno percepito.
È importante dunque conoscere il processo di formazione delle percezioni e delle varie concezioni, perché è tale conoscenza che permette di intraprendere la pratica del sentiero. Benché la mente umana sia dotata d’intelligenza, vi sono molte condizioni che la disturbano, rendendola inquieta o agitata. La condizione disturbante principale è una mente che percepisce erroneamente il proprio oggetto, ad esempio, proiettando una valenza positiva su ciò che in realtà è negativo, e viceversa. Questa mente erronea che genera confusione e agitazione è chiamata “afflizione mentale”. È fondamentale, dunque, conoscere i diversi tipi di coscienze: le menti e i fattori mentali come le afflizioni, il modo in cui funzionano e quali sono le condizioni che li alimentano, perché da una mente confusa nasce la sofferenza e da una mente pacificata sorge la felicità.
Tratto da La lampada sul sentiero, commentario di Sua Santità il XIV Dalai Lama al testo di Atisha