Dato che Ottobre è il Mese della Consapevolezza Vegetariana e il 1° novembre la Giornata Mondiale del Veganismo, volevo dedicare un po’ di tempo a riflettere su queste due pratiche nel contesto della pratica buddhista.
Ho così cercato alcuni esperti buddhisti sull’argomento: Bodhipaksa, autore di Vegetarianism: A Buddhist View, veterinario e vegetariano da oltre vent’anni, e Samacitta, vegana impegnata, presidente del Birmingham Buddhist Centre (il primo Triratna Center ad adottare una politica per gli acquisti vegana) e autrice di Buddhism on a Plate: the case for Buddhists to go vegan.
Mi interessava sapere cosa significa essere un vegetariano buddhista nel mondo moderno. Cosa distingue l’approccio buddhista dal vegetarianismo? È una pratica buddhista essenziale? Come ci relazioniamo, in qualità di buddhisti, con chi mangia carne?
La comunità di Triratna ha sempre incoraggiato il vegetarianismo, ma dovremmo iniziare a pensare di diventare vegani?
Il punto di partenza di qualsiasi discussione sul vegetarianismo nel contesto buddhista deve iniziare con il primo precetto: come buddhisti ci impegniamo ad astenerci dal nuocere agli esseri senzienti. Quando si interpreta questo precetto (e l’etica buddhista in generale), l’enfasi è spesso posta sull’intenzione. Tuttavia, nel contesto del vegetarianismo, sia Samacitta che Bodhipaksa hanno sottolineato la consapevolezza dei risultati delle nostre azioni.
Anche se le nostre intenzioni sono importanti, alcune delle nostre intenzioni sono inadeguate e inconsce, quindi è importante guardare alle conseguenze delle nostre azioni così come al nostro intento
Bodhipaksa
Una volta che possiamo vedere chiaramente che le nostre abitudini inadeguate stanno causando danni a noi stessi e agli altri, possiamo generare l’intento di lasciarli andare.
Per molti di noi mangiare carne è un’abitudine inconscia e indiscussa. Bodhipaksa sostiene che «l’industria della carne si fonda sull’ignoranza. Siamo cresciuti con cartoni del latte con sopra le immagini di mucche sorridenti. L’industria della carne fa di tutto per impedirti di sapere cosa sta succedendo. Quindi siamo condizionati a pensare che la sofferenza degli animali in qualche modo non sia reale; che non abbia luogo». Samacitta concorda:
Trovo che molto spesso le persone contrarie al veganesimo semplicemente non vogliano sapere cosa sta succedendo dietro le quinte. È scomodo per loro saperlo, quindi chiudono gli occhi davanti alla realtà.
Samacitta
È interessante notare che sia stato proprio lo scoprire cosa succede dietro le quinte a motivare Bodhipaksa a diventare vegetariano. Infatti, ha visitato un mattatoio durante la sua formazione come veterinario e da allora non ha più mangiato carne. Allo stesso modo, dopo essere stata vegetariana per quasi trent’anni, Samacitta ha deciso di saperne di più sulle industrie lattiero-casearie e avicole. Ha letto due libri: The Face on Your Plate: The Truth About Food di Jeffrey Moussaieff Masson e Se niente importa di Jonathan Safran Foer.
«Leggendo quei libri, mi sono resa conto che le industrie del latte e del pollame erano crudeli quanto l’industria della carne», mi ha detto. «Ho realizzato che ogni prodotto proveniente dal corpo di un animale è direttamente collegato alla sofferenza di quell’animale. Questo è stato il punto di svolta per me. Sapendo cosa stava succedendo, non potevo continuare a fare quello che stavo facendo».
Sebbene il titolo del libro di Bodhipaksa sia Vegetarianism: A Buddhist View, tutti gli argomenti che utilizza nel libro e le informazioni che propone sono anche a favore del veganismo. In effetti anche Bodhipaksa è vegano, ed era vegano quando ha scritto il libro. Lui crede che il veganismo sia solo un risultato naturale del vegetarianismo. Tuttavia, riconosce che passare direttamente dall’essere un mangiatore di carne all’essere vegano sia un grande passo.
Se noi, come buddhisti, possiamo incoraggiare le persone a smettere di mangiare carne, allora questo è un buon punto di partenza.
Le parole di Samacitta: «Essere vegano è essere buddhista nel senso che sei consapevole di quello che stai facendo e delle conseguenze di quello che stai facendo». Ma c’è qualcosa che il Buddhismo potrebbe imparare dal movimento vegano?
«I vegani stanno dimostrando che avere compassione per gli altri esseri viventi è sia naturale che umano», dice, «mentre i buddhisti aspirano a sviluppare la grande compassione di un Buddha illuminato. Quindi forse i buddhisti possono imparare dal movimento vegano che i nostri ideali potrebbero essere espressi in modo molto più coerente e completo, con le nostre azioni».
Anche se a volte i vegani possono essere criticati per essere presuntuosi e dogmatici, “la maggior parte dei vegani che conosco non è affatto così”, spiega Samacitta, “ma come buddhisti abbiamo alcuni strumenti davvero utili per affinare le emozioni. Abbiamo pratiche come la metta bhavana che ci aiutano a coltivare la compassione verso noi stessi e gli altri.”
Essere un buddhista vegetariano o vegano si basa quindi non solo sulla consapevolezza ma anche sulla compassione.
«Il vegetarismo fa parte di un principio radicato nel Buddhismo, ovvero che stiamo cercando di essere empatici e di vivere una vita di gentilezza», dice Bodhipaksa. Samacitta esprime anche questo punto di vista: «Un fondamento chiave dell’etica buddhista è l’identificazione con altri esseri viventi. Diventare consapevoli che anche altri esseri vogliono essere liberi dalla sofferenza e vivere uno stile di vita basato su quella visione, ti porta più in armonia con tutto ciò che vive». Mi è piaciuta l’enfasi di Samacitta sugli effetti positivi del diventare vegani.
Sia il vegetarianismo che il veganismo vengono spesso discussi in relazione a ciò che non sono, ovvero il consumo di animali o prodotti animali. Tuttavia, cosa c’è di così positivo nel vivere una vita vegana?
«Immaginavo che diventare vegano sarebbe stato difficile, ma in realtà mi ha aperto un mondo completamente nuovo», mi ha detto Samacitta, «il cibo che mangio mi piace molto di più. Inoltre, ho imparato a cucinare!». Prima di diventare vegana, Samacitta non aveva mai preparato una torta in vita sua, ora è un’avida fornaia vegana. Mi ha mostrato The Cake Scoffer, un ricettario vegano che includeva la sua ricetta preferita: la torta di ciliegie della Foresta Nera. «È molto popolare al centro», ha detto, «così come la mia cheesecake vegana. E tra i piatti salati, il paté in crosta di castagne va sempre bene».
Bodhipaksa desiderava sottolineare anche i benefici del vegetarianesimo per la salute.
In effetti, lui ha così tanta fiducia nei suoi benefici che sta crescendo due bambini piccoli vegetariani. «Hanno attraversato una fase piuttosto simpatica in cui si riferivano ad altre famiglie come “cacciatori di carne”», ha aggiunto.
Diventare vegetariani e vegani aiuta anche il pianeta. «L’industria del bestiame, in particolare è responsabile di un’enorme quantità di gas serra che provocano il cambiamento climatico», mi ha detto Samacitta. Quindi, come parte del suo progetto per diventare più sostenibile, il Birmingham Buddhist Centre ha adottato una politica di acquisto vegana.
«Abbiamo tenuto una versione leggermente più tollerante per un anno o due, ed era una politica di acquisto vegana con l’aggiunta di latte, ma dal mese di Azione buddhista a giugno di quest’anno non abbiamo più ricevuto forniture di latte vaccino. Mi interessava sapere quanto fosse facile adottare questa politica ed è stato molto facile per noi. Tutto ciò di cui hai bisogno sono amministratori che siano sufficientemente consapevoli e impegnati a creare il cambiamento».
Ma, le ho chiesto, le nostre azioni faranno davvero la differenza?
«Anche se probabilmente non saremo in grado di fermare l’intera industria della carne o dei latticini nel corso della nostra vita, ogni singola persona che si impegna a diventare vegetariana o vegana salverà la vita di migliaia di animali. C’è quella storia di due amici che camminano lungo una spiaggia. Centinaia di stelle marine sono state spazzate via dalle maree, prosciugandosi e morendo sulla riva. Uno dei ragazzi, camminando, raccoglie le stelle marine e le getta di nuovo nell’acqua. L’ amico dice: “Perché ti preoccupi? Ci sono migliaia di stelle marine, non farai mai la differenza.” Il ragazzo che le ha buttate in acqua risponde: “Fa la differenza per questa stella marina».
Tutti i buddhisti dovrebbero muoversi verso il veganismo? Come ci rapportiamo con chi mangia carne?
Quindi dovremmo, come buddhisti, cercare di influenzare gli altri a diventare vegetariani e/o vegani?
«La risposta breve è sì!», ha detto Bodhipaksa. Ma come fare di cambiare le abitudini alimentari degli altri senza diventare ipocriti e dogmatici? Ha suggerito l’empatia come un modo per combattere l’ipocrisia: «Dobbiamo ricordare che a un certo punto eravamo mangiatori di carne, come pure essere vegetariani buddhisti è qualcosa che facciamo perché vogliamo essere più compassionevoli. Non è qualcosa che ci rende migliori di altre persone o che ci conferisce uno status speciale. Penso che siamo dogmatici quando ci attacchiamo alle nostre abitudini, quando le vediamo come parte fondamentale della nostra identità. Dobbiamo perciò fare in modo di non attaccarci all’idea di vegetarianismo e, allo stesso tempo, di impegnarci completamente come pratica».
Ma cosa succede se il nostro impegno per il vegetarianismo non è condiviso dalla nostra famiglia e dagli amici? Mangiare cibo insieme è un modo così fondamentale e importante per esprimere amicizia che diventare vegetariani o vegani in una comunità di mangiatori di carne può essere un’esperienza isolante. «Non dev’essere così per forza», suggerisce Bodhipaksa. «Mettiamo che ti sieda per la cena di Natale con la tua famiglia. Potresti concentrarti sul fatto che stai mangiando un arrosto di noci e loro stanno mangiando un tacchino oppure potresti concentrarti sul fatto che siate tutti seduti a un tavolo con l’opportunità di comunicare e festeggiare insieme».
Un consiglio utile, ho pensato: concentrati su ciò che hai in comune piuttosto che su ciò che ti divide.
Ho chiesto a Samacitta una domanda simile: è possibile avere relazioni profonde e soddisfacenti con persone che non sono vegane? «Penso che dipenda dal fatto che ci sia rispetto», ha risposto. «se la tua famiglia e i tuoi amici non-vegani sono disposti a sostenerti nella tua pratica etica. Se la tua cerchia sociale ti sfida costantemente per essere vegano, avrai bisogno di molta forza per restare fedele ai tuoi mezzi e seguire il tuo impegno. A volte vale la pena lasciar perdere queste relazioni».
Samacitta è chiaramente appassionata alla causa vegana. Pensa che sia mai utile essere arrabbiata?
«Questa è una domanda interessante! Può darti una spinta, ma penso che funzioni solo se riesci a raffinare la rabbia in qualcosa di più utile. Il Buddha disse: “Se parli e agisci con una mente impura, seguirà la sofferenza”. Quindi cercare di convincere le persone a diventare vegane in modo odioso o arrabbiato probabilmente non avrà l’effetto desiderato. In effetti a volte le circostanze possono richiedere di non fare troppe storie. Se sono con mio padre di novantun anni, per esempio, non ho intenzione di ficcargli in gola il veganismo né di convertirlo. Penso che valga sempre la pena considerare se fare storie avrà effettivamente un effetto positivo. A volte è utile parlare del veganismo, a volte no».
Samacitta parla decisamente del veganismo nel suo articolo, Buddhism on a Plate. In questo brano, scritto originariamente per i membri dell’Ordine Triratna, sostiene che «è auspicabile che tutti i buddhisti si muovano nella direzione del veganismo». Ha elaborato questa dichiarazione nella nostra intervista: «Essere più in armonia con tutto ciò che vive non è solo una piacevole aggiunta alla pratica buddhista. È fondamentale».
Le ho chiesto se sarebbe arrivata a dire che un buddhista che non è vegano non è affatto un vero buddista: «No, non mi spingerei a dirlo», ha risposto, «perché essere buddhista significa impegnarsi a cambiare e ognuno ha un punto di partenza diverso. Ma se qualcuno che dichiara di essere buddhista non prende nemmeno in considerazione il veganismo, semplicemente perché gli piace consumare prodotti animali e non desidera rinunciarvi, allora penso che sia solo un omaggio verbale all’essere buddhista».
Ho posto a Bodhipaksa una domanda simile: un buddhista non vegetariano è una contraddizione?
«No, non credo che sia così semplice, perché essere buddhista non ti rende automaticamente perfetto. Tuttavia penso che ci sia una contraddizione, perché il Buddha ha insegnato un percorso di compassione ed empatia. La compassione e l’empatia non erano limitate solo agli esseri umani».
Ho notato che Samacitta e Bodhipaksa enfatizzavano la compassione in molte delle loro risposte alle mie domande. Come buddhisti, miriamo a coltivare l’amorevole gentilezza verso tutti gli esseri umani, gli animali, gli esseri viventi, forti o deboli, apparentemente meritevoli o immeritevoli. Non ci sono eccezioni; senza eccezioni di sorta. E non solo il primo precetto è totalizzante, ma è anche aperto: che si tratti di non vegetariani, vegetariani o vegani, possiamo sempre diventare più consapevoli, più compassionevoli. È questo, credo, che caratterizza l’approccio buddhista al vegetarianismo e ciò che rende il messaggio del Buddha così stimolante e anche così profondamente radicale.
Mark Liebenrood
Mark Liebenrood è un blogger e redattore della casa editrice Windhorse Publications, organo editoriale dell’organizzazione Triatna, per la quale pubblicano anche i due maestri intervistati.
La doppia intervista è stata pubblicata sul sito della casa editrice nel 2014.