Commentario a Le cinquanta stanze di devozione al Guru
Insegnamento dato dal Ven. Ghesce Ciampa Ghiatso presso il Centro Ewam di Firenze il 26-27 novembre 1999.
Parte 1 di 2
Per poter raggiungere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri ci apprestiamo a seguire gli insegnamenti così come sono stati dati in passato da innumerevoli Lama, seguendo la tradizione
Mi è stato chiesto di dare un commentario delle 50 stanze di devozione al Guru. Vi sono differenti tipi di commentari, di diversa estensione: il commentario che ho scelto per questa occasione è stato scritto da Pang Tuce e mi è stato dato da Kiabje Triciang Rinpoce.
Naturalmente, non riuscirò a completare tutto l’insegnamento, ma spero di poter terminare almeno la trasmissione orale e di darvi un’idea abbastanza generale di questo commentario in modo che in futuro possiate avere insegnamenti più dettagliati che potranno arricchire la mia trasmissione.
Il commentario inizia con il significato etimologico del titolo, che in sanscrito è Guru Panchashika.
Guru sta per Maestro spirituale, dotato di qualità, pancha significa cinquanta, shika significa stanze: le cinquanta stanze (in relazione) al Guru.
La prima parola, Guru, è formata da due sillabe che in sanscrito hanno due significati diversi. Gu è una contrazione di gun e significa qualità, ru significa pesante o pieno, Guru quindi qualifica una persona come piena di qualità, appesantito dalle qualità. In tibetano viene tradotto con la parola Lama, il cui significato può essere interpretato secondo la spiegazione che abbiamo appena dato.
Il commentario inizia con un omaggio a Buddha Vajradhara e dal momento che tenterò di darvi almeno la trasmissione orale del testo e del commentario inizierò spiegando le prime parole, che sono un omaggio a Guru Vajradhara.
Il motivo dell’omaggio a Guru Vajradhara, o Guru Vajrasattva, è quello di far sapere che il Guru è fonte di ogni qualità poiché egli è visto come essenza di tutti i buddha, in questo caso di Buddha Vajrasattva, cioè colui che è già qualificato con tutte le varie caratteristiche di un buddha.
Il paragrafo successivo illustra come il discepolo intelligente e retto debba basarsi su un supporto che fondamentalmente costituisce la sua guida nel cammino dell’oceano tantrico. Per inoltrarsi nel sentiero del tantra occorre basarsi su un tale supporto, che è appunto il Guru.
Segue la traduzione del testo in cui viene spiegato il significato del titolo Guru Panchashika o 50 Stanze di devozione al Guru. Dopo la spiegazione del titolo vi è l’omaggio del traduttore: colui che traduce dal sanscrito al tibetano rende a sua volta omaggio a Buddha Vajrasattva.
Si rende omaggio a Buddha Vajrasattva perché il Lama è visto nell’essenza di Vajrasattva: vajra significa adamantino o di diamante e sattva significa essere, quindi Essere di diamante. In questo caso diamante si riferisce al fatto di non poter venire distrutto, all’essere immutabile, immutabile nel senso di possedere le cinque saggezze supreme, come la saggezza simile allo specchio eccetera. Un essere dotato di questa immutabilità e qualità di saggezza viene definito come Vajrasattva.
Il testo continua con l’omaggio e la prostrazione a Buddha Vajrasattva da parte dell’autore Asvaghosa, che avviene tramite i primi due versi:
“Prostrandomi nel modo corretto ai piedi di loto del mio Guru, che è la causa che mi permette di raggiungere lo stato di un glorioso Vajrasattva, mi accingo a riassumere e spiegare in breve ciò che è stato detto nei numerosi immacolati testi tantrici sulla devozione al Guru. (Pertanto) ascoltate con rispetto.”
Il punto fondamentale, la colonna portante del nostro sviluppo nel sentiero tantrico è la guida spirituale. Il sentiero tantrico si prefigge di ottenere l’obiettivo finale dell’illuminazione. Un elemento fondamentale per ottenere questo stato, lo stato di Buddha Vajradhara, è il fatto di essere condotti in modo perfetto da una guida spirituale idonea. Il modo in cui questa guida spirituale ci illustra il sentiero è attraverso il conferimento di iniziazioni, la spiegazione di commentari estesi e attraverso la trasmissione di istruzioni orali particolari. È quindi estremamente importante avere una guida spirituale per poter ottenere il nostro obiettivo.
La radice di tutti i nostri poteri spirituali temporali e ultimi è il Guru e ci si relaziona con tale idonea guida spirituale attraverso tre sistemi, tre tradizioni, che sono in realtà tre tantra. Fondamentalmente, quindi, il modo corretto di mettersi in relazione con la propria guida spirituale avviene secondo quanto è illustrato in tre tradizioni, che sono in realtà tre tantra. I metodi contenuti in questi tre tantra sono stati estrapolati e spiegati nel testo delle 50 stanze di devozione al Guru. Quindi si esorta il discepolo ad ascoltare questo insegnamento.
Abbiamo due presentazioni, una estesa e una breve. Quella che viene per prima è la spiegazione concisa.
Il secondo verso dice: “Tutti i Buddha del passato, del presente e del futuro che risiedono in ogni terra delle dieci direzioni hanno reso omaggio ai Maestri tantrici dai quali ricevettero le più alte iniziazioni.” (È forse necessario precisare che dovreste agire nello stesso modo?)
Qual è il messaggio che dobbiamo ricavare dal verso? Se tutti i buddha dei tre tempi e delle dieci direzioni si sono prostrati ai Maestri tantrici dai quali hanno ricevuto le iniziazioni più alte per ottenere il loro stato è sottinteso che per ottenere lo stesso obiettivo noi dovremmo fare altrettanto. Quando si parla delle iniziazioni più alte fondamentalmente si sta parlando delle quattro iniziazioni del vaso, segreta, della saggezza e della parola che insieme costituiscono la trasmissione più elevata che il Maestro possa concederci. E queste iniziazioni ci vengono donate proprio da quei Maestri verso i quali dobbiamo prostrarci.
La ragione essenziale per cui dobbiamo mostrare rispetto nei confronti dei Maestri tantrici è perché il conferimento delle quattro iniziazioni rende la nostra mente idonea a progredire.
Più specificamente, la nostra mente diviene un sentiero adatto al miglioramento spirituale grazie alla pratica dello stadio di generazione e di completamento del tantra. È cioè possibile praticare i due stadi grazie al potenziamento che riceviamo durante le quattro iniziazioni. Quando si parla di coloro che si prostrano ai rispettivi Guru o Acharya non ci si sta riferendo a un solo buddha ma a tutti i buddha delle dieci direzioni e dei tre tempi. Tutti coloro che hanno raggiunto questo stadio finale sono passati per un simile sentiero.
Il terzo verso dice: “Tre volte al giorno dimostrerete con grandissima fede il rispetto che provate nei confronti del Guru che vi insegna (il sentiero tantrico) giungendo le mani, offrendo un mandala e dei fiori e prostrandovi con il capo a toccare i suoi piedi”.
Quando parliamo di offerta del mandala ci riferiamo all’offerta simbolica di tutto l’universo e di tutti i nostri possedimenti che si svolge come supremo atto di generosità per una, due, tre volte al giorno, e tutte le volte che sono opportune. Questo mandala viene offerto al nostro oggetto di devozione che è il Guru.
Il quarto verso dice: “Voi che avete voti di ordinazione e il cui Guru è un laico o più giovane, per evitare il disprezzo mondano (in pubblico) prostratevi di fronte a oggetti come testi sacri di sua appartenenza. Ma nella mente (prostratevi dinanzi al vostro Guru)”.
Questo verso si riferisce a una condizione particolare in cui la nostra guida spirituale è o un laico, nel caso in cui noi siamo monaci o monache, oppure è più giovane di noi. In entrambi i casi, poiché fare altrimenti potrebbe impressionare negativamente le persone che ci sono intorno, ci si prostra davanti a oggetti inequivocabilmente più nobili di noi, come i testi sacri, mentre in realtà dentro di noi ci prostriamo al nostro Guru. Si tratta cioè di un palliativo per evitare che la gente comune possa interpretare in modo erroneo le nostre azioni di devozione.
Questo abile metodo era già conosciuto secoli addietro, quando Nalanda, in India, era una grande università monastica. A quel tempo un grande Lama, Chandragomin, fu invitato a dare insegnamenti e poiché non era considerato corretto che i monaci si prostrassero a un laico egli, che lo era, si fece precedere da una statua di Maitreya per evitare che sorgessero critiche o proteste.
Un tempo, verso l’anno 1100, quando Drom Tompa era ancora vivo, in Tibet, nella regione di Penpo, (DromTompa era un grande Lama che si manifestava come un povero mendicante), durante un viaggio per raggiungere un monastero egli si accompagnò a una persona ricca che non aveva idea di chi fosse il suo compagno di viaggio. Il ricco si tolse le scarpe e disse a Drom Tompa di portargliele. Egli quindi le prese e se le mise sulle spalle ma giunti nei pressi del monastero, dove sapevano che Drom Tompa stava per arrivare, cominciarono a udire i preparativi per l’accoglienza, sentirono suonare le trombe eccetera. Il ricco chiese con noncuranza al suo accompagnatore che cosa stesse succedendo e Drom Tompa umilmente rispose: “Credo che stiano preparando qualcosa per me”. Il ricco a quel punto scappò via in gran fretta dimenticando perfino di riprendersi le scarpe. Drom Tompa, che era un laico, era una manifestazione di Avalokitesvara e si mostrava come una persona molto semplice e molto povera.
Sebbene il Guru possa essere una persona laica, o sia più giovane di noi, nei suoi confronti dobbiamo comportarci nel modo più appropriato e corretto possibile, facendo comunque attenzione alle apparenze in modo da evitare incomprensioni nelle persone che ci circondano.
Nel caso in cui il Guru sia più giovane, occorre adottare lo stesso comportamento che un discepolo ha verso il proprio Maestro, come viene descritto nel quinto verso: “Servire (il Guru) e dimostrargli il vostro rispetto significa obbedire a ciò che dice, alzarvi quando fa il suo ingresso e cedergli il vostro posto. Queste cose devono essere fatte anche da coloro che hanno ricevuto l’ordinazione (il cui Guru è un laico o è più giovane). Ma (in pubblico) evitate di prostrarvi e di compiere atti contrari alle usanze (come lavargli i piedi)”.
Vedete che il quinto verso esprime la necessità di svolgere azioni come alzarsi e cedere il proprio posto eccetera, ma apre una parentesi verso quelle attività che vanno contro il costume e le usanze del luogo come lavare i piedi al Guru nel caso che sia un laico o sia più giovane.
Il sesto verso dice: “Affinché gli impegni presi sia dal Guru sia dal discepolo vengano rispettati occorre un reciproco esame preliminare (per determinare se ciascuno di loro) possa affrontare una relazione Guru-discepolo”.
Quello che si vuole sottolineare è che qualsiasi sia la natura della relazione con il nostro Maestro, identificato come Maestro di sutra o come Maestro di tantra, nel momento in cui lo si riconosce come tale è necessario intraprendere un rapporto corretto. La non correttezza di tale relazione fa insorgere dei gravi errori che possono produrre il degenerarsi degli impegni sia da parte del Maestro che del discepolo. Questa degenerazione fa accumulare molto karma negativo. È quindi importante che, come viene detto nella Grande esposizione del sentiero verso l’illuminazione, una volta determinata la relazione discepolo-Maestro (di sutra o di tantra) è importante che essa venga mantenuta in modo esatto.
Perciò è necessario procedere a una reciproca analisi prima di considerare una persona come idonea a essere nostro Maestro o discepolo. Il Maestro deve controllare se la persona che gli sta davanti abbia i requisiti per diventare un suo discepolo, cosa che stabilisce soprattutto sulla base del suo comportamento. D’altro lato il discepolo, prima di decidere che una persona diventi il proprio insegnante, deve osservarne attentamente sia il comportamento che la pratica. Per essere completamente sicuri di aver preso la decisione giusta bisogna analizzare e controllare accuratamente e per un certo periodo di tempo: nei testi si indicano quattro mesi, un anno o anche più.
Quali sono le qualità che il discepolo deve accertare nella persona che diventerà suo Maestro? Sono il fatto di non avere difetti mentali, cioè non essere una persona irascibile, afflitta da grande attaccamento e passionalità, da grande odio o grande orgoglio, non deve cioè essere dominato dai difetti mentali. Questo è il criterio più evidente per giudicare il futuro Maestro e ciò implica che se quella persona possiede tali difetti non è idonea a essere nostro maestro.
Una volta esaminato come non dovrebbe essere l’insegnante, si forniscono una serie di indicazioni a parte per illustrare come invece dovrebbe essere
A questo proposito seguono il settimo e l’ottavo verso, in cui si fa menzione in modo molto conciso delle varie qualificazioni di un Guru idoneo, che sono state estrapolate da diversi sutra e in particolare dal testo di Maitreya Mahayanasutralamkara (L’Ornamento per i sutra del Grande Veicolo):
“Un discepolo di buon senso non dovrebbe accettare come Guru una persona senza compassione o soggetta alla collera, immorale o arrogante, possessiva, indisciplinata o che si inorgoglisce della sua conoscenza.”
“Un Guru dovrebbe essere stabile (nelle sue azioni), educato nel linguaggio, saggio, paziente e onesto. Non dovrebbe nascondere le proprie manchevolezze né fingere di possedere qualità che non ha. Dovrebbe essere esperto nei tantra e nei loro rituali (per guarire o eliminare gli ostacoli). Inoltre, dovrebbe possedere un’amorevole compassione e la completa conoscenza delle scritture.”
Sebbene nell’ottavo verso, che cita direttamente le parole di questo sutra, il contenuto sia da interpretare, si parla fondamentalmente di dieci qualità che un Guru idoneo dovrebbero possedere. Tre qualità sono basilari e dovrebbero essere immediatamente palesi: un Guru dovrebbe essere disciplinato, pacificato ed estremamente pacificato. Queste tre qualità sono da ritenersi il risultato derivante dalla profonda conoscenza e dalla pratica dei tre addestramenti superiori. L’addestramento superiore della moralità è quello che fa sì che il Guru sia disciplinato ed è in qualche modo il risultato della sua grande familiarità con l’addestramento nella disciplina. La pacificazione è una serenità mentale determinata dalla grande familiarità con l’addestramento superiore nella stabilizzazione meditativa. L’essere estremamente pacificato è in relazione all’avere abbandonato le attitudini negative e gli ostacoli che ne sono il frutto attraverso l’addestramento superiore nella saggezza.
Oltre a queste tre fondamentali qualità, deve inoltre averne altre, come il possedere più conoscenza del discepolo, essere dotato di grande sforzo gioioso nella virtù, di grande entusiasmo ed essere una miniera di grande conoscenza scritturale.
Il Guru deve avere anche una grande pazienza, deve essere dotato di una mente che non si scoraggia e non esaurisce la sua energia; deve essere instancabile, cioè essere una persona che per il beneficio del proprio discepolo, e al solo vederlo, riesce a superare le difficoltà e la stanchezza fisica e mentale che può magari star sperimentando in quel momento. Deve essere una persona la cui energia e attitudine a insegnare sia instancabile e dotato di grande compassione; deve avere una esatta conoscenza e comprensione della vacuità.
Come vedete, nella seconda riga dell’ottavo verso si esplicita il fatto che il Guru non dovrebbe nascondere le proprie manchevolezze o esagerare le proprie qualità o fingere di avere qualità che non possiede. Questo è un aspetto importante: il Maestro non deve nascondere eventuali difetti con il proposito di mantenere una buona reputazione né fingere di avere qualità che non possiede o esagerare le qualità che possiede ma deve essere una persona molto retta e coerente con i suoi limiti.
Oltre a quelle possedute dal Maestro dei sutra, un Maestro dei tantra deve avere ulteriori qualità, come ad esempio essere esperto nel conferire i vari rituali del tantra e quindi essere in grado di compiere i diversi tipi di azioni necessarie alla sua pratica, conoscere le varie sostanze connesse ai rituali, ad esempio avere una vasta conoscenza della medicina e di come comporre e somministrare medicamenti. Bisogna cioè che egli conosca i diversi tipi di elementi da raccogliere e mescolare secondo un determinato equilibrio.
Ad esempio, nei vasi relativi alle varie iniziazioni delle quattro classi del tantra vi sono diversi tipi di sostanze, e cioè abbiamo sostanze per il Krya, Charya, Yoga e Mahanuttara Yoga Tantra. Il Maestro deve sapere come utilizzare queste sostanze in relazione ai diversi tipi di rituali. Il motivo per cui dovrebbe conoscerle esattamente e sapere come farne delle medicine è perché il loro impiego corretto è uno dei fattori che determina il veloce ottenimento delle realizzazioni. Quindi, allo scopo di indurre velocemente le realizzazioni nel continuum del proprio discepolo, il Maestro deve conoscere queste cose. Queste sono alcune che un Guru del tantra dovrebbe possedere.
Come abbiamo detto in precedenza, il Guru deve avere una profonda conoscenza scritturale ed essere mosso da una grande attitudine compassionevole. La compassione è estremamente importante perché è il fattore che spinge ad agire per il beneficio altrui. Se il Maestro non è dotato della grande compassione non porrà sforzo per eliminare la sofferenza dei propri discepoli e per condurli allo stato di felicità più completo. Non si impegnerà per raggiungere questi obiettivi. È quindi fondamentale che il Guru sia dotato di una simile attitudine altruista.
L’importanza della grande compassione come fonte di tutte le eccellenti qualità del sentiero è sottolineata anche da Chandrakirti nel Madyamikavatara, quando all’inizio del testo egli elogia la grande compassione come fonte di tutte le qualità supreme del sentiero.
La grande compassione è identificata come la radice di tutte le eccellenti qualità proprio per la sua caratteristica di essere la base di ogni progresso futuro. La porta che delimita il grande veicolo è la mente dell’illuminazione, la bodhicitta, che trova il suo fattore di generazione principale nella grande compassione. La grande compassione è così importante che viene definita fondamentale nei tre momenti: all’inizio, a metà e alla fine.
All’inizio, nella fase in cui si genera la mente dell’illuminazione, o bodhicitta, è fondamentale perché trova il suo costituente principale in una attitudine altruista che agisce per il beneficio altrui e questa attitudine non è niente altro che la grande compassione, quella disposizione mentale che ha come obiettivo prioritario il dedicarsi totalmente al bene degli altri esseri.
È fondamentale a metà perché, una volta generata, la mente di bodhicitta deve in qualche modo esprimersi in attività che vengono sostenute dalla costante presenza di questa attitudine altruista, o grande compassione.
È fondamentale alla fine perché, una volta raggiunto l’obiettivo della mente dell’illuminazione, cioè lo stato dell’illuminazione stesso, il fattore che determina il girare la ruota del Dharma è il desiderio di beneficiare gli esseri e quindi lo stato di buddha è determinato dalla presenza della grande compassione.
Finora abbiamo menzionato quasi esclusivamente le qualità di un Guru dei sutra. Nel nono verso vengono introdotte in modo conciso alcune qualità del Guru dei tantra: “Il Guru dovrebbe essere perfettamente esperto nei dieci campi, abile nel disegno dei mandala, totalmente capace di spiegare i tantra e di tenere sotto controllo la sua pura e suprema fede e i suoi sensi”.
Oltre alle qualità condivise con il Maestro dei sutra, il Maestro del tantra deve avere dieci specifiche qualità interne e dieci esterne.
La prima delle qualità esterne è l’essere abile nel disegno, nella costruzione e nella visualizzazione dei mandala, le dimore delle divinità.
La seconda è l’abilità di mantenere differenti stati di stabilizzazione meditativa e consiste nel riuscire a restare stabilmente concentrati su tali mandala creati con la mente.
La terza è l’essere abile nei mudra che accompagnano i rituali. Quando si parla di mudra si parla della gestualità fisica ma anche di altri mudra che non sono esterni e che comunque devono essere sotto il completo controllo del Guru.
La quarta qualità esterna è l’essere abile nel compiere danze rituali. Non si tratta di balli ma della gestualità completa che il corpo deve assumere per produrre differenti risultati a seconda dei tipi di rituali. Sono movimenti fisici simili a danze che hanno un proposito rituale.
La quinta qualità è relativa alla conoscenza delle diverse posizioni di meditazione. Ciò significa che a seconda delle varie occasioni meditative vi sono diversi tipi di posizione. Per esempio, rispetto alle puje del fuoco si assumono varie posizioni ad esse collegate come nella puja di pacificazione che deve essere compiuta nella posizione del loto eccetera e ciascuno di questi rituali ha differenti tipi di posizioni karmicamente equivalenti con l’attività che il Maestro compie e che deve conoscere.
La sesta è l’essere abile nei vari tipi di recitazione di mantra relativi ai diversi tipi di tantra. Vi sono mantra che comportano speciali tipi di modulazione, intonazione e modi di recitare in relazione alle attività che si devono compiere: pacifiche, irate, interne, esterne, vajra. Ad esempio, la recitazione più conosciuta è quella del mantra eseguito in modo che la persona che lo recita ne riconosca il significato e le parti mentre la persona che gli sta di fianco non è in grado di sentire e comprendere quello che l’altro pronuncia. Quindi c’è un particolare modo di impostare la recitazione che impedisce alle persone vicine di individuare cosa si stia recitando.
In generale, la recitazione del mantra deve essere libera da cinque errori e impurità: non deve essere troppo accelerata, troppo lenta, troppo alta, troppo bassa, e deve essere sillabata in modo chiaro. La recitazione irata è quella praticata nei monasteri tantrici. Per esempio, nel collegio tantrico del Ghiume si recita il mantra irato impostando la voce in modo da generare un particolare effetto.
La settima qualità è l’offerta delle puje del fuoco. In questo caso il Guru deve conoscere perfettamente i differenti tipi di rituali del fuoco. In genere ve ne sono quattro: di pacificazione, di incremento, di potere, di ira. Ognuno implica una diversa base o mandala di offerta e ha diverse forme, misure e incisioni. Il Maestro deve conoscere perfettamente come eseguire tutti questi diversi rituali e sapere anche quali sono le dodici sostanze che vengono generalmente utilizzate in essi.
Conoscere queste dodici sostanze implica non solo conoscere quali esse siano ma anche i risultati che ne conseguono. Ognuna di esse, infatti, ha un attributo peculiare che le permette di far maturare un determinato risultato. Alcune possono allontanare ostacoli, altre incrementano i meriti e la saggezza di colui che la offre eccetera. Ad esempio, gli yan shin, i bastoncini di una determinata misura, hanno la funzione di incrementare o far maturare la mente dell’illuminazione. Queste sono considerate sostanze principali. Altre, come la senape, servono a eliminare le interferenze e gli ostacoli. Il burro ha la proprietà di eliminare gli ostacoli che si frappongono fra noi e lo stato di illuminazione e di liberazione. Generalmente, per poter ottenere lo stato della perfetta illuminazione bisogna superare vari tipi di ostacoli e il burro rappresenta sia il fattore che elimina questi ostacoli sia il fattore coadiuvante che incrementa le diverse condizioni cooperanti per ottenere tale obiettivo. I semi di sesamo neri servono a eliminare il karma negativo e le oscurazioni che si sono accumulate nel passato. Vi è una puja specifica eseguita allo scopo di eliminare il karma negativo e le ostruzioni, la puja a Dorje Khadro, che consiste sostanzialmente nel gettare dei semi di sesamo nero, che simboleggiano le attività negative compiute in passato, ammonticchiati sulla mano in forma di scorpione. I semi così raggruppati vengono offerti poco alla volta, in modo da eliminare le attività negative e le oscurazioni accumulate in passato. Il Guru deve quindi essere esperto in queste varie attività e conoscere le loro funzioni.
Come ottava qualità c’è l’essere capaci di fare offerte: ciò implica una conoscenza molto estesa poiché vi sono differenti tipi di offerta in relazione a diversi contesti e situazioni. Per esempio, le torme sono di varie misure, forme e composizioni, tutte in relazione alle diverse divinità e attività per cui vengono offerte. Questi dolci rituali, composti di svariate sostanze e di diversi colori, vengono offerti anche in modo diverso uno dall’altro, sempre in relazione al tipo di divinità e di attività. Il Guru deve saper fare tutto ciò e anche le offerte esterne, cioè quelle offerte che sono oggetti delle coscienze sensoriali, come ad esempio argham, padyam eccetera e il cui fine è quello di stimolare le coscienze sensoriali. Deve conoscere le offerte interiori, in cui egli genera le sostanze chiamate ‘cinque carni e cinque nettari’ e deve inoltre essere esperto nel creare e presentare le offerte segrete e le offerte della talità o vacuità.
Il Guru deve quindi saper generare e donare tutti questi quattro tipi di offerte.
Come nona qualità deve essere in grado di condurre un cerimoniale o un rituale e ciò implica la conoscenza di diversi aspetti come: pacificare le dispute, incrementare la vita, la conoscenza e la ricchezza, saper indurre il potere di controllo sugli altri, eliminare in modo irato i vari tipi di interferenze.
Come decima qualità deve essere in grado di invocare e riunire le divinità.
Queste sono le dieci qualità esterne che un Maestro (Acharya) del tantra dovrebbe possedere e che un discepolo deve conoscere per potersi affidare a una valida guida.
In questo testo non sono invece descritte le qualità del discepolo.
Ne Le quattrocento stanze della via di mezzo il discepolo deve possedere tre tipi di qualità fondamentali: deve essere una persona retta, onesta nelle azioni di corpo, parola e mente; deve possedere una intelligenza discriminante; deve sforzarsi nel realizzare ciò che gli viene insegnato.
Nel Pramanavartika queste tre qualità vengono spiegate ulteriormente con l’aggiunta di una quarta. Il modo di spiegare le quattro qualificazioni del possibile discepolo avviene prima menzionando ciò di cui un discepolo deve essere privo e poi menzionando le qualità opposte di cui deve essere dotato.
Come deve essere un non-discepolo? Egli deve avere grande attaccamento per gli oggetti mondani; deve avere una mente non saggia, che non sa cosa è giusto e cosa è sbagliato; non deve porre sforzo nel sentiero virtuoso; deve avere difetti come gelosia e irascibilità. Tale persona, quindi, non è qualificata per essere un discepolo.
Perciò, un discepolo non deve avere attaccamento; deve saper discriminare tra giusto e sbagliato; deve porre sforzo nel sentiero virtuoso; deve essere libero da intensi difetti mentali, come gelosia e ira. Colui che possiede queste prerogative è definito come essere un discepolo appropriato.
Secondo L’ornamento per le chiare realizzazioni il discepolo deve invece avere tre caratteristiche: deve servire e rendere omaggio ai buddha e bodhisattva; deve accumulare le radici di virtù; deve seguire fedelmente il proprio Maestro spirituale. E il verso dice: “questo è il modo corretto”.
Abbiamo visto quali sono le qualificazioni di un valido Maestro dei sutra e dei tantra e quali sono le qualificazioni di un discepolo corretto. È detto che in questa epoca degenerata è molto difficile trovare un Maestro completamente qualificato ma viene altresì affermato che è sufficiente trovare un Maestro più capace di noi.
Il Maestro deve essere una persona più abile del discepolo perché sarebbe inutile avere come guida una persona con capacità pari o inferiori alle nostre, poiché non potremmo accrescere le nostre qualità e quindi non potremmo progredire. Dipendere da un Maestro con qualità inferiori farebbe diminuire le nostre qualità, e dipendere da un Maestro con pari qualità non ci farebbe crescere. Quindi, per crescere e incrementare le nostre qualità occorre seguire un nobile essere, un Maestro che abbia maggiori qualità.
Il Buddha si manifesta per guidare il discepolo se questi ha una fede sufficientemente forte. Di fatto, è importante avere una grande fiducia. Questo non vuol dire avere una fede cieca poiché la fede veramente importante è quella che si basa su delle valide ragioni e queste ragioni, sostegno della fede, consistono in una attenta valutazione del Maestro prima di accettarlo come tale. È perciò necessario valutare attentamente una persona per vedere se corrisponde ai criteri che fanno di lei un insegnante adatto, e una volta valutati tali requisiti questi costituiranno le ragioni valide che supportano la fede e che fungono poi da base per la nostra relazione.
La fede basata su ragioni è un fattore molto importante perché la forza delle benedizioni che riceviamo è direttamente proporzionale all’accuratezza e alla potenza della nostra fiducia. In un sutra si pone molta enfasi sull’aspetto della fede perché essa è indicata come fonte delle grandi virtù bianche, delle grandi qualità virtuose. In questo sutra è infatti detto che la fede è la fonte di tutti i fenomeni, o dharma, bianchi e i dharma bianchi possono crescere solo sulla base della fede così come i germogli possono crescere solo sulla base dell’esistenza di semi posti nella terra. In un altro sutra si dice che la fede genera le qualità, come la madre genera i suoi figli. La fede è raffigurata come madre, generatrice di tutte le qualità.
Quindi, è talmente importante avere fede nel proprio Maestro che il Guru, in particolare nel sentiero del tantra, dovrebbe essere considerato come inseparabile dalla divinità.
Dovremmo ora generare una motivazione corretta e adeguata all’insegnamento del Grande veicolo. Così come Maitreya afferma in un testo, la generazione della mente è la porta di entrata del grande veicolo e questo implica che dovremmo sviluppare la motivazione che desidera ottenere la illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Sulla base di questa motivazione ci apprestiamo ad ascoltare gli insegnamenti del grande veicolo. La mente di bodhicitta ha le proprie radici nella compassione e nell’amore, che sono i due pilastri sulla base dei quali si genera, o dipende, la mente dell’illuminazione.
La pratica per sviluppare l’attitudine corretta dovrebbe consistere in un mutamento radicale del nostro atteggiamento che implica uno spostamento dell’attenzione dalla nostra persona verso gli altri. Dovremmo cioè cambiare quell’abituale atteggiamento che considera la nostra persona come la cosa più importante, che concentra ogni attività e attenzione su di essa, e spostare invece l’attenzione sugli altri. Da tempo senza inizio fino a ora il responsabile dei nostri disagi è stata appunto questa univoca attenzione su noi stessi, questa mente egoista, una mente che ha accuratamente evitato di generare un vero atteggiamento altruista. Se vogliamo avere dei buoni risultati dobbiamo invertire questi due poli e prendere come principale oggetto della nostra cura gli altri, cercando di ridurre la spasmodica attitudine centrata su noi stessi.
Riprendiamo il testo da dove lo abbiamo lasciato ieri. Il decimo verso dice: “Se, dopo essere divenuti discepoli di tale (Guru) protettore, doveste giudicarlo indegno dal profondo del cuore, maturerete una incessante sofferenza proprio come se aveste disprezzato tutti i Buddha”.
Questo verso indica il pericolo di cambiare la nostra attitudine verso il Guru, verso quella persona che abbiamo già stabilito essere il nostro Maestro. Una volta deciso che una persona è adatta a guidarci nel sentiero dobbiamo sviluppare una relazione corretta. Se così non è e se ad esempio la relazione viene incrinata da una critica molto severa nei confronti del proprio Maestro e quindi in qualche modo degeneriamo il rispetto che gli dobbiamo, allora incorriamo in un grave errore che ostacolerà il nostro progresso nel sentiero.
L’undicesimo verso afferma: “Se siete così folli da disprezzare il vostro Guru, contrarrete malattie contagiose o causate da spiriti maligni. Morirete (di morte orribile) a causa di demoni, calamità o veleno”.
Sostanzialmente, dal momento che uno dei voti radice del tantra è ‘non disprezzare il proprio Guru’, il fatto di degenerare questo impegno mancando di rispetto alla propria guida spirituale è causa di una grande accumulazione di karma negativo. Questo è ciò che viene enfatizzato nel verso in questione.
Nel momento in cui abbiamo un Guru che ci introduce nel sentiero del tantra tramite il conferimento della iniziazione, i commentari e le istruzioni orali allora stabiliamo una particolare relazione suggellata con dei voti, che sono appunto i voti tantrici. Uno dei voti radice è precisamente il ‘non disprezzare il proprio Guru’ e la loro degenerazione apre le porte all’accumulazione di molto karma negativo, la cui conseguenza sono risultati come la morte prematura, il rinascere nei reami inferiori, le malattie, le morti causate da spiriti o veleno eccetera.
Non c’è molto da aggiungere, in questo verso sono semplicemente elencati alcuni degli effetti sperimentabili nel caso che si incorra in questo errore.
Il dodicesimo verso dice: “Sarete uccisi da sovrani (malvagi) o dal fuoco, da serpenti velenosi, acqua, streghe o briganti, da spiriti malefici o esseri selvaggi e rinascerete in un inferno”.
Anche questo è chiaro, quando si dice ‘sarete uccisi da sovrani malvagi’ significa essere giustiziati secondo le leggi locali, ‘uccisi dal fuoco’ si riferisce alla morte per cataclismi generati dallo squilibrio dei quattro elementi, oppure ‘si viene uccisi da animali, oppure dall’intervento di spiriti cannibali femminili, oppure da banditi o da altri tipi di spiriti’. Si può essere uccisi anche a seguito di rapine, dai banditi, eccetera. Vi sono cioè una serie di effetti causati dalla degenerazione della relazione con il proprio Guru. Il consiglio è quindi di stare attenti.
Il tredicesimo verso è anch’esso abbastanza evidente: “Non turbate mai la mente del vostro Guru. Se sarete così sciocchi da fare ciò, sicuramente finirete a bollire in un inferno”.
Come interpretare ‘non turbate la mente del Guru’? Ci si riferisce fondamentalmente al fatto di renderlo infelice: dovremmo evitare di causare infelicità nella mente del nostro Guru, di dispiacerlo in qualsiasi modo, altrimenti sperimenteremo questi risultati indesiderati.
Le cause che possono rendere infelice il Guru sono molte. Alcune, le più evidenti, sono il non praticare come si dovrebbe, quindi il non mettere in atto i consigli che si ricevono e per certi versi allontanarsi da quella che è una condotta virtuosa o, ancora più esplicitamente, danneggiare gli altri esseri senzienti. Quando ci si impegna in queste due attività negative si causa l’infelicità del proprio Guru.
Non si pretende che le persone possano seguire in modo perfetto ciò che il Guru consiglia, perché siamo esseri ordinari e la nostra ordinarietà è dettata dal fatto di trovarci sotto l’influenza dei difetti mentali. Quindi l’avere difetti mentali molto forti provoca la nostra impossibilità ad aderire in modo perfetto ai consigli del Guru. Questo è qualcosa di scontato. Si dovrebbe però cercare di fare il possibile per essere coerenti con i consigli del Maestro. Fondamentalmente, quindi, si parla di un netto divergere dai consigli del proprio Maestro, di un volontario allontanamento dal cammino che il Maestro ci ha tracciato. Questo è quello che si intende qui.
Il Guru, così come il discepolo, hanno rispettivamente dei voti, tra i quali quello di essere coerenti, e in questa coerenza vi deve essere il beneficio altrui. L’allontanarsi da questa condotta provoca la degenerazione di questi voti, sia da parte del Maestro che del discepolo e ciò naturalmente produce molti risultati negativi.
Nella relazione Guru-discepolo i vantaggi sono molti ma i rischi sono altrettanto grandi, sia da parte dello studente che del Maestro. È quindi necessario e importante mantenere il più correttamente possibile questa relazione proprio perché i rischi sono da entrambi i lati, sia da parte del Maestro che del discepolo.
Se si degenera la nostra relazione, uno dei risultati è quello di rinascere in uno degli inferni e c’è un inferno particolare che aspetta coloro che degenerano uno dei voti tantrici principali, come quello di disprezzare il proprio Guru.
È ciò che viene descritto nel quattordicesimo verso: “Per quanti inferni spaventosi possano essere stati insegnati, come gli inferni Avici o l’inferno della Continua Sofferenza, è chiaramente spiegato che coloro che disprezzano il proprio Guru dovranno rimanervi (per un periodo molto lungo)”.
Tra i reami infernali troviamo la sezione degli inferni caldi, che sono otto, e uno di questi è l’inferno della Sofferenza interminabile qui menzionato.
Il reame infernale è un reame da cui si esce difficilmente, vi si rimane per molto tempo, proiettati dalla causa che lo ha determinato, e se ne esce con difficoltà. Apriamo una parentesi: poiché siamo esseri ordinari abbastanza miserevoli, la rinascita nei reami infernali è quasi assicurata. È pressoché inevitabile andare negli inferni, sia che rompiamo o meno i voti tantrici. Ci sono però dei vantaggi a finire negli inferni avendo ricevuto i voti tantrici, perché una cosa è andare negli inferni non avendo ricevuto alcuna iniziazione e voto tantrico e un’altra è rinascere negli inferni avendo però ottenuto i voti del tantra. Vi è un vantaggio che è stato menzionato anche da Kiabje Song Rinpoce in uno dei suoi discorsi in cui diceva che di per sé gli esseri senzienti molto difficilmente evitano il fatto di finire negli inferni e che quindi, fra le due cose, è molto meglio arrivarci avendo ricevuto un’iniziazione tantrica perché si rimarrà negli inferni per un tempo inferiore e poi si sarà proiettati in reami superiori, come quello umano, in cui si avrà una base perfetta, la preziosa rinascita umana, caratterizzata dalle sue libertà e ricchezze che serviranno per un progressivo miglioramento. Quindi, di fatto c’è un vantaggio nel ricevere l’iniziazione e i voti del tantra anche se si incorre nella loro inevitabile rottura.
Normalmente, il sentiero del tantra e i voti ad esso connessi sono rappresentati come una specie di tunnel, di canale molto stretto in cui si muove un serpente che siamo noi. Quando il tubo è molto stretto il serpente può andare solo su o giù, non può cambiare e non può trovare una porta intermedia, per cui deve per forza arrivare all’uscita opposta. Una volta ricevuti i voti del tantra succede la stessa cosa: se si rispettano e se quindi la nostra attitudine tende verso l’alto, inevitabilmente rinasceremo nei reami superiori. Se invece il nostro comportamento non è coerente, allora non c’è modo di potersi fermare a metà ma si precipita fino in fondo. Quindi ci sono solo due modi, o si va su o si va giù. Ecco perché, una volta ottenuta l’iniziazione, il consiglio è di non comportarsi in modo negativo.
Il quindicesimo verso dice: “Perciò, addestratevi con tutto il cuore a non disprezzare mai il vostro Maestro tantrico, il quale non fa sfoggio della sua grande saggezza né delle sue virtù”.
Il messaggio è quello di evitare di generare un intenso disprezzo verso il Guru. Il disprezzo equivale a vedere errori nel proprio Maestro. Si dice che un altro dei risultati del disprezzare il proprio Guru è quello di avere in sogno degli incubi e dei responsi immediati.
Una volta stabilita questa relazione con un Maestro qualificato dobbiamo cercare di non generare una mente critica che costantemente vede dei difetti ma, come dice Sua Santità il Dalai Lama, la cosa migliore da fare è rimanere in uno stato di equanimità, cioè mantenere una mente non troppo tesa da un lato né dall’altro. Dovremmo rimanere in equilibrio mentale.
Credo proprio che Sua Santità volesse riferirsi al fatto che è esattamente come quando noi tendiamo a identificare le persone che ci circondano in tre differenti modi – coloro che ci beneficiano e verso cui abbiamo attaccamento, sono amici; le persone che ci danneggiano e verso cui abbiamo un’attitudine di avversione sono nemici; altre persone che non sono particolarmente né di beneficio né di danno le consideriamo in un modo equanime in cui non c’è una relazione che tende verso uno dei due poli – e che volesse proprio enfatizzare l’ultimo tipo di attitudine, cioè avere verso il Guru uno stato mentale di equanimità libero dai due poli.
Il sedicesimo verso verte sulla necessità di fare offerte e mostrare rispetto al Guru: “(Se per mancanza di consapevolezza siete stati irriverenti) verso il vostro Guru, presentategli rispettosamente un’offerta e chiedete il suo perdono. In questo modo in futuro non vi accadrà alcuna disgrazia o altro tipo di calamità”.
Quello che si dovrebbe fare è di agire con devozione verso il proprio Guru cosa che, così come viene descritto nel Lam-rim, si esprime attraverso il comportamento. Abbiamo due modi di esprimerci: uno mentale e uno fisico. L’espressione fisica non è altro che il nostro comportamento e ciò che viene presentato nel sedicesimo verso è un aspetto di questo comportamento.
Il diciassettesimo verso dice: “È stato insegnato che al Guru (visualizzato della stessa entità della vostra divinità di meditazione) a cui avete dato la vostra parola d’onore dovreste sacrificare volentieri la moglie, i figli e la vostra stessa vita, anche se queste non sono cose (facili) da abbandonare. Occorre ricordare quanto sia effimera la vostra ricchezza?”.
In questo caso si intendono i possedimenti che normalmente vengono ritenuti così intimi e personali da pensare impossibile poterli donare o condividere con altri. Sono invece proprio questi beni gli oggetti di offerta da donare al Guru. Qualsiasi possedimento si abbia, persino la vita stessa, dovrebbe essere ritenuto come un oggetto appropriato da offrire al Guru. Per comprendere quanto questi oggetti siano effettivamente appropriati dovreste osservare le vite passate del Buddha che, con l’intento di raggiungere lo stato della completa illuminazione, ha fatto della generosità uno dei suoi scopi principali. Egli ha operato grandi atti di generosità e ha più volte offerto il proprio corpo, sia per il raggiungimento dello stato di buddha che per promuovere e mantenere l’insegnamento del dharma nel mondo. In diverse occasioni delle sue vite ha offerto le mogli, i figli, i vari possedimenti, la vita stessa, in modo totale e per l’ottenimento dell’ultimo scopo, cioè lo stato di buddha per il beneficio di tutti.
Un tempo Lama Yeshe, quando era ancora in vita, raccontò la storia di due famiglie in cui la moglie del componente di una famiglia andava con il marito dell’altra. Non era una storia inventata ma un fatto reale per cui gli era stato richiesto un parere. E Lama Yeshe consigliò alla persona che stava sperimentando quella particolare situazione di non fare nulla, di andare semplicemente dall’altra famiglia, fare tre prostrazioni a sua moglie e all’altro uomo e poi offrirgli sua moglie.
Quella persona prese alla lettera il consiglio, si munì di kata e si recò nella casa in cui c’era l’altro uomo con sua moglie, entrò, fece tre prostrazioni, gli offrì la kata e poi gli offrì anche la moglie.
“È vero, credo che sia corretto” dice Ghesce-La. “Questo è un tipo di comportamento che potete trovare spesso nelle storie delle vite di Buddha”.
L’ultima riga del verso sta a significare che se la moglie, i figli, la propria vita, sono adeguati oggetti di offerta per il proprio Maestro, figuriamoci le altre cose, come i gioielli, il denaro e gli altri possedimenti che sono di valore inferiore. È sottinteso che siano adatti a essere offerti.
Il diciottesimo verso dice: “(Tale pratica di offerta) può addirittura aiutare un discepolo zelante a ottenere la buddhità in questa vita, che altrimenti sarebbe difficile raggiungere perfino in innumerevoli milioni di eoni”.
Il verso mostra quanto sia importante e preziosa l’attività del Maestro perché egli è in grado di abbreviare il tempo che colui che segue il sentiero del sutra avrebbe bisogno per ottenere lo stato dell’illuminazione. In tale sentiero il tempo minimo per ottenere lo stato di Buddha sono alcuni incalcolabili eoni.
Se il discepolo è coscienzioso e mette in pratica, in modo assiduo e corretto, ciò che gli viene insegnato, attraverso il sentiero del tantra questo periodo può invece essere considerevolmente diminuito, tanto da riuscire ad ottenere l’illuminazione anche in una sola vita. E questa possibilità ci è data sulla base della gentilezza del Maestro che dà insegnamenti del tantra.
Nell’ambito del tantra, un discepolo zelante e fornito di una buona accumulazione di meriti può addirittura abbreviare il tempo richiesto per ottenere l’illuminazione da una vita a un periodo di tre anni, tre mesi e tre giorni. È possibile ottenere l’illuminazione in un così breve periodo di tempo e chi ci riesce è anche in grado di migrare nella Terra Pura delle dakini senza abbandonare il proprio corpo. Vi sono molte storie che narrano di grandi praticanti altamente realizzati che, dopo la pratica, potevano vedere direttamente Vajrayoghini che li portava nella sua Terra Pura.
Questo è successo e vi racconto una storia che lo illustra: in Tibet vi era un grande praticante tantrico, Drugpa Kunle. Una volta, mentre era in viaggio in una determinata regione, giunse in una casa dove abitava una persona anziana, il nonno, e due giovani, marito e moglie. Quando arrivò alla casa, il nonno gli chiese di insegnargli il dharma. Drugpa Kunle gli diede il ‘suo’ dharma: prima gli enunciò le qualità della vagina e poi gli disse di recitare il mantra ‘prendo rifugio nella vagina’. Il vecchio cominciò a recitare ininterrottamente e a voce alta questo mantra finché la giovane donna si irritò e lo rinchiuse nel capanno degli attrezzi. Gli portava da mangiare tutti i giorni ma lo teneva chiuso nel capanno dove continuava a fare il suo ritiro. Accadde che il vecchio cominciò a capire che la vagina indicava la saggezza e il pene il metodo e che quindi, recitando questo mantra, egli prendeva rifugio nel metodo e nella saggezza. La saggezza era la chiara luce dell’esempio e il metodo era il corpo illusorio. Sebbene continuasse a recitare sempre la stessa cosa aveva però raffinato la sua comprensione e meditava su questi due aspetti. Quando una mattina la ragazza gli portò come al solito da mangiare il vecchio non c’era più, era sparito. La ragazza indagò in giro ma nessuno lo aveva visto e così pensò che fosse ammattito del tutto e se ne fosse andato. Finché non trovò una persona che invece le disse: “Ah sì, stamattina presto ho visto tuo padre che volava su un arcobaleno e se ne è andato nei reami celesti”. Questa sembra essere una storia vera e io ve la racconto semplicemente per farvi capire che anche un vecchio incapace e balordo, sulla base di questi insegnamenti, può trasformare la propria coscienza e ottenere questo tipo di risultati. Se ci sforziamo possiamo quindi ottenere il risultato definitivo.
Ringraziamo i centri FPMT per fornire questo prezioso materiale e tutti i volontari che con il loro lavoro seguono le trascrizioni, le revisioni e la pubblicazione degli insegnamenti sul nostro sito, senza i quali tutto questo non sarebbe possibile.
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Per approfondire
Insegnamento dato dal Ven. Ghesce Ciampa Ghiatso presso il Centro Ewam di Firenze
il 26-27 novembre 1999
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