Vorrei esplorare la natura del karma, perché penso che questo concetto sia spesso piuttosto frainteso in Occidente. Ci sono varie interpretazioni, in diverse tradizioni religiose, ma qui ne esamineremo l’accezione buddhista.
La parola “karma” in sanscrito significa “azione”. Significa anche “lavoro”. Tutte le azioni che compiamo non solo con il nostro corpo, ma anche con la parola e con la mente sono espressioni del karma. E quel che conta è l’azione, non il risultato.
Il Buddha spiegò che con la parola karma intendeva “l’intenzione”, chetana. Quindi il karma è l’intenzione. Ciò significa che ogni azione intenzionale del corpo, della parola o della mente pianta dei semi nel nostro continuum mentale e prima o poi, in questa vita o in quelle future, quei semi germoglieranno e matureranno. La maturazione si chiama vipaka, che significa “risultato del karma” ed è ciò che sperimentiamo.
Dobbiamo capire che il karma non è una specie di destino prepotente o onnipervasivo. I semi piantati in passato germoglieranno, solo non sappiamo come e quando.
Se il karma è l’intenzione allora i semi che piantiamo non sono influenzati dall’azione in sé, ma dalla motivazione che ne sta alla base. Ogni volta che facciamo qualcosa, possiamo sempre giustificarla a noi stessi. Abbiamo sempre mille ragioni, valide e morali, per fare qualsiasi e di solito siamo in grado di addurre delle scuse per gran parte dei nostri comportamenti. Ma qual è la vera motivazione di fondo di ciò che facciamo, diciamo e pensiamo? Perché è questa la vera intenzione, non quella con cui ci giustifichiamo, che colora e influenza i tipi di semi che piantiamo. Per questo nella pratica buddhista si dà grande enfasi alla consapevolezza: dobbiamo diventare consapevoli non solo della facciata delle nostre azioni, dei nostri pensieri e delle nostre idee, ma anche di ciò che sta realmente accadendo sotto la superficie.
Per rendere le cose più comprensibili, la psicologia buddhista divide le motivazioni in quelle che vengono chiamate le “sei radici”: tre radici negative e tre radici positive, considerate i moventi di fondo qualsiasi azione. Anche se è una semplificazione, è sorprendente come tale classificazione chiarisca effettivamente ciò che facciamo, diciamo e pensiamo. Le tre radici negative sono i nostri “vecchi amici”, i tre veleni: l’ignoranza, l’avidità (o desiderio) e la rabbia (o odio). Qualsiasi azione compiuta con una motivazione dettata dall’ignoranza, dall’avidità o dalla malevolenza è negativa e alla fine si tradurrà in effetti negativi. L’atteggiamento opposto – la non-ignoranza, la non-avidità e la non-malevolenza – ci porta invece ad agire con comprensione, o chiarezza, con distacco, generosità (l’opposto dell’avidità è la generosità, che significa voler condividere e dare, piuttosto che tenere tutto per sé); con amorevolezza e compassione. Queste tre radici positive porteranno alla fine a un ottimo raccolto. Pertanto, è necessario capire davvero cosa stiamo facendo e perché lo stiamo facendo e analizzare con la massima cura possibile la situazione.
Da un punto di vista buddhista, abbiamo tutti vissuto innumerevoli vite in tante forme diverse: come uomini e donne, come esseri umani e come animali, come spiriti e come ogni sorta di creatura vivente. Non c’è quasi nulla che non abbiamo già fatto, prima o poi. Questo è uno dei motivi per cui siamo così interconnessi a tutti gli esseri: abbiamo condiviso le loro esperienze, anche se ora le abbiamo dimenticate. A volte siamo alti, a volte siamo bassi; a volte siamo poveri, a volte siamo ricchi; a volte siamo molto intelligenti, a volte siamo piuttosto stupidi. Abbiamo fatto tutto. A volte siamo stati brave persone e altre siamo stati assolutamente orribili. Chi siamo quindi per giudicare il prossimo quando probabilmente abbiamo già sperimentato tutto, fatto di tutto in un momento o in un altro di un tempo senza inizio? Ed è proprio perché abbiamo piantato così tanti semi diversi, che anche se in questa vita siamo davvero delle brave persone, è possibile che dobbiamo sperimentare i risultati di un raccolto che seminato in tempo precedente, un raccolto molto negativo. Quindi, nonostante ora siamo persone molto buone – sempre gentili e generose – potremmo avere una vita difficile e piena di ostacoli, forse una vita con problemi di salute o con persone che ci ingannano o qualsiasi altra avversità. Potremmo pensare che questo sia profndamente ingiusto: “Sono una persona così gentile, perché certe cose capitano proprio a me?”. Il motivo è che non siamo sempre stati delle brave persone. A volte, siamo stati orribili. Dobbiamo quindi sperimentare il risultato di quelle azioni passate. E dovremmo essere contenti, perché se ora reagiamo con una mente positiva, possiamo trasformare le avversità in insegnamenti sul sentiero, in un modo per imparare a coltivare la pazienza e la compassione per le sofferenze degli altri. Così non solo pianteremo buoni semi per il futuro, ma esauriremo quelli cattivi del passato.
Abbiamo piantato infiniti semi e quando si verificheranno le giuste condizioni germoglieranno. Dobbiamo accettarlo. E questo ci porta all’aspetto successivo dell’intera faccenda. Ora siamo qui e abbiamo questa vita. Non entriamo in questo mondo come fogli bianchi e immacolati. Chi di voi ha figli sa bene che ogni bambino è molto particolare fin dall’inizio. Lo guardiamo negli occhi ed è una persona! Portiamo con noi le tracce, o impronte, e il condizionamento di molte, molte vite. Quindi in questa ci accadranno certe cose, si verificheranno determinati eventi. Ma ci sono comunque infinite combinazioni, non è tutto prestabilito. Andiamo avanti e si presenta un bivio, se prendiamo una direzione incontreremo altre deviazioni, se ne prendiamo un’altra ne incontreremo di diverse. E’ così. Non c’è nessuna strada già tracciata per noi, una via predestinata.
Siamo i soli responsabili delle nostre vite, ora e in futuro. Dipende tutto da noi. Alla fine, non possiamo incolpare nessun altro. Naturalmente siamo influenzati da coloro che ci circondano: siamo influenzati dalla nostra educazione; siamo influenzati da molte cose. Ciononostante, alcune persone che hanno avuto vite estremamente traumatiche – un’infanzia terribile, esperienze disastrose nelle relazioni – ne escono più forti. Altre, che hanno avuto una buona educazione, non gli è mai successo nulla di veramente tragico, alla fine si suicidano. Sta a noi decidere se superare le nostre difficoltà e trovare il modo di utilizzare tutto ciò che incontriamo per rafforzarci oppure per essere costantemente depressi, amareggiati e ossessionati dai nostri ricordi, rafforzando il nostro senso di scarsa autostima. Le cose capitano. L’importante è il modo in cui vi rispondiamo.
Incontriamo qualcuno che ci dice qualcosa. Come risponderemo condizionerà la sua frase successiva. Se siamo scontrosi e arrabbiato riceveremo in cambio stupore e fastidio. La tensione aumenterà e ci sentiremo totalmente infelici. Andrà tutto storto. Ma se rispondiamo in modo cordiale e amichevole, sicuramente otterremo una risposta gentile e tutto prenderà una direzione più aperta.
Lungi dall’essere qualcosa solido e fatalistico, il karma, compreso esattamente per quello che è, esprime la nostra totale responsabilità. Abbiamo sempre uno spazio all’interno del quale possiamo scegliere tra una risposta abile o una non abile. Non è una situazione statica, non è qualcosa di tangibile. Il karma scorre e cambia costantemente mentre seguiamo nuove direzioni e a seconda di come affrontiamo il momento presente. Possiamo salire o scendere: è una nostra scelta. Non possiamo incolpare gli altri: non possiamo incolpare la nostra educazione, i nostri genitori, le nostre relazioni, o il governo, o il paese, o il tempo. Sta a noi, a ciascuno di noi, momento per momento, istante dopo istante. Agire in modo abile o non abile: la scelta è nostra. E questo è il karma, in breve.
Jetsunma Tenzin Palmo – Tradotto da Into the Heart of Life