Durante la meditazione di oggi queste cose si faranno più chiare. Ed è appunto attraverso l’analisi di ragioni di questo tipo che possiamo cambiare la nostra mente da una attitudine negativa ad una positiva.
Prima di ascoltare gli insegnamenti generiamo il pensiero di bodhicitta pensando: “per il beneficio delle madri esseri senzienti devo raggiungere l’illuminazione e per far questo ora intraprendo la pratica del Training Mentale”.
Ascolteremo gli insegnamenti del Training Mentale che sono l’essenza degli 84.000 insegnamenti del Buddha, e tra questi ascolteremo gli insegnamenti sulla grande equanimità che fanno parte del metodo del “cambiare noi stessi con gli altri”.
Ieri i titoli delle ragioni che sono state date sono diventati una piccola zuppa.
Ora faremo una zuppa indiana.
La grande equanimità è il pensiero completamente equanime per tutti gli esseri senzienti che desidera liberarli dalla sofferenza e portarli alla felicità ultima.
Il modo per creare dentro di noi questa grande equanimità si basa su due metodi che sono:
- il metodo, o verità, che tutto oscura
- il metodo, o verità, assoluto.
Esaminando il metodo che tutto oscura questo si basa su due ragioni, che si dividono in tre ragioni dalla parte degli altri e in tre ragioni dalla nostra parte.
Per quanto riguarda le tre ragioni dalla parte degli altri, la prima di queste, come viene menzionata nel testo chiamato Guru puja del sentiero Tantrico, dice “Sia io che tutti gli esseri senzienti allo stesso modo non desideriamo ottenere la sofferenza e desideriamo piuttosto ottenere ogni felicità”.
Occorre comprendere inizialmente che in questo contesto noi siamo tutti uguali a tutti gli esseri nel cercare di evitare la sofferenza e nel cercare di ottenere la felicità, poi decidiamo il da farsi
“Come potrò mai io, se è vero che noi e tutti gli esseri siamo uguali, rinunciare alla felicità degli esseri per pensare solo alla mia felicità?”
La seconda delle ragioni dalla parte degli altri è quella menzionata ieri dei dieci mendicanti che chiedono la carità ed ognuno ha la stessa mancanza di proprietà. Il fatto di dare di più ad alcuni sulla base del nostro attaccamento e di meno ad altri sulla base del nostro odio sarebbe stata un’azione molto sbagliata da parte nostra. Ugualmente pensando al fatto che tutti gli esseri senzienti senza alcuna eccezione mancano completamente della felicità assoluta, e anche tra di loro la felicità relativa è rara come son rare le stelle durante il giorno, dobbiamo generare la comprensione che lavorare soltanto per gli esseri ai quali siamo attaccati e abbandonare il desiderio di far felici gli esseri che non ci piacciono è un’azione molto sbagliata. Appunto per il fatto che gli esseri mancano completamente della felicità noi stessi dobbiamo generare il desiderio di dare la stessa identica felicità a tutti gli esseri senzienti.
La terza delle ragioni dalla parte degli altri prendeva spunto dall’esempio dei malati. Le persone malate hanno la stessa malattia e trattando con loro noi non possiamo curarle diversamente in base al nostro attaccamento e al nostro odio perché questa azione sarebbe veramente ingiusta.
Ora tutti gli esseri soffrono delle sofferenze generali dal Samsara e in più delle sofferenze specifiche dei sei regni di esistenza ciclica quindi noi dobbiamo generare il desiderio di liberare tutti gli esseri, nello stesso identico modo, senza seguire i sentimenti di attaccamento o di avversione per essi, da queste sofferenze.
E ancora dobbiamo dare loro equanimemente la felicità.
Dal momento che tutti gli esseri sono uguali è stupido da parte mia mantenere alcuni tra essi come amici, altri tra essi come nemici, ed altri ancora come estranei. Questo tipo di discriminazione è sbagliata poiché non c’è differenza tra gli esseri tra loro e tra gli esseri e me stesso.
Abbiamo citato le tre ragioni (del metodo che tutto oscura) dalla parte degli altri.
Può sorgere una domanda: “Va bene tutti gli esseri sono uguali, nel cercare di evitare la sofferenza e nel cercare di ottenere la felicità. Tutti gli esseri sono uguali nel desiderare la felicità e nel non poterla ottenere e in quanto non ne sanno creare la causa, ed ugualmente tutti gli esseri sono uguali nel cercare di evitare la sofferenza e nel non riuscirci in quanto ne creiamo continuamente la causa. Ma perché io dovrei preoccuparmi di questo e assumermi il compito di portare tutti gli esseri ad uno stato di felicità?”.
Quando sorge questa domanda riflettiamo sulle tre ragioni da parte nostra.
La prima delle tre ragioni dalla nostra parte dice: “È necessario che io lavori per il beneficio degli esseri liberandoli dalla sofferenza e dando loro tutta la felicità che essi desiderano poiché l’ottenimento del nirvana, la mia liberazione dal Samsara, dipende dalla gentilezza che gli esseri senzienti hanno avuto, ed hanno, verso di me”.
Inoltre, gli esseri sono stati innumerevoli volte nostra madre, nostro padre, nostri amici e per infinite volte ci sono stati di enorme aiuto, ci hanno enormemente avvantaggiato nel corso delle nostre vite samsariche. Proviamo a pensare a tutta la nostra felicità nei tre tempi, quella del passato, quella del presente, quella futura, e alla nostra felicità relativa, temporale, e alla nostra felicità assoluta, ebbene ognuna di esse dipende dalla gentilezza degli esseri senzienti.
Chiediamoci allora: “Come potrò mai io pensare di rinunciare alla felicita di alcuni per favorire quella di altri esseri pensando che questi sono miei amici mentre quelli mi sono nemici ed altri estranei?”.
Avendo parlato della prima, ora parliamo della seconda ragione dalla nostra parte.
Questa sorge dopo che, avendo realizzato la gentilezza degli esseri, ci poniamo la domanda. “Va bene. Gli esseri sono stati infinitamente gentili con me, però mi hanno anche infinite volte danneggiato…”
Questo tipo di pensiero sorge con molta facilità nella nostra mente poiché in essa facilmente sorgono quel tipo di elucubrazioni che sono un grosso ostacolo sulla via del Sentiero Graduale.
Questo preconcetto viene eliminato con la seconda ragione dalla parte nostra ed essa dice
“Il numero di volte in cui gli esseri ci hanno danneggiato è molto piccolo, mentre il numero di volte in cui gli esseri sono stati di grande beneficio per noi è inimmaginabile”. Il numero di volte in cui essi ci hanno direttamente e indirettamente avvantaggiato è innumerabile.
Questa ragione si capisce meglio pensando alla vita di tutti i giorni e quanto aiuto ci provenga dagli esseri nel suo corso nei confronti del poco danno ci provenga.
Verifichiamolo nella nostra esperienza giornaliera. Avendo ragionato in questo modo possiamo concludere “Come potrò mai io discriminare tra quali esseri beneficiare e quali no?”
Avendo parlato delle prime due ragioni parliamo ora della terza.
Questa dice “Una cosa è certa: io morirò. Ma non posso prevederne il momento, potrebbe succedere in qualsiasi momento. Facciamo un’analogia.
Pensiamo ad un carcere e a un gruppo di criminali che debbono essere giustiziati.
Immaginiamo che questi si mettano a litigare violentemente riguardo ai difetti e ai pregi di ciascuno, proprio la notte prima di venire giustiziati.
Dal momento che ognuno di loro il giorno dopo dovrà morire è completamente inutile che ciascuno di loro per difendere un compagno litighi con gli altri, facendosi così amici da una parte e nemici dall’altra, creando ulteriori problemi causati dall’attaccamento per gli amici e dall’avversione per i nemici, ora ritorniamo a noi.
Nell’ambito dell’esistenza ciclica viviamo tutti nelle fauci dell’impermanenza, stiamo tutti in attesa della morte, per cui come per quei criminali dell’esempio precedente sarebbe assurdo che anche noi ci mettessimo a discriminare tra gli esseri e definire qualcuno come amico e altri come nemici”.
Sappiamo che è molto difficile controllare l’attaccamento o l’avversione però questo tipo di meditazione esposta sopra è di grande beneficio nel diminuire questi fattori mentali negativi.
E poi una volta indeboliti si potranno controllare e poi eliminare.
Anche dal punto di vista del senso comune sarebbe logico che questi criminali litigassero prendendo parte l’uno per l’altro se avessero ancora molti anni da vivere, ma visto che verranno giustiziati il mattino dopo che discriminino tra loro gli amici ed i nemici, creando tra loro questa marcata diversità, è senza senso.
Anche dal punto di vista ordinario questo comportamento è molto stupido.
Per il fatto che la morte può arrivare da un momento all’altro è assurdo che noi ci impegniamo nell’amare qualcuno svisceratamente, nell’odiare quell’altro, nel voler male ad un terzo, siamo tutti in balia dell’impermanenza, non sappiamo assolutamente se tra un mese, un anno, cinque anni, magari sessanta anni, oppure nello stesso pomeriggio.
In questa situazione diviene estremamente irrilevante il preoccuparsi di essere partigiani per l’una o l’altra parte, per questa o per quella persona, in quanto da un momento all’altro tutto questo scompare.
Meditare in questo modo è molto efficace per riuscire a controllare quei fattori mentali negativi, come questa discriminazione di parte, molto difficili da sottomettere. Questi tipi di meditazione sono un mezzo molto più facile e rapido per eliminare questi fattori mentali negativi. Sono anche un mezzo molto utile per impedire il sorgere di queste menti negative.
Al contrario ordinariamente noi facciamo di tutto per incrementare in queste menti.
Ad esempio, quando sorge dell’ira verso una persona cominciamo a pensare alla fisionomia di questa persona, alla fattezza del suo naso, alle parole scortesi che dice alle nostre spalle, agli sguardi cattivi che ci rivolge quando ci incontra, agli insulti che abbiamo ricevuto… e così via in questo modo il nostro odio aumenta fino al punto in cui scoppia.
Similmente quando proviamo attaccamento per una persona cominciamo a pensare ai suoi capelli, alla sua bella bocca, ai suoi sorrisi, alle parole gentili, e così via l’attaccamento cresce ed ancora cresce fino a che diventiamo matti, e se poi quella persona non ci vuole allora li è troppo, è finita per noi. Persino se quella persona vuole rilassarsi e si distende sul letto a furia di pensare a queste ragioni dettate dall’attaccamento o dall’ira non riesce a distendersi nemmeno a letto e deve alzarsi e scappare, andare da qualche parte perché non riesce a controllarsi.
Come possiamo ben vedere il fatto di lasciare sorgere questi pensieri, queste menti negative, crea molti danni e può arrivare a mettere in pericolo la nostra vita. Non solo la nostra vita ma anche quella di altri l’opposto se uno desidera avere una vita lunga, avere pace nella mente, quando si accorge del sorgere di quei fattori negativi nella mente applica quei tipi di meditazione sopra spiegati e questo è di molto beneficio.
Ciò di cui stiamo parlando non è una filosofia. È un fatto. Chi potrebbe confutarlo?
Chi di voi potrebbe mettere una firma che tra una settimana saremmo ancora vivi?
Che oggi pomeriggio saremmo ancora vivi?
Che tra due ore saremmo ancora vivi?
Chi di voi potrebbe veramente sentirsi dire “sì, sarà così!”?
Potete fare questo?
Se qualcuno ci chiedesse una firma sul fatto che noi quest’oggi non moriremo e noi riflettessimo a lungo su questo cercando le ragioni profonde allora sorgerebbero dubbi nella nostra mente sul fatto che noi, possiamo vivere ancora per tutto questo giorno.
Pensiamo adesso che ora in Italia ci sono molte persone che stanno bene di salute, ma entro questa sera molte persone avranno lasciato il corpo su una sedia, oppure disteso su un letto e la loro mente sarà nello stato intermedio. Sebbene queste persone stessero bene tuttavia per qualche tipo di ragione improvvisa, una malattia o un incidente od altro possono lasciare il corpo proprio oggi in Italia magari tornando dall’ufficio.
Questo è un fatto no una semplice credenza, è un fatto che veramente succede tutti i giorni.
Se noi riflettiamo seriamente su questo e usiamo l’antidoto della meditazione affinché la mente incontrollata non nasca, ad esempio pensando che noi ci troviamo in una situazione in cui da un momento all’altro ci possiamo trovare costretti ad abbandonare tutto definitivamente ed ancora come tutti gli altri, che noi discriminiamo come amici o come nemici o come indifferenti, si trovano nella stessa situazione di poter morire da un momento all’altro, sarà facile e rapido far sparire dalla nostra mente i fattori mentali disturbanti.
Questo tipo di metodo è estremamente efficace se noi vogliamo ottenere pace mentale e tranquillità nella vita.
Facciamo un esempio.
Siamo a cavallo e vogliamo andare in un certo paese.
Il cavallo simbolizza la mente.
Per arrivare a destinazione abbiamo bisogno che il cavallo segua una strada determinata allora se il cavallo è indisciplinato dobbiamo usare la frusta perché segua quella direzione. In questo caso la frusta simbolizza le indicazioni che la mente deve seguire nell’ambito del Sentiero Graduale per raggiungere l’Illuminazione.
Prima di ascoltare gli insegnamenti generiamo la pura motivazione di bodhicitta:
“Ora ascolterò i profondi insegnamenti del Training Mentale Mahayana così da poter raggiungere l’Illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti che sono stati mie madri”.
Abbiamo parlato delle tre ragioni da parte degli altri e delle tre ragioni dalla nostra parte nell’ambito del metodo chiamato ‘La Realtà che tutto Oscura’ per lo sviluppo della grande equanimità.
Ora proseguiremo parlando delle tre ragioni nell’ambito del metodo della verità assoluta.
Normalmente noi discriminiamo le persone.
Quelle che ci vogliono bene le distinguiamo come nostri amici.
Quelle che ci vogliono male le distinguiamo come nemici. Se veramente questa divisione tra persone amiche e persone nemiche fosse reale ed esistesse come noi la percepiamo, allora la mente onnisciente di Buddha dovrebbe percepirla. Ma di fatto non è così.
Per spiegarsi meglio facciamo un esempio. Immaginiamo che Buddha sia seduto e su un lato abbia una persona che lo unge di profumi, mentre sull’altro abbia una persona che tagliasse il suo corpo a pezzi con un coltello; ebbene la mente pura del Buddha non riuscirebbe a vedere in queste due persone l’amico e il nemico. Se veramente esistesse questa distinzione così’ come appare alla nostra mente, se veramente l’amico e il nemico esistessero veramente, allora la mente di Buddha dovrebbe percepire chiaramente questa stessa visione, ma di fatto questo non avviene.
In base a questa ragione dobbiamo pensare che non è realistico discriminare tra la gente, tra gli esseri, aiutando alcuni abbandonando altri. Questa è la prima ragione.
Se veramente esistessero così come appaiono alla mente l’amico e il nemico, questi dovrebbero essere sempre l’amico reale e il nemico reale, l’amico assoluto e il nemico assoluto, dovrebbero essere sempre tali.
Ciò significa che l’amico dovrebbe essere in ogni occasione amico, e il nemico dovrebbe essere sempre in ogni occasione nemico. Ma questo non succede. Il fatto che non esiste un amico permanente, che non esista un nemico permanente, che non esistono un amico e un nemico assoluti lo possiamo ben comprendere dalla nostra esperienza. Negli insegnamenti di Buddha è chiaramente spiegato come le relazioni, i rapporti possono cambiare: il padre può’ diventare tuo figlio, la madre può diventare moglie e il nemico può diventare amico. Viene chiaramente spiegato come è possibile che il padre nel corso delle vite passate sia stato nostro figlio, come la madre nel corso delle vite passate sia stata nostra moglie e come il nostro nemico nel corso delle vite passate è stato il nostro più caro amico. Come nel passato ci sono stati cambiamenti, così nel futuro ci saranno cambiamenti.
Facciamo un esempio. Ai tempi di Buddha Shakyamuni alcuni dei suoi discepoli erano Aharat, cioè esseri ampiamente realizzati che hanno dei poteri psichici attraverso cui ad esempio vedevano il passato, il presente e il futuro. Uno di questi era Sharipu. Mentre chiedeva la carità si imbatte in una famiglia formata da un capo famiglia, da un bambino e da un cane. Il capo famiglia teneva in braccio un bambino, stava mangiando a tavola del pesce i cui avanzi erano dati al cane. Con i suoi poteri Sharipu poté vedere questa scena: il padre dell’uomo era abituato a pescare nel pozzo vicino a casa e dopo morto era rinato come pesce di quel pozzo. Vi era un vicino molto innamorato della moglie dell’uomo il quale dopo morto era rinato come figlio di quell’uomo. Vi era la madre dell’uomo che era molto attaccata a quella casa dove era vissuta e dopo morta era rinata come cane in quella stessa casa. Quindi la situazione era piuttosto buffa. Il bambino che l’uomo cullava non era altri che il suo nemico. Il cane che prendeva a calci era sua madre. Il pesce che mangiava era suo padre. Sharipu affacciandosi alla finestra disse “Cullando il proprio nemico, mangiando le ossa del proprio padre, prendendo a calci la propria madre, questo samsara è proprio assurdo!”. Sharipu poté così spiegare la situazione a quella famiglia. Comunque, la stessa cosa succede a noi nelle relazioni interfamiliari, se noi abbiamo un cane, un gatto, una tartaruga degli animali da cortile in una casa succede la stessa identica cosa.
Facciamo un altro esempio. Facciamo il caso di una famiglia che possieda delle vacche da cui ricava il latte per il proprio sostentamento. Il fatto che questa famiglia riceva il latte da queste vacche deve avere delle cause. Queste possono ad esempio essere che nel passato il rapporto era inverso e cioè che gli esseri umani di oggi erano le vacche di ieri mentre le vacche di oggi erano gli esseri umani di ieri.
Diciamo che c’è un debito karmico per cui questi esseri umani avendo ricevuto il latte dalle vacche ma non avendo purificato la loro mente a causa delle impronte Karmiche della loro mente hanno ricreato la situazione all’inverso: sono diventate mucche e danno latte alla nuova famiglia. Questo esempio serve per illustrare come i rapporti karmici che abbiamo con le persone possono dar luogo a molte situazioni.
Naturalmente se non esistesse una ragione non sarebbe possibile avere relazioni tra noi che siamo in questa stanza, tra noi e gli animali, tra gli animali tra loro. Le relazioni che esistono sono rese possibili dal fatto che in passato si sono create assieme le cause che le rendono possibili. Le relazioni tra le persone sono rese possibili dal fatto che nel passato assieme si sono create assieme le cause che daranno quei determinati risultati.
In Tibet si racconta la storia di un Lama che riceveva delle offerte da diverse famiglie. Una di queste era solita offrire della carne, un’altra del latte. Questo non era un Lama che faceva molte pratiche di purificazione per cui una volta morto rinacque come animale.
Precisamente rinacque come mucca, come mucca di quella famiglia che gli offriva sempre il latte. In questo modo il Lama rinato come mucca offriva il latte alla famiglia stessa che glielo aveva offerto nella vita precedente. Un giorno la mucca scappò e cadde in un precipizio. La famiglia che la possedeva non riuscì a trovare il suo corpo mentre questo fu trovato dall’altra famiglia che era solita offrire carne. Quando questi scuoiarono la mucca per mangiarne la carne trovarono scritte sulle ossa di questa mucca delle lettere in cui era scritto “Ora ho pagato il mio debito verso coloro ai quali ho mangiato il latte e la carne”. Rinpoce dice che ci sono molte storie di questo tipo accadute in Tibet.
Possiamo ricordare persino durante questa breve vita quanto sono già cambiate le nostre relazioni con i nostri amici, con i nostri nemici, e quante volte i nostri amici si sono trasformati nei nostri nemici e quante i nostri nemici di un tempo si sono trasformati nei nostri amici di adesso e così via.
Queste relazioni cambiano nel giro di un anno, cambiano nel giro di un mese, cambiano nel giro di giorni, cambiano in brevissimo tempo. Questo perché queste relazioni non sono affatto definite non sono affatto stabili. Poiché le relazioni che abbiamo con i nostri amici e i nostri nemici non sono affatto permanenti, ma cambiano invece continuamente, non c’è nessuna ragione per fare questa discriminazione, non c’è nessuna ragione per avere attaccamento per l’amico e odio per il nemico.
Secondo gli insegnamenti Mādhyamika, quello che si chiama “noi”, l’attribuzione “noi” dipenda dall’attribuzione “altri”. Perciò l’esistenza del “noi”, il fatto che noi siamo chiamati “noi”, dipende dal fatto che ci siano gli “altri”; nello stesso modo il fatto che esistano gli “altri” dipende dal fatto che ci siamo “noi”. Quando loro vedono noi dalla loro parte definiscono se stessi come “noi” e contemporaneamente definiscono noi come “altri”.
Negli insegnamenti Mādhyamika è insegnato che la differenza tra noi e gli altri è nei termini di un versante della montagna e l’altro versante della stessa montagna, come visto da un versante e come visto dall’altro. Per illustrare meglio questo paragone dei due versanti della stessa montagna si usa fare questo esempio. Se noi andiamo in riva ad un fiume diciamo “quella è l’altra sponda” e diciamo questa è la nostra sponda e crediamo che questo esista come noi lo diciamo, crediamo che questa sia veramente esistente come noi la vediamo, crediamo che questa sia “questa sponda” mentre l’altra sia “l’altra sponda”. Se questo fosse veramente ed esistessero realmente “questa” sponda e “quella” sponda come due cose distinte allora se noi attraversassimo il fiume approdando sull’altra sponda dovremmo continuare a chiamare la sponda che abbiamo lasciato “questa sponda” e a chiamare la sponda a cui siamo appena approdati “quella sponda”. Questo però non succede perché noi appena siamo approdati cominciamo a chiamare la sponda “questa sponda” e la riva che abbiamo lasciato “quella sponda” invertendo la situazione.
Questo esempio va riferito alle denominazioni di “noi” e degli “altri”. Se noi esistessimo in assoluto, se fossimo realmente esistenti come ci definiamo, e gli altri fossero realmente esistenti in assoluto come noi li definiamo, allora gli altri dovrebbero in ogni occasione rimanere gli “altri” mentre noi dovremmo in ogni occasione rimanere “noi”. Però come abbiamo visto succede che gli altri dalla loro parte si definiscono noi, ed ugualmente essi credono che noi siamo gli “altri”. Scopriamo che se noi potessimo andare dalla parte degli altri, allora “noi” diventeremo gli “altri”. Questo mostra come non è possibile affermare l’esistenza assoluta di queste attribuzioni. Questo è un ottimo esempio se vogliamo comprendere l’interdipendenza, come pure è un ottimo esempio se noi vogliamo comprendere Shunjata, cioè il vuoto di esistenza indipendente dei fenomeni. In questo modo è facile farsi un’idea della Vacuità. Questo esempio viene attribuito a ciò che si chiama IO, o Me, o gli altri. Queste denominazioni non hanno una realtà indipendente, assoluta, ma dipendono da altro. In dipendenza degli altri i nostri cinque aggregati vengono chiamati l’Io, e così pure in dipendenza dell’Io gli aggregati degli altri vengono chiamati gli “altri” e queste attribuzioni vengo fatte in dipendenza di oggetti. In questo preciso istante noi abbiamo dentro di noi la concezione che ci fa pensare agli altri come esistenti a se stanti, e ci fa pensare all’io come esistente in modo indipendente e assoluto. Infatti, quando vediamo gli altri li crediamo esistenti in modo indipendente ed assoluto così come li vediamo, ed ugualmente afferriamo questo concetto dell’IO come avente una esistenza a se stante indipendente ed assoluta. Quando noi in questo preciso momento pensiamo a noi stessi ed agli altri abbiamo proprio una concezione di esistenza intrinseca, di esistenza indipendente. Questa è proprio una concezione che abbiamo nella mente: Noi assumiamo che l’IO sia, abbia una esistenza indipendente da qualsiasi cosa e così pure assumiamo che gli altri abbiano un’esistenza indipendente da qualsiasi cosa.