La compassione e l’individuo

La compassione e l’individuo

Che ne siamo consapevoli o meno, c’è una domanda sempre presente in ogni nostra esperienza: qual è lo scopo della vita? Ho meditato a lungo su questo interrogativo e desidero condividere con voi il mio pensiero, nella speranza che possa essere di beneficio, in modo pratico e diretto.

Credo che lo scopo della vita sia essere felici. Fin dalla nascita, ogni essere umano aspira alla felicità e cerca di evitare la sofferenza. Non c’è cultura, educazione o ideologia che possano cambiare questo dato di fatto: nel profondo del nostro cuore, la sola cosa che desideriamo è la felicità.

Non so se l’universo – con le sue innumerevoli galassie, le stelle, i pianeti – abbia uno scopo differente; quello che so è che noi esseri umani, abitanti della Terra, proviamo innato il desiderio di vivere un’esistenza felice. Per questo è importante capire che cosa determina il grado più elevato di felicità.

Come raggiungere la felicità

Ogni tipo di felicità e ogni tipo di sofferenza possono essere raggruppate in due diverse categorie: la felicità e la sofferenza di natura fisica e la felicità e la sofferenza di natura mentale. Delle due categorie, quella che esercita la maggior influenza su ciascuno di noi è quella di natura mentale. A meno di essere gravemente malati, o privi dell’indispensabile per vivere, la condizione fisica gioca un ruolo abbastanza secondario nella nostra vita: se il nostro corpo sta bene, ce ne possiamo persino dimenticare! La mente, al contrario, registra ogni evento, anche il più insignificante. Ed è per questa ragione che dovremmo dedicare tutti i nostri sforzi al raggiungimento della pace mentale.

Nella mia limitata esperienza personale, ho potuto constatare che è possibile raggiungere un elevato grado di pace interiore sviluppando l’amore e la compassione: più ci prendiamo cura della felicità degli altri e più cresce in noi un senso di benessere interiore.

Coltivare un autentico sentimento di affetto nei confronti degli altri pone automaticamente la nostra mente in uno stato di tranquillità e ciò ci permette di eliminare le nostre paure e insicurezze, dandoci il coraggio e la forza per affrontare qualunque ostacolo la vita ci presenti. E questo è, in definitiva, avere successo nella vita.

Finché viviamo in questo mondo, siamo inevitabilmente destinati ad affrontare dei problemi. Se perdiamo la speranza e ci lasciamo sopraffare dallo sconforto, la nostra capacità di affrontarli diminuisce ma se invece – adottando una prospettiva più realistica – ci ricordiamo che tutti gli esseri umani, non soltanto noi, affrontano delle sofferenze, la nostra determinazione e la nostra capacità di superarle si accresceranno. Inoltre, grazie a questo atteggiamento, riusciremo a comprendere che ogni ostacolo può trasformarsi un’opportunità per lavorare sulla nostra mente.

In questo modo, ci impegniamo gradualmente a diventare più compassionevoli, cioè a desiderare che gli altri siano liberi dalla sofferenza e a contribuire affinché ciò accada. Per noi, il risultato sarà la crescita della pace e della forza interiori.

Il nostro bisogno d’amore

Se amore e compassione ci procurano la gioia più grande è perché la nostra natura li considera al di sopra di ogni altra cosa. Il bisogno d’amore sta alla base dell’esistenza umana ed è il risultato della profonda interdipendenza che ci lega agli uni dagli altri. Per quanto una persona possa essere abile e intelligente, da sola non può sopravvivere. Per quanto forti e indipendenti possiamo sentirci nei momenti più favorevoli della nostra vita, quando siamo malati, molto piccoli o molto anziani, dipendiamo completamente dall’aiuto degli altri.

L’interdipendenza è dunque la legge fondamentale della natura: non solo le forme di vita più evolute, ma perfino gli insetti più minuscoli sono esseri sociali che – pur senza religione, leggi o educazione – possono sopravvivere grazie a un innato senso di interdipendenza e cooperazione.

Anche i livelli più sottili dell’esistenza sono governati dall’interdipendenza: tutto quanto ci circonda sul nostro pianeta – oceani, nuvole, foreste, fiori – sorge in dipendenza di un impercettibile intreccio di energia, in assenza del quale ogni cosa perisce e scompare.

E’ proprio perché la nostra natura è così dipendente dagli altri che il bisogno d’amore ne costituisce la base. Ne consegue dunque che dobbiamo coltivare un genuino senso di responsabilità e di sincera attenzione riguardo al benessere del nostro prossimo.

Dobbiamo comprendere ciò che noi esseri umani siamo realmente. Noi non siamo come gli oggetti prodotti dalle macchine: se fossimo semplicemente entità “meccaniche”, allora le macchine stesse potrebbero alleviare le nostre sofferenze e soddisfare tutti i nostri bisogni. Ma visto che non siamo semplicemente creature materiali, sarebbe sbagliato riporre tutte le nostre speranze di felicità unicamente nello sviluppo materiale. Dobbiamo scoprire chi siamo, la nostra natura e le nostre origini per comprendere di che cosa abbiamo effettivamente bisogno.

Lasciando da parte la complessa questione dell’origine e dell’evoluzione dell’universo, possiamo tutti concordare sul fatto che ognuno di noi è il “prodotto” dei propri genitori. Il nostro concepimento non ha avuto luogo solo nel contesto di un desiderio sessuale, ma dalla decisione di nostra madre e di nostro padre di avere un figlio. Una tale decisione si basa sul senso di responsabilità e altruismo, dal momento che i genitori sanno che dovranno farsi carico compassionevolmente del proprio bambino fino a quando sarà in grado di badare a se stesso. Così, dal momento esatto del nostro concepimento, l’amore di nostro padre e di nostra madre sono parte integrante del nostro essere.

Durante le prime fasi della nostra crescita, poi, dipendiamo completamente dalle cure di nostra madre. Secondo alcuni scienziati, persino lo stato mentale di una donna incinta – calmo o turbato – ha un effetto diretto sullo stato fisico del feto.

Anche al momento della nascita le manifestazioni d’amore sono importanti: visto che la prima cosa che impariamo a fare è succhiare il latte dal seno materno, ci sentiamo naturalmente vicini a nostra madre la quale, per nutrirci in modo corretto, deve provare amore nei nostri confronti. Se invece prova paura o risentimento il suo latte non scorrerà liberamente.

Segue poi il periodo critico dello sviluppo mentale – dalla nascita fino ai 3 o 4 anni almeno – un periodo in cui il contatto fisico e affettivo rappresentano l’elemento chiave per il normale sviluppo del bambino.

Se un bambino non viene tenuto in braccio, accudito, coccolato, se non viene amato la sua crescita non sarà equilibrata e il cervello non si svilupperà correttamente.

Dal momento che un bambino non può sopravvivere senza le cure di qualcuno, è evidente che è l’amore il suo nutrimento più importante. La sua felicità, il conforto delle sue paure e insicurezze, la sua salute e la sua autostima si basano direttamente sul fatto di sentirsi amato. Purtroppo oggi molti bambini nascono in contesti degradati, dove non ricevono tutto l’affetto di cui avrebbero bisogno e così crescendo e nel corso della loro esistenza sarà per loro difficile amare i propri genitori e le altre persone. E questo è molto triste.

Quando i bimbi iniziano ad andare a scuola, spetta agli educatori e agli insegnanti il compito di rispondere al loro bisogno di attenzione e di sostegno. Se un insegnante non si accontenta di offrire un’istruzione puramente scolastica, ma si assume la responsabilità di preparare i suoi allievi alla vita, questi proveranno un senso di fiducia e rispetto che lascerà un’impronta indelebile nella loro mente.

Un insegnante che, al contrario, non dimostra alcun interesse per la serenità e il benessere generale dei suoi studenti, lascerà anche degli argomenti che insegna un ricordo labile e temporaneo.

Lo stesso avviene con gli ammalati. Se una persona viene curata da un medico che manifesta calore umano, si sente subito meglio e persino il desiderio del medico di offrire le migliori cure possibili diviene terapeutico. Se invece si dimostra distaccato e poco empatico, se è frettoloso o irriguardoso, l’ammalato proverà ansia e frustrazione, indipendentemente dalla bravura del medico, dalla accuratezza della diagnosi o dalla efficacia delle medicine prescritte. A parità di situazione, sono quindi i sentimenti provati dai pazienti a fare la differenza, influenzando la qualità e la rapidità della loro guarigione.

Persino nella vita di tutti i giorni, quando chiacchieriamo del più e del meno con qualcuno, se il tono della voce del nostro interlocutore dimostra sentimenti di calore umano proviamo gioia e rispondiamo con altrettanta simpatia. La conversazione diventa piacevole, per quanto banale l’argomento possa essere. Se invece una persona parla con freddezza e distacco, ci sentiamo immediatamente a disagio e ci auguriamo che la conversazione finisca presto.

Così, dal più piccolo avvenimento al più importante, la gentilezza e il rispetto degli altri sono vitali per la nostra felicità.

Recentemente ho incontrato un gruppo di scienziati americani. Mi hanno riferito che negli Stati Uniti le malattie mentali sono molto diffuse: ne soffre circa il 12% della popolazione. Nel corso della discussione è emerso che la causa principale delle varie forme di depressioni non è la mancanza di condizioni materiali favorevoli quanto piuttosto la carenza di affetto.

Perciò, come potete constatare da quanto ho condiviso con voi finora, un punto è ben chiaro: che ne siamo consapevoli o meno, il nostro bisogno di affetto è inscritto, per così dire, nel nostro DNA. Persino un gesto affettuoso ricevuto da un animale o da qualcuno che saremmo portati a considerare nostro nemico, diventa per noi un richiamo a cui non possiamo sfuggire.

Sono profondamente convinto che nessun essere umano sia nato libero dal bisogno d’amore e ciò dimostra, contrariamente a quanto affermano alcune scuole di pensiero moderne, che gli esseri umani non possono essere definiti semplicemente attraverso parametri fisici. Nessun oggetto materiale, per quanto bello e di valore, può farci sentire amati perché la nostra identità più profonda e la nostra vera essenza sono della natura della mente.

Sviluppare la compassione

Alcuni miei amici sostengono che amore e compassione, per quanto meravigliosi e positivi, non siano aspetti rilevanti nella vita di oggigiorno. Il nostro mondo, dicono, non è certo un posto dove queste qualità abbiano una qualche influenza o potere. Affermano inoltre che la rabbia e l’odio sono così connaturati all’essere umano da essere destinati a governare l’umanità per sempre. Io non sono affatto d’accordo.

Viviamo su questo pianeta da più di 100.000 anni e sono convinto che, se per tutto questo tempo, la nostra mente fosse stata controllata soltanto dalla rabbia e dall’odio, la popolazione mondiale sarebbe progressivamente diminuita. Oggi invece, nonostante tutte le guerre, continuiamo a essere sempre di più. Questo mi fa chiaramente capire che sono l’amore e la compassione a prevalere. Se a occupare le prime pagine dei giornali sono l’odio e la violenza è perché rappresentano, in un certo senso, delle eccezioni mentre la compassione è parte integrante della nostra vita quotidiana e perciò viene in larga parte ignorata.

Finora ho considerato soprattutto i vantaggi che la compassione offre alla mente, ma non da meno sono i benefici che garantisce al nostro benessere fisico. Per esperienza personale so che l’equilibrio mentale e il benessere fisico sono strettamente correlati e che la rabbia e una mente fuori controllo ci rendono più vulnerabili alle malattie, mentre una mente calma e pervasa da pensieri positivi, proteggerà anche il nostro corpo.

Se amore e compassione sono connaturati al nostro essere, altrettanto però lo sono il senso del sé e un certo grado di egocentrismo che rendono difficile relazionarci con il nostro prossimo. Ma poiché tutti desideriamo la vera felicità, quella che sorge da una mente calma – che a sua volta si basa sulla compassione – che cosa dobbiamo fare? Ovviamente, limitarci a pensare a che bella cosa sia la compassione non è sufficiente! Dobbiamo invece fare uno sforzo consapevole per sviluppare questa qualità e utilizzare ogni momento della nostra vita quotidiana per trasformare i nostri pensieri e il nostro comportamento.

Bisogna però essere subito chiari su ciò che intendiamo per compassione. Molte forme di compassione sono mischiate con un senso di desiderio o di attaccamento. L’amore che i genitori provano per i figli, per esempio, è spesso mescolato con i loro bisogni emotivi e per questo non può essere definito realmente “compassionevole”. Nel matrimonio, per citare un altro caso, il legame tra uomo e donna – soprattutto all’inizio, quando ancora non ci si conosce profondamente – è più una forma di attaccamento che amore autentico. Il nostro desiderio per l’altra persona può essere così forte da farcela apparire perfetta, mentre inevitabilmente avrà anch’essa difetti e imperfezioni. Quando c’è un forte attaccamento, sviluppiamo la tendenza a esagerare anche le più piccole qualità dell’altro e così, così quando il suo atteggiamento cambia, rimaniamo sorpresi e contrariati e di conseguenza modifichiamo anche il nostro atteggiamento. Questo genere di dinamica è indice che l’amore è sorto più in risposta a un bisogno personale che da un genuino desiderio di prenderci cura dell’altra persona.

La vera compassione non è una semplice risposta emotiva, ma un impegno consapevole, basato sulla ragione. Per questo, se autentica, la compassione non viene meno neppure se il comportamento degli altri diventa negativo.

Ovviamente sviluppare questo tipo di compassione non è semplice. Possiamo però cominciare, prendendo in considerazione alcuni dati di fatto. Innanzi tutto, che una persona sia carina e affettuosa oppure sgradevole e antipatica, alla fine è un essere umano, esattamente come noi. Come noi vuole la felicità e non vuole la sofferenza; e il suo diritto di nascita alla felicità è identico al nostro.

Ora, quando riconosciamo che tutti gli esseri sono uguali nel desiderio di felicità e nel diritto di ottenerla, automaticamente proviamo empatia e vicinanza nei loro confronti.

Abituando la nostra mente a questo senso di altruismo universale, possiamo sviluppare un sentimento di responsabilità nei confronti degli altri e il desiderio di aiutarli attivamente a superare i loro problemi.

Questo desiderio non è selettivo, si manifesta con equanimità verso tutti: dal momento che ogni essere umano sperimenta dolore e piacere esattamente come noi, non può esistere alcuna argomentazione logica per fare discriminazioni o per modificare il nostro atteggiamento nei confronti di chi magari si comporta in modo negativo.

Lasciatemi sottolineare che, con costanza e tempo, possiamo davvero sviluppare questo genere di compassione. Naturalmente il nostro egocentrismo, il nostro senso di un sé separato dagli altri e il nostro attaccamento a noi stessi possono renderci difficile il compito, ma ciò non significa che non possiamo cominciare fin d’ora e iniziare a fare lentamente progressi.

Da dove cominciare

Dobbiamo innanzitutto sbarazzarci dei due principali ostacoli alla compassione: la rabbia e l’odio. Come sappiamo, si tratta di due emozioni estremamente potenti, in grado di sopraffare la nostra mente. Ciò non di meno devono essere controllate; perché altrimenti continueranno a danneggiarci, impedendoci di raggiungere quella felicità autentica che solo una mente pacificata può garantire.

Iniziamo dunque con l’analizzare se la rabbia sia o meno un valore. A volte, quando siamo scoraggiati da una situazione particolarmente difficile, la rabbia sembra esserci utile, sembra darci una carica di energia, di fiducia e determinazione ed è a questo punto che dobbiamo analizzare accuratamente il nostro stato mentale. Perché se è vero che la rabbia può fornirci un’energia extra, osservandone da vicino la natura, ci rendiamo conto che è cieca: agendo sotto il suo impulso, non possiamo sapere se il risultato delle nostre azioni sarà positivo o negativo. Questo perché la rabbia oscura temporaneamente la parte migliore del nostro cervello: la razionalità. Per questo l’energia derivante dalla rabbia non è affidabile e può indurci a comportamenti distruttivi e inopportuni. Se poi la rabbia raggiunge il suo apice, ci comportiamo come dei matti, danneggiando noi stessi e gli altri.

Quando ci troviamo ad affrontare situazioni difficili, possiamo invece sviluppare un’energia altrettanto potente, ma decisamente più controllabile. E’ l’energia che sorge non solo da un atteggiamento compassionevole, ma anche dal ragionamento e dalla pazienza. Questi sono infatti gli antidoti più efficaci contro la rabbia. Sfortunatamente molte persone considerano queste qualità come segni di debolezza, mentre io sono convinto dell’esatto contrario. Compassione, buon senso e pazienza sono indice di forza. La compassione è per sua natura gentile, pacifica e mite, ma non per questo poco potente. Sono coloro che perdono facilmente la pazienza a dimostrare di essere insicuri e poco equilibrati. Per questi motivi, secondo me, la rabbia è una manifestazione diretta di debolezza.

Quando incontriamo un problema o una difficoltà, dobbiamo cercare di rimanere umili, mantenere un atteggiamento realistico e preoccuparci di trovare una soluzione adeguata.

Può capitare che gli altri cerchino di approfittarsi di noi: il nostro atteggiamento calmo e distaccato può provocare un’aggressione ingiustificata. In questo caso, occorre adottare una certa fermezza, sempre però motivata dalla compassione, e delle contromisure non inquinate da rabbia o intenti malevoli.

Dobbiamo infatti comprendere che anche se i nostri “nemici” sembrano volerci danneggiare, alla fine il loro atteggiamento negativo nuocerà soltanto a loro, mentre per contrastare il desiderio di controbattere dobbiamo richiamare nella nostra mente il desiderio di praticare la compassione, assumendoci la responsabilità di aiutare gli altri a non procurarsi ulteriore sofferenza come conseguenza delle loro azioni.

Avendo dunque deciso come comportarci grazie a una mente calma, le nostre decisioni saranno certamente più efficaci, corrette e forti. Raramente infatti una decisione presa sull’onda della rabbia cieca raggiunge il suo scopo.

Amici e nemici

Vorrei sottolineare nuovamente che limitarsi a pensare alla compassione, alla razionalità e alla pazienza non è sufficiente per svilupparle. Quando sorgono delle reali difficoltà dobbiamo metterci alla prova. E chi sono i responsabili delle difficoltà che incontriamo? Di certo non i nostri amici, ma i nostri nemici. Sono loro a crearci le difficoltà. Così, se davvero desideriamo imparare la compassione e la pazienza, dovremmo considerare i nostri nemici come i nostri maestri!

Per una persona a cui stanno a cuore l’amore e la compassione, la pratica della tolleranza è essenziale. Ma per praticare questa qualità un “nemico” è indispensabile. Per cui dovremmo provare un senso di gratitudine verso i nostri nemici perché sono loro, più di chiunque altro, a permetterci di sviluppare una mente pacifica. Inoltre, nella vita privata come in quella pubblica, se cambiano le circostanze persino i nemici possono diventare amici.

Rabbia e odio sono sempre nocivi e finché non addestriamo la nostra mente impegnandoci a ridurne la forza distruttiva, continueranno a disturbarci e a distruggere il nostro tentativo di sviluppare una mente calma. Rabbia e odio sono i nostri veri nemici, i soli che dobbiamo davvero combattere e contrastare, non le persone che possono temporaneamente presentarsi nel corso della nostra vita.

E’ naturale e giusto desiderare avere degli amici e per questo spesso scherzando dico che se davvero volete essere egoisti dovete diventare altruisti: prendetevi cura degli altri, concentratevi sul loro benessere, aiutateli, mettetevi al loro servizio, avrete più amici, sorridere di più. Il risultato? Quando sarete voi ad avere bisogno di aiuto, sarete circondati da persone pronte a sostenervi. Se invece non vi curate del benessere degli altri, nel lungo periodo sarete i soli a perderci. Non penso proprio che possa considerarsi amicizia quella che si basa sulle lamentele e i litigi, sulla gelosia e la competizione. Solo un affetto sincero crea una autentica amicizia.

In questo mondo materialisa, avere denaro e potere sembra garantire molti amici. Ma non sono amici della persona, sono amici del denaro e del potere e una volta svaniti ci si trova il vuoto attorno.

Il punto è che quando le cose vanno bene, pensiamo di potercela cavare da soli e senza il supporto degli altri, quando però la nostra condizione economica o la nostra salute peggiorano ci rendiamo conto di quanto ci siamo sbagliati. Ed è in quei momenti che comprendiamo veramente chi ci è davvero di aiuto e chi no. Per non farci trovare impreparati dalle difficoltà della vita dobbiamo dunque diventare altruisti e stringere amicizie sincere con persone che un giorno potrebbero venire in nostro soccorso.

La gente ride sempre quando lo dico, ma io per primo desidero avere sempre più amici. Adoro i sorrisi! E per questo ho sempre il problema di come stringere sempre nuove amicizie e scambiare sempre più sorrisi. Sorrisi sinceri, in particolare. Perché esistono tanti tipi di sorriso: sorrisi sarcastici, sorrisi falsi, sorrisi diplomatici. Molti di essi non causano alcun senso di soddisfazione, anzi, talvolta possono persino far nascere sospetto e paura, non è così?
Ma un sorriso sincero regala ogni volta un senso di gioia e apertura. Questi sono i sorrisi che desideriamo e noi dobbiamo creare le condizioni perché si manifestino.

La compassione e il mondo

In conclusione, vorrei brevemente allargare l’orizzonte del mio ragionamento a un raggio più ampio di quello trattato finora. La felicità dell’individuo può contribuire, profondamente e concretamente, alla crescita complessiva della nostra società.

Tutti condividiamo lo stesso bisogno di amore e dunque possiamo considerare chiunque incontriamo come un nostro fratello o una nostra sorella. Poco importano l’aspetto, il comportamento o il modo di vestire: non esistono tra esseri umani differenze significative ed è sciocco basarsi sulle caratteristiche esteriori quando la nostra natura più profonda è identica.

La famiglia umana è una e questo piccolo pianeta è la nostra casa. Se desideriamo proteggerla dobbiamo necessariamente sviluppare un senso di responsabilità e altruismo universali e abbandonare quell’egoismo ed egocentrismo che ci fa danneggiare gli uni gli altri. Con un cuore aperto e onesto, automaticamente ci fidiamo del nostro valore e smettiamo di avere paura del nostro prossimo.

Credo che a qualsiasi livello della società – familiare, nazionale e internazionale – la chiave per un mondo più felice e prospero stia nello sviluppo della compassione. Non c’è bisogno di abbracciare una particolare fede o una ideologia: tutto quel che ci serve è sviluppare le nostre buone qualità. Personalmente, cerco di comportarmi con chiunque incontro come con un caro, buon vecchio amico. Questo mi rende profondamente felice. Questa è la mia pratica della compassione.

Sua Santità il XIV Dalai Lama – Tradotto da Compassion and the Individual

Shares

Ti potrebbe interessare...

Per approfondire...

Ti è piaciuto questo articolo?

Se questo e gli altri insegnamenti che puoi leggere gratuitamente sul nostro sito ti sono piaciuti aiutaci a continuare a tradurli e pubblicarli con una piccola donazione, poco più di un caffé a testa per la nostra redazione. Grazie!

Oppure scrivi tu l'importo che ritieni più adatto

Seleziona il metodo di pagamento
Informazioni personali

Totale della donazione: €5,00

Carrello