Non c’è karma che non possiamo cambiare. La nostra mente non è fatta di pietra. Come dice Lama Yeshe, siamo noi a creare la negatività con la nostra mente e quindi la purifichiamo creando positività con la nostra mente.
Se hai mangiato del veleno, dato che sai che cos’è il veleno e le sue conseguenze, il primo passo che devi fare è riconoscerlo e pensare subito: “Che cosa posso fare per rimediare?
Questo è l’atteggiamento da tenere nel processo di addestramento della nostra mente. Il punto è che stiamo cercando di ridurre le nevrosi e sviluppare la nostra bontà; come direbbero i neuroscienziati, stiamo cercando di sviluppare nuovi percorsi.
Ma il nostro problema è che siamo così dipendenti dal senso di colpa che, nel momento in cui riconosciamo – ad esempio – di aver litigato con nostra sorella, sprofondiamo nel senso di colpa: “Sono una persona cattiva”. Ma è inutile fare così! Non ha senso provare rabbia verso noi stessi.
Il problema del senso di colpa è che è legato alla modalità punizione/ricompensa, da cui siamo dipendenti. Verremo puniti, disapprovati; è istintivo.
Ma se hai assunto del veleno, non ti dici: “Oh, sono una persona cattiva, ho ingerito del veleno”. A cosa serve il senso di colpa? Dobbiamo fare qualcosa per risolvere il problema.
Il primo passo per riconoscere la rabbia/il veleno si chiama rimorso: un riconoscimento sano e adulto del fatto che, sì, mi sono arrabbiato. È il primo dei quattro passi del processo di purificazione, come viene chiamato. Come dice Lama Zopa Rinpoche, è assurdo non fare questa pratica tutti i giorni.
Poi, come nel caso del veleno, non vogliamo subire le conseguenze future, perché tutto ciò che pensiamo, facciamo e diciamo ci programma; è la legge naturale del karma. Quindi pensiamo: che osa posso fare? Non si tratta di colpa, ma di responsabilità. Semplicemente non vogliamo che le conseguenze delle nostre azioni ricadano su di noi. Siamo noi il capo. Non c’è nessun altro che ci punisce o ci premia.
Quindi, alla fin della fiera, fai un controllo. Hai litigato con tua sorella, hai parlato male del tuo ragazzo, hai preso a calci il cane, hai fatto questo e quello. Benvenuto tra gli esseri umani, siamo tutti uguali!
E come nel caso del veleno, questo ti danneggia. Questo è il punto chiave dei primi stadi della pratica e del karma: stai danneggiando te stesso. Quindi il rimpianto è come la compassione per te stesso. Se lo capisci, puoi cambiare questo processo. È una forma di rispetto per se stessi.
Poi, ovviamente, puoi pentirti di altre vecchie cattive abitudini, sia di questa vita sia di quelle precedenti. Ci sono milioni di altre cose che non ricordiamo, ovviamente, e che hanno lasciato impronte, tendenze nella nostra mente, che ovviamente non vogliamo.
Se abbiamo avuto innumerevoli vite, ci sono innumerevoli cose che abbiamo fatto spinti dall’ignoranza, dalla rabbia e dalle altre afflizioni mentali. È naturale. E abbiamo infranto i nostri voti. Quindi possiamo dire a noi stessi: “Qualsiasi cosa abbia fatto fin dall’inizio del tempo con il mio corpo e la mia parola per danneggiare qualsiasi essere senziente, me ne pento, perché non voglio la sofferenza futura!”. Soprattutto una rinascita come animali. È la rinascita più pesante per chi fa del male, perché gli animali sono guidati dall’ignoranza e dalla paura, dall’attaccamento, dall’avversione e dall’aggressività, quindi si mangiano a vicenda e vengono mangiati. Tanta sofferenza e quindi tanto male!
Quindi, pensa: “Tutte le vite in cui sono stato un animale, ogni azione che ho fatto per danneggiare gli esseri senzienti, le rimpiango dal profondo del mio cuore perché non voglio che quei semi karmici maturino come mia sofferenza. Perché sai una cosa?” – dici a te stesso – “Sono stanco di soffrire”.
Questo è il punto chiave del rimorso. Devi sentirlo come una manifestazione di compassione per te stesso.
Quindi il passo successivo è la fiducia: “A chi posso rivolgermi? Dov’è il dottore?” Beh, il Buddha è il nostro medico; è colui al quale ci affidiamo per la medicina.
Ci sono due parti. La prima consiste nel visualizzare il Buddha sotto forma di Vajrasattva sopra la tua corona, nello stile del bodhisattva, con in mano un dorje e una campana, un corpo di luce bianca e radiosa, la sua mente unita a quella del tuo Lama. Quindi rallegrati di aver trovato un medico: il Buddha.
La seconda parte della fiducia consiste nel provare compassione coloro a cui hai fatto del male: il cane, il gatto, l’ex fidanzato, il bambino che hai abortito. Prova compassione per loro. Anche loro non vogliono soffrire e tu desideri purificarti per il loro bene. Il rimorso è per il tuo bene, la compassione è per il bene degli altri.
Inoltre, se sei abbastanza coraggioso, puoi avere compassione per coloro che ti hanno fatto del male. E perché dovresti farlo? Perché in futuro soffriranno terribilmente per averti fatto del male, quindi sono loro il vero oggetto della tua compassione. Come disse Ghesce Sopa: “I bodhisattva hanno bisogno dei loro nemici”. Se non sei pronto a perdonare la persona che ti ha fatto del male, allora non farlo, ma almeno abbi compassione.
Terzo passo: il rimedio. Applichi l’antidoto, prendi la medicina. Quindi, qui visualizzi Vajrasattva, il nettare che arriva, immagini la purificazione e reciti il mantra. Tutti i Lama lo elogiano come il miglior rimedio, il più potente, grazie al potere degli esseri sacri. Qualsiasi pratica che li coinvolga è così benefica e produttiva.
E il quarto è la determinazione. Pabongka Rinpoche dice che è la più importante. Prendi la decisione di cambiare. Decidi di non infrangere i tuoi voti, ecc. Non mentire a te stesso e non decidere di non litigare mai più con tua sorella; datti una scadenza: Non mi arrabbierò per un giorno. Poi la manterrai.
Si tratta di un processo psicologico, te lo dico io. Non pensare che sia una religione. Sei tu che decidi. Tu. E come dice Lama Yeshe: “La purificazione è il potere del rimorso, il potere della fiducia, il potere del rimedio, il potere della determinazione a cambiare”.
Tradotto da Purification is a psychological process