Candrakīrti (580-660 ca.) fu un filosofo buddhista indiano e un bodhisattva, famoso per l’uso del ragionamento nell’articolare una visione particolarmente raffinata e sottile della filosofia della Via di mezzo (madhyamaka) e una descrizione del sentiero del buddismo Mahāyāna.
Secondo le fonti tibetane, Candrakīrti nacque molto probabilmente nella seconda parte del VI secolo d.C. in India, in una località chiamata Samanta. Fu ordinato monaco (bhikṣu) sotto il discepolo del filosofo Buddhapālita, Kamalabuddhi.
Candrakīrti divenne egli stesso un grande filosofo della Via di mezzo, frequentò la famosa università indiana del Nālandā, nel nord-est dell’India, e alla fine ne divenne abate. Nel corso degli anni, ebbe un famoso dibattito – durato sette anni – con il maestro grammatico sanscrito Candragomin, che sosteneva la posizione della scuola Vijñānavāda (Dottrina della Coscienza), basata sulla sola mente.
Sono numerosi gli eventi leggendari riferiti alla sua vita, tra i quali l’aver attraversato una colonna di pietra, l’aver munto l’immagine di una mucca per sfamare i monaci del Nālandā durante un periodo di carestia e l’aver cavalcato un leone di pietra per dissuadere un esercito turco che minacciava l’università. Queste storie miracolose rappresentano in modo allegorico la posizione filosofica della Via di mezzo, secondo cui le cose e i fenomeni mancano di essenza e non hanno una natura intrinseca propria.
L’esperienza della mancanza di essenza, la vacuità (śūnyatā), unita a un’attività abile e compassionevole (upāya), come quella di nutrire la comunità monastica affamata, esemplifica la vita di chi si sforza di raggiungere l’illuminazione per il bene degli altri, incarnando così l’ideale del bodhisattva. Per questo, Candrakīrti è considerato un grande bodhisattva e filosofo della Via di mezzo e ciò emerge in modo più vivido nelle sue due opere più importanti: il Madhyamakāvatāra e Le chiare parole (Prasannapadā).
Ne Le chiare parole Candrakīrti utilizza numerose tecniche dialettiche per indicare la via filosofica di mezzo (madhyamamārga) tra gli estremi della permanenza e dell’annichilimento. In questo testo, dimostra inoltre in modo esauriente la dottrina della vacuità (śūnyatā) dell’esistenza intrinseca per sradicare la tendenza abituale del pensiero concettuale a fabbricare nozioni reificate di esistenza (bhāva) e di non esistenza (abhāva).
Nel Madhyamakāvatāra traccia invece il progressivo avanzamento di un bodhisattva sulla via della Buddità secondo dieci fasi di della “mente dell’illuminazione” (bodhicitta), ognuna delle quali è collegata a dieci stadi (bhūmi) e alle corrispondenti perfezioni (pāramitā).
Gli insegnamenti di Candrakīrti divennero popolari in Tibet dopo il XII secolo e tali sono rimasti tra i filosofi buddhisti tibetani fino ai giorni nostri.
Riferimenti e approfondimenti (in inglese)
Candrakīrti. 2002. Introduction to the Middle Way: Chandrakirti’s Madhyamakavatara with commentary by Jamgön Mipham. Translated by the Padmakara Translation Group. Boston, Shambhala.
Huntington, C. W. 1989. The Emptiness of Emptiness. Honolulu: University of Hawaii Press.
Lang, Karen C., trns. 2003. Four Illusions: Candrakīrti’s Advice for Travelers on the Bodhisattva Path. Oxford University Press
Tratto e tradotto da: Apple, James B. 2004. “Chandrakirti”. P. 171 in Phyllis G. Jestice, ed., Holy People of the World: A Cross-cultural Encyclopedia. Volume 1