“Noi tutti abbiamo la responsabilità di praticare la compassione”
(S.S. il XIV Dalai Lama)
La crisi del COVID-19 del 2020 ha evocato in noi il senso di quanto siamo realmente interconnessi. Nel giro di poche settimane, è diventato chiaro quanto un problema affrontato inizialmente in un dato punto del mondo stesse rapidamente spostandosi attraverso gli oceani. Questo ha reso evidente che siamo vicini gli uni agli altri più di quanto pensassimo.
In un articolo comparso su Time Magazine, una volta diventato ormai chiaro che quello del virus era un problema globale, il Dalai Lama ha scritto: “La crisi ci mostra che non siamo separati gli uni dagli altri – neanche quando viviamo distanti. Quindi, abbiamo tutti la responsabilità di praticare la compassione e prestare aiuto.”
Quando la paura mette radici
Questo richiamo alla compassione è essenziale in un’epoca dove la paura e il panico portano molti a dimenticare o a perdere di vista la nostra comune umanità.
Quando la paura mette radici, il meccanismo di attacco-fuga prende il sopravvento e noi iniziamo a difenderci, non solo dal virus, ma anche da tutte le altre minacce da noi percepite.
Mentre pensiamo a quali mosse intendiamo adottare in nome della sopravvivenza, vi è una chiusura dell’energia del cuore. Sebbene la ricerca della sopravvivenza sia comprensibile, la risposta di paura ha creato molti problemi secondari legati a questo virus, quali ad esempio l’accaparramento di beni, le aggressioni e il giudicare gli altri.
I benefici della compassione
Tuttavia, se dobbiamo navigare efficacemente attraverso questo periodo di crisi, abbiamo bisogno di raccogliere l’energia amorevole alla base della nostra comune umanità – ovvero l’energia della compassione.
I buddhisti e altre tradizioni spirituali hanno compreso da tempo la forza della compassione. Adesso anche la scienza moderna è in grado di esaltarne i benefici.
La ricerca ha scoperto che la meditazione di compassione può aiutare a ridurre il disagio soggettivo legato allo stress e che le meditazioni di compassione e di gentilezza amorevole rappresentano entrambe utili strategie per gestire difficoltà psicologiche quali rabbia, ansia sociale e conflitti coniugali (che guidano l’elenco delle tante altre causate dai recenti eventi).
La meditazione di Metta accresce la connessione sociale
In un altro studio si è scoperto che le meditazioni di consapevolezza (mindfulness) e di gentilezza amorevole possono entrambe aiutare ad accrescere il proprio senso di connessione sociale e con la natura. E in tema di auto-compassione, la ricerca indica che la gentilezza e la compassione verso se stessi può aiutare a ridurre sia la propria percezione dello stress, sia la relativa risposta fisiologica, promuovendo altresì nel contempo una migliore salute fisica.
Praticare la compassione è, quindi, una risposta pratica e diretta alla comprensibile crescita delle paure che così tanti stanno provando attualmente. Trattandosi di qualcosa di più che solamente “pensieri gentili”, essa è una pratica nella quale ci possiamo impegnare con l’intento di apportare una maggiore coesione e guarigione in questo mondo.
Come fare: meditazione di Metta
La tradizione buddhista della meditazione di Metta (o meditazione della gentilezza amorevole) è una delle pratiche fondamentali sulla compassione alle quali possiamo rivolgerci in tempi di crisi. Questa pratica ci aiuta a sentire una maggiore compassione per noi stessi (riducendo la risposta di stress e migliorando a sua volta altri indicatori di salute quali l’immunità e a ridurre le barriere erette nei confronti del prossimo).
Possiamo praticare questa semplice tecnica dedicando dieci minuti al giorno a sviluppare la connessione con lo spazio del cuore. Una volta stabilizzati al centro del nostro essere, possiamo silenziosamente esprimere desideri di gentilezza e amore verso noi stessi e gli altri.
Passare attraverso una sequenza standard di persone, concludendo con la visione del mondo intero, ci può aiutare a ridurre la separazione che percepiamo tra noi e gli altri – persino tra noi e coloro con i quali abbiamo grandi difficoltà.
Questa pratica ci invita a ripetere le seguenti parole, rivolgendole in sequenza a noi stessi, una persona amata, una semplice conoscenza… Qualcuno con cui si hanno delle difficoltà, il mondo intero come singola entità.
Le parole che potremmo scegliere durante la pratica. Che tu possa essere:
- al sicuro
- in salute
- amato
- in pace
Cominciando ad esprimere questi desideri offrendoli a noi stessi e agli altri nel silenzio della meditazione, iniziamo anche a indebolire il nostro attaccamento alle differenze superficiali di cui facciamo esperienza. Alla radice del nostro essere c’è molta più somiglianza di quanto le nostre opinioni, convinzioni o personalità gli diano credito.
Mentre comprendiamo la nostra comune umanità, diventa più naturale e più agevole fare dono di noi stessi in modi più compassionevoli e di sostegno per gli altri. Radicando i nostri pensieri nella compassione, le nostre azioni seguiranno.
Tornando al cuore
Radicandoci nel cuore – nelle sue energie di amore, compassione, gentilezza e pazienza – iniziamo a pacificare quella mente che così facilmente rimane ingabbiata dalla paura. Le pratiche di compassione come la meditazione di Metta non riguardano la necessità o meno di prendere decisioni su come agire nel mondo esterno. Prendere certe decisioni è indubbiamente parte della nostra risposta a questa crisi. Piuttosto, la compassione eleva la qualità delle nostre azioni, aiutandoci ad attuare comportamenti che rechino beneficio a noi, agli altri e al pianeta intero. Con il cuore, momento dopo momento, contribuiamo a muoverci collettivamente oltre questo periodo di difficoltà.
Gillian Florence Sanger
Gillian Florence Sanger è una scrittrice di “Mindfulness Exercises”. Scrive sia poesie sia saggi e insegna yoga e mindfulness. Con il suo lavoro punta a scoprire ambiti sempre più profondi dell’anima e della psiche per una maggiore pace, auto-consapevolezza e felicità.