“Quando le barche strapiene di profughi incappavano in tempeste o pirati, se tutti andavano nel panico, ogni cosa era perduta. Ma se anche una sola persona riusciva a mantenere la calma e la concentrazione, era sufficiente. Avrebbe indicato a tutti la via verso la sopravvivenza“.
-Thich Nhat Hanh
Quando ho sentito parlare per la prima volta di COVID-19 a gennaio 2020, sapevo che avrei dovuto entrare in “modalità equanimità”. L’equanimità è l’equilibrio della mente ed è considerata dai buddhisti una delle quattro Brahma Viharas (atteggiamenti sublimi, o dimore incommensurabili).
L’equanimità ci permette di stare all’erta in caso di pericolo, mantenendo al contempo la calma – rimanendo mentalmente lucidi nel bel mezzo di un’emergenza – persino su un’imbarcazione alla deriva.
Equanimità non significa indifferenza. L’equanimità è fondata sulla concetto di cura, sull’avere a cuore. Quando la nostra mente e il nostro cuore sono aperti e siamo presenti alla sofferenza che c’è dentro e intorno a noi, allora possiamo possiamo praticare l’autentica compassione. Una persona può essere portatrice di COVID-19 e rimanere asintomatica, ma se ha fatto tutto il possibile per essere al sicuro, allora può rallegrarsi grazie alla consapevolezza che le permette di comprendere di non essere un vettore del virus per gli altri.
Equanimità significa anche inclusività.
Non stiamo vivendo un’epidemia, ma una pandemia, parola che deriva dal greco e significa “che appartiene a tutti; pubblica, comune”. È fondamentale impedire che questa pandemia disintegri il nostro senso di appartenenza a un’unica famiglia umana, che disgreghi il nostro senso di comunità. Il fatto che tutti noi potremmo alla fine contrarre questo virus è un promemoria un po’ inquietante, ma molto reale, che ci ricorda che siamo tutti uguali.
L’inclusività significa anche abbracciare il nostro dolore e la nostra gioia come una cosa sola.
Pur sperando che tutto finisca presto, vorrei sottolineare i tre ostacoli comuni che possiamo incontrare sul nostro cammino verso l’equanimità: la negazione, la rabbia e la paura.
La negazione è una tendenza diffusa: di fronte a ciò che ci spaventa, ci chiudiamo in noi stessi, ci astraiamo e facciamo finta che vada tutto bene o di non vedere il famoso “elefante nella stanza”. La nostra illusoria propensione a ignorare l’evidenza ha due “parenti stretti” ancora più tossici: la rabbia e la paura.
È necessario essere consapevoli della propria rabbia, anche latente, per non agire ciecamente in preda ai suoi impulsi incontrollati. Potremmo sentirci frustrati e in collera perché tutti i nostri programmi sono saltati e poi prendercela per un’inezia con qualcuno che non c’entra nulla. Peraltro, anche tutti gli altri – esattamente come noi – stanno vivendo in condizioni di stress e tensione e quindi la nostra rabbia può facilmente scatenare la loro. È un po’ come quando il traffico si blocca: invece di suonare il clacson, innescando una reazione a catena, possiamo fermarci, respirare e diventare consapevoli delle reazioni istintive nostre e di chi ci circonda e semplicemente astenerci dal suonare il clacson e rimanere nell’equanimità.
L’altro pericolo, altrettanto diffuso, è la paura.
Di questi tempi bisogna stare attenti, non avere paura. Accogliendo la nostra paura con consapevolezza, e vedendola per quello che è, possiamo riconoscerla, accettarla e poi lasciarla andare prima che ci consumi.
Dal punto di vista della scienza evolutiva, la paura è un avvertimento naturale di fronte a un pericolo, ma per l’uomo funziona in modo diverso rispetto alle altre specie. Una gazzella può entrare in “modalità paura”, scegliendo tra fuga o combattimento, in un istante. Che percepisca un puma che la sta inseguendo o che abbia captato il rumore di un ramoscello che si spezza, una volta che la gazzella si sente di nuovo al sicuro si scrolla di dosso l’adrenalina e se ne va per la sua strada tranquillamente. Questa è una lezione che noi umani stentiamo ad imparare: le nostre vene continuano a pompare la chimica della paura per molto tempo, anche quando ormai qualsiasi causa di stress materialmente non c’è più. Mentalmente continuiamo ad evocarla ancora e ancora. Questa è una ragione in più per praticare la consapevolezza.
Dobbiamo controbilanciare le tenebre con la luce.
Considerate anche come questa pandemia sia arrivata in un momento in cui chiunque, o quasi, può andare su Internet e leggere decine di punti di vista. E quando ci si sente sopraffatti dai media che seminano terrore possiamo fermarci e chiederci: “Sono sicuro? Sto reagendo a qualcosa che ho sperimentato in prima persona? Oppure sto pensando che c’è un serpente nella stanza, quando in realtà è solo una corda?”.
Per addestrare i muscoli della mente, potreste provare questo breve esercizio. Visualizzate per un momento l’ormai familiare virus COVID-19. Come lo vedete, che cosa vi viene in mente? Notate se il vostro corpo segnala la paura. Se sì, in quali parti del corpo? Il vostro respiro si fa affannoso? Il cuore batte più forte? Sentite qualche formicolio? Oppure avete i brividi?
Poiché il nostro corpo è spesso il primo a lanciarci dei campanelli d’allarme quando stiamo vivendo una difficoltà emotiva, è saggio discernere, accettare e comprendere questi segnali prima che prendano il sopravvento su di noi.
“La paura è la stanza più economica. Vorrei vedervi vivere in condizioni migliori“.
Hafiz, il grande poeta persiano
Le sue parole ci ricordano che nella grande casa che è la vita, la paura è la stanza con le finestre che affacciano su un muro. Ci meritiamo una vista migliore.
Per placare la paura, possiamo alimentare il suo opposto: la fiducia.
Quando confidiamo nella nostra forza intrinseca e nel fatto che esiste in noi e negli altri una bontà essenziale, allora capiamo che sapremo superare anche questa tempesta. Possiamo nutrire il nostro coraggio e alimentandolo con la fiducia.
In questi tempi drammatici, cerchiamo di mantenere alto il morale e controbilanciare le tenebre con la luce.
Potreste fermarvi, respirare e sorridere a tutte le cause della felicità che sicuramente avete a portata di mano: il cielo blu sopra di voi, Madre Terra sotto i vostri piedi, il risveglio della natura portato dalla primavera.
Potreste anche meditare, diventando consapevoli del vostro respiro: inspirando, dite a voi stessi: “inspirando, guarisco me stesso”, espirando dite a voi stessi: “espirando, io guarisco gli altri”.
Che questo possa essere utile.
Tradotto da Practicing Equanimity in a State of Emergency, di Gary Gach