Domenica 15 settembre alle ore 16, nel Giardino del té dell’Istituto Lama Tzong Khapa, Massimo Corona ci parlerà della sua esperienza diretta come studente, da oltre 50 anni, di Lama Zopa Rinpoce. In particolare affronterà il tema delle otto preoccupazioni mondane, oggetto degli insegnamenti contenuti nel volume Come Praticare il Dharma. Nel frattempo vi anticipiamo la bella prefazione che ha scritto per questo libro.
Ho incontrato Lama Zopa Rinpoce nell’aprile del 1971, a Kopan. A quei tempi Rinpoce teneva un profilo molto basso, il Lama principale era Lama Thubten Yeshe, che divenne il mio Guru Radice. Era lui che dava insegnamenti una volta alla settimana e teneva il discorso della domenica. Ricevetti i primi insegnamenti da Rinpoce durante il secondo corso di Kopan, penso nel marzo del 1972. Durante quell’estate andai a Lawudo, nella regione del monte Everest, dove c’era la caverna dell’incarnazione precedente di Lama Zopa Rinpoce, il Lawudo Lama. Anche Rinpoce era a Lawudo e mi chiese di fare il ritiro di Vajrasattva con lui, nella caverna. C’era anche Ghesce Thubten Tashi. La prima sessione del mattino era molto presto, mi ricordo che era ancora buio e io facevo la salita di corsa, perché avevo paura dello Yeti. Facevamo la sadhana di Vajrayogini, fino alla recitazione del mantra di Vajrasattava e alla sera terminavamo la sadhana. Nelle altre due sessioni solo la recitazione.
Ghesce Thubten Tashi era sempre perfettamente immobile, non muoveva neppure le labbra e, con nostra sorpresa, dopo neppure due settimane disse di aver finito. Io avevo recitato solo diecimila mantra e anche Rinpoce era molto indietro. Rinpoce decise che noi due avremmo continuato in luoghi separati. Quell’esperienza mi toccò profondamente. Non era facile vedere le qualità di Rinpoce perché è sempre stato così umile. Ma praticando con lui per più di otto ore ogni giorno mi resi conto che è un autentico yogi. Quando tornammo a Kopan alla fine dell’estate, Rinpoce mi chiese di aiutarlo a stendere la prima bozza di The Wish-fulfilling Golden Sun of Mahayana Thought Training (pubblicato da Nalanda Edizioni con il titolo L’addestramento mentale mahayana, n.d.r.), che poi Rinpoce utilizzò durante il terzo corso di Kopan, nell’ottobre del 1972. Ecco perché Nick scrive nei suoi Ringraziamenti che quella bozza era scritta in una inglese approssimativo: per forza, l’avevo scritta io! Durante quel corso ebbi la prima piccola intuizione sulla vacuità, ascoltando i suoi insegnamenti. Posso senz’altro affermare che è stato Rinpoce, oltre a Lama Yeshe, che mi hanno dato di più riguardo la comprensione della vacuità (anche se sono lontanissimo dalla realizzazione).
E riguardo alla bodhicitta? L’amore infinito di Lama Zopa Rinpoce per ogni essere senziente è così evidente e ogni sua azione è sempre e solo diretta verso il raggiungimento dell’Illuminazione. Per non parlare della rinuncia al samsara e questo libro ne è la prova. Anche se ho ascoltato questi suoi insegnamenti molte volte, rileggendolo in questi giorni mi ha dato moltissimo: dopo più di quarant’anni dal giorno in cui ho preso rifugio, cioè sono nominalmente diventato Buddhista, mi sono reso conto che non sto praticando il puro Dharma, perché non ho sconfitto gli otto dharma mondani.
Rinpoce in questo libro ci dà il metodo perfetto: equalizzare o pareggiare il desiderio di ricevere gli otto oggetti dell’attaccamento con il desiderio di non riceverli. Per esempio, invece di non volere un certo disagio, dicendo “questa cosa fa schifo!” mentre pensiamo che l’opposto è una vera meraviglia, proviamo a scambiare questi giudizi: quello che fa schifo diventa attraente e quello che ci piace un sacco diventa un oggetto ripugnante. In questo modo è facile accorgersi che la percezione che qualcosa non ci piace, oppure che ne siamo attratti, sono soltanto proiezioni mentali. Grazie Rinpoce, ancora una volta e per sempre.