A proposito dell’ignoranza

Tenzin-Wangyal-Rinpoch

A proposito dell’ignoranza

Tenzin-Wangyal-Rinpoch

Tutta la nostra esperienza, compresi i sogni, nasce dall’ignoranza. È un’affermazione piuttosto sorprendente da fare in Occidente, quindi prima di tutto comprendiamo cosa si intende per ignoranza (ma-rigpa).

La tradizione tibetana distingue due tipi di ignoranza: l’ignoranza innata e l’ignoranza culturale.

L’ignoranza innata è la base del samsara, è la caratteristica che definisce gli esseri ordinari. È l’ignoranza della nostra vera natura e della vera natura del mondo, e si traduce nella prigione della mente dualistica. Il dualismo reifica le polarità e le dicotomie. Divide l’esperienza, che è senza soluzione di continuità, in questo e quello, giusto e sbagliato, tu ed io.

Sulla base di queste divisioni concettuali, sviluppiamo preferenze che si manifestano come attaccamento e avversione e che diventano le nostre risposte abituali e ciò che costituisce la maggior parte di ciò che identifichiamo come noi stessi.

Vogliamo questo, non quello; crediamo in questo, non in quello; rispettiamo questo e disprezziamo quello. Vogliamo piacere, benessere, conforto, ricchezza e fama, e cerchiamo di sfuggire dal dolore, dalla povertà, dalla vergogna e dal disagio.

Desideriamo queste cose per noi stessi e per coloro che amiamo, e non ci preoccupiamo degli altri. Vogliamo un’esperienza diversa da quella che stiamo vivendo, o vogliamo aggrapparci a un’esperienza ed evitare gli inevitabili cambiamenti che porteranno alla sua cessazione.

C’è poi un secondo tipo di ignoranza: il condizionamento culturale che nasce quando i desideri e le avversioni si istituzionalizzano in una cultura e si codificano in sistemi di valori. Per esempio, gli indù credono che sia sbagliato mangiare le mucche, ma è giusto mangiare i maiali. I musulmani credono che sia appropriato mangiare carne di manzo, ma è loro proibito mangiare carne di maiale. I tibetani mangiano entrambi. Chi ha ragione? Gli indù pensano di avere ragione, i musulmani pensano di avere ragione e i tibetani fanno lo stesso.

I diversi credo nascono da pregiudizi e credenze, divenuti parte integrante di una cultura, non da una saggezza fondamentale.

Un altro esempio sono conflitti tra le varie scuole filosofiche. Ci sono molti sistemi filosofici che sono definiti sulla base del disaccordo su alcuni specifici punti. Anche se si sono sviluppati con l’intenzione di condurre gli esseri umani alla saggezza, producono anch’essi ignoranza poiché i loro seguaci si aggrappano ad una comprensione dualistica della realtà.

È un fatto inevitabile in qualsiasi sistema concettuale perché la mente concettuale stessa è una manifestazione dell’ignoranza. L’ignoranza culturale si sviluppa e si preserva attraverso attraverso le tradizioni; pervade ogni usanza, opinione, insieme di valori e conoscenze.

Sia gli individui sia le culture considerano queste preferenze così fondamentali da ritenerle comune buon senso comune o legge divina.

Ognuno di noi cresce attaccato a determinate credenze, a un partito politico, a un sistema medico, a una religione, a un’opinione su come dovrebbero andare le cose. Frequentiamo la scuola elementare, la scuola superiore e forse l’università e, in un certo senso, ogni diploma è un premio per aver sviluppato un’ignoranza più sofisticata.

L’educazione rafforza l’abitudine a guardare il mondo attraverso una certa lente. Possiamo diventare esperti in una visione errata, diventare molto precisi nella nostra comprensione e relazionarci con altri esperti. Accade lo stesso anche con la filosofia: impariamo sistemi intellettuali dettagliati e sviluppiamo la mente per farla diventare un acuto strumento di indagine. Ma finché non si penetra l’ignoranza innata, acquisiremo solo nuovi pregiudizi, di certo non la saggezza fondamentale.

Ci si affeziona persino alle cose più banali: una particolare marca di sapone o a un taglio di capelli. Su larga scala, sviluppiamo religioni, sistemi politici, filosofie, psicologie e scienze. Eppure nessuno nasce con la convinzione che sia sbagliato mangiare carne di manzo o di maiale o che un sistema filosofico sia giusto e un altro in errore o che questa religione sia quella vera e quell’altra falsa. Sono tutti pregiudizi appresi.

L’adesione a particolari valori è il risultato dell’ignoranza culturale, ma la propensione ad accettare visioni limitate ha origine nel dualismo, che è la manifestazione dell’ignoranza innata. Non è di per sé un male, è semplicemente il modo in cui vanno le cose.

I nostri attaccamenti possono portare alla guerra, ma si manifestano anche come tecnologie utili e arti diverse che sono di grande beneficio per il mondo. Finché non siamo illuminati, partecipiamo al dualismo, ed è giusto così.

In tibetano c’è un detto: “Quando hai il corpo di un asino, goditi il sapore dell’erba”. In altre parole, dovremmo apprezzare e godere di questa vita perché è significativa e preziosa in sé, e perché è la vita che stiamo vivendo.

Se non stiamo attenti, gli insegnamenti possono essere usati per fornire una base alla nostra ignoranza.

Potremmo credere che sia un male per qualcuno ottenere un titolo di studio avanzato o avere restrizioni alimentari, ma questo non è il punto a tutti. O si potrebbe dire che l’ignoranza è sbagliata e la vita ordinaria solo stupidità samsarica. Ma l’ignoranza è semplicemente un’oscurazione della coscienza. Esserne attratti o respinti è sempre lo stesso vecchio gioco del dualismo, giocato nel regno dell’ignoranza. Ecco quanto è pervasiva l’ignoranza.

Persino gli insegnamenti devono funzionare all’interno del dualismo, incoraggiando l’attaccamento alla virtù e l’avversione per la non virtù, paradossalmente utilizzando il dualismo dell’ignoranza per superare l’ignoranza. Quanto sottile deve diventare la nostra comprensione e quanto facilmente possiamo perderci!

Questo è il motivo per cui la pratica è necessaria per avere un’esperienza diretta piuttosto che sviluppare un altro sistema concettuale da elaborare e difendere.

Quando le cose sono viste da una prospettiva superiore, tendono a livellarsi. Dal punto di vista della saggezza non dualistica non c’è nulla di importante o di non importante.

Tenzin Wangyal Rinpoce – Tradotto da The Tibetan Yogas of Dream and Sleep (Shambhala).

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