Pubblichiamo un estratto dall’introduzione al volume di Rob Preece, Prepararsi al Tantra, in uscita a settembre.
Avvicinandoci per la prima volta al Buddhismo tibetano, inevitabilmente di lì a poco ci imbatteremo nel sentiero del tantra, o Vajrayana, data la loro intima interconnessione. Il Buddhismo tantrico si è mescolato alla cultura ritualizzata altamente elaborata del Tibet, con la sua musica, i toccanti canti cerimoniali e la sua straordinaria arte mistica. Rimane tuttavia molto difficile distinguere tra ciò che appartiene prettamente al Buddhismo Vajrayana e ciò che di fatto è cultura tibetana. Il primo incontro che molti di noi Occidentali hanno con il mondo del Tibet avviene quando un lama molto riverito conferisce una qualche forma di trasmissione tantrica a un’assemblea numerosa. Un’esperienza simile crea l’opportunità per gettare lo sguardo su qualcosa di straordinario che può avere un effetto profondo sulla visione che abbiamo di noi stessi e della nostra vita. L’impresa diventa allora cercare di dare un senso a queste esperienze e integrarle con la nostra quotidianità. Potremmo tuttavia non essere pienamente consapevoli delle implicazioni di questo incontro iniziale con il Buddhismo tibetano o, anzi, essere davvero pronti.
Più il Buddhismo tibetano si afferma in Occidente, più abbiamo l’opportunità di ricevere insegnamenti profondi e un assaggio dello straordinario potenziale di questo sentiero. Allora iniziamo a comprendere che esso è impegnativo e richiede che cominciamo a lavorare concretamente per risvegliare il nostro potenziale. In particolare, nella tradizione tantrica e dello dzogchen potremmo venire introdotti al potenziale innato della nostra mente, ma affinché esso si manifesti davvero dobbiamo prima eliminare ciò che lo oscura. Nel testo di Asanga Natura immutabile, o Uttaratantra Shastra, sono presentate diverse metafore per descrivere ciò che conosciamo come natura di Buddha: una statua dorata avvolta da stracci sporchi, un gioiello sepolto sotto l’abitazione di un povero, un seme nascosto all’interno di un frutto marcescente, il miele che si può trovare in mezzo a uno sciame di api. Tutte queste metafore ci suggeriscono che, benché ci venga fatta intuire la presenza della nostra innata natura di buddha, successivamente dobbiamo attraversare il processo di rimozione delle oscurazioni date dai nostri schemi emotivi e dalle impronte karmiche, prima che la sua qualità naturale possa rivelarsi. Sebbene la nostra natura innata possa essere primordialmente pura, il nostro compito è liberarla dalle sue oscurazioni psicologiche grossolane e sottili. Per pochissime, rare persone questo processo potrebbe avvenire spontaneamente; la mente si risveglia allora con poco sforzo. Un risultato così rapido suggerisce che queste persone abbiano un’esperienza profonda derivante da vite precedenti tali per cui le loro oscurazioni sono minime. Per la maggior parte di noi, tuttavia, non vi è un risveglio improvviso; dobbiamo invece fare un lavoro meticoloso e purificare la nostra mente dai detriti karmici accumulati lungo la nostra travagliata storia, psicologica o karmica. Allora sorge inevitabilmente la domanda: siamo pronti e disposti a impegnarci in un percorso di pratica coscienziosa e costante per preparare il terreno, affinché tutte le “realizzazioni” possano crescere?
Tenendo a mente questa domanda, molte persone impegnate nel Buddhismo tibetano, di tutte le diverse scuole, intraprendono il processo del lavoro di base (T. ngondro) o pratiche preliminari. Tutte le quattro scuole principali del Buddhismo tibetano presentano un sentiero di pratica che si sviluppa e approfondisce mano a mano che il meditatore è guidato nell’avanzamento. In questo processo vi sono stadi che richiedono una preparazione prima che il praticante sia pronto a proseguire. Ciò è particolarmente vero nel caso delle pratiche dello yoga tantra supremo, o mahaanuttarayoga tantra, come viene spesso chiamato, e nello dzogchen, per cui i maestri richiedono a coloro che desiderano intraprendere tali pratiche avanzate di impegnarsi dapprima nelle pratiche preliminari. Ognuna delle scuole tibetane ha una sua forma di pratiche preliminari, con le sue leggere particolarità e variazioni.
In Occidente oggi è molto comune che le persone ricevano iniziazioni a pratiche tantriche straordinarie e complesse. Tuttavia, imbarcarsi in queste pratiche senza avere prima preparato il terreno può comportare una serie di conseguenze negative. La nostra maturità psicologica ed energetica può semplicemente non essere abbastanza sviluppata per far emergere il reale potenziale della pratica. Potremmo cercare di impegnarci nella pratica di una specifica divinità solo per rimanere delusi nel momento in cui la divinità non prendesse vita. Vi è anche il pericolo molto reale che queste pratiche vengano inquinate dalla nostra confusione psicologica ed emotiva, nel qual caso la pratica tantrica non elimina questa confusione ma, anzi, di fatto la peggiora. In casi estremi, ciò può portare a un tipo di disturbo per il quale non c’è un solido contenitore psicologico in grado di gestire il processo che sta avvenendo. Infine, potremmo iniziare a portare avanti la nostra pratica solo per scoprire qualche tempo dopo che siamo bloccati da ostacoli interiori che non avevamo affrontato in precedenza.
Per intraprendere il sentiero tantrico in modo utile e in sicurezza, dobbiamo essere preparati psicologicamente, emotivamente ed energeticamente. Abbiamo bisogno della guida di insegnanti abili ed esperti, oltre che della volontà di completare i preparativi richiesti. È inevitabile che a un certo punto ci venga consigliato di intraprendere la serie di meditazioni e rituali che costituiscono le pratiche preliminari. Sfortunatamente, quando veniamo così consigliati, spesso vediamo i preliminari come una sorta di calvario o di compito che dobbiamo sbrigare per fare quello che ci interessa davvero, cioè eseguire pratiche elevate di tantra o ricevere insegnamenti dzogchen.
È fin troppo facile vedere i preliminari come una sorta di scoglio da superare per arrivare da un’altra parte, anziché comprendere veramente che esse sono veramente qualcosa da cui potremmo a tutti gli effetti trarre beneficio e perfino gioia. Di conseguenza potremmo cercare di completare le pratiche preliminari il più velocemente possibile, a volte addirittura con un senso di competitività nei confronti dei compagni praticanti che ne hanno fatte di più o di meno. Inoltre, dato che è tradizione ripetere centinaia di migliaia di recitazioni di mantra, prostrazioni, offerte e così via per completare i preliminari, vi è sempre il pericolo di rimanere intrappolati in un atteggiamento più concentrato a completare un determinato numero di ripetizioni anziché ad approfondire sinceramente l’esperienza della pratica. Questo potenziale materialismo spirituale può sminuire il valore dei preliminari. Non si tratta semplicemente di rituali prescritti che dobbiamo assolvere come una sorta di dovere. I preliminari sono un insieme straordinariamente ricco di pratiche che hanno molto da offrire in quanto metodi per coltivare e maturare la nostra base psicologica. Possono permettere di fare esperienze e possono liberare la strada quando sembrano esserci problemi o ostacoli con cui abbiamo difficoltà.
Per molti di noi vi è anche il rischio di pensare che siccome stiamo facendo i preliminari, questo sia tutto quello che dobbiamo fare per prepararci psicologicamente alla pratica del tantra. In base alla mia esperienza, non è così. Le pratiche preliminari potranno soddisfare quanto richiesto dalla tradizione quale preparazione alla pratica tantrica, ma questo da solo non basta. Ad esempio, vi sono persone che hanno compiuto questo percorso e che hanno fatto perfino ritiri di tre anni, che ancora non hanno risolto certi problemi psicologici.
(…) Questo libro, che in parte è un riflesso del mio viaggio personale attraverso i preliminari e oltre, dimostra quanto sia necessaria una preparazione ampia al fine di ottenere una pratica tantrica bene integrata e di beneficio. Esaminerò in profondità i fattori coinvolti nella preparazione per la pratica tantrica, da entrambe le prospettive, quella tradizionale e quella psicologica. La visione psicologica si adatta alla nostra mente occidentale e può fornire una base di comprensione contemporanea che va a integrarsi con la comprensione tradizionale, permettendoci così di affrontare alcuni dei pericoli in cui possiamo incorrere quando ci impegniamo nella pratica tantrica senza un’adeguata preparazione. Può anche fornire un contesto in cui la pratica dei preliminari acquisisce un maggiore senso e diventare psicologicamente trasformativa. Vorrei anche ampliare la nostra visione delle pratiche preliminari, descrivere alcune delle difficoltà che potremmo incontrare lungo il percorso e offrire idee su come risolverle al meglio. Sfruttando la mia formazione psicologica, ho cercato di far luce su alcuni dei modi in cui le pratiche preliminari possono essere di immenso beneficio psicologico, se intraprese con creatività per far emergere le loro qualità essenziali. In particolare, voglio contrastare la tendenza che c’è di considerare queste pratiche preparatorie come qualcosa che dovremmo sbrigarci a completare il più velocemente possibile in modo da procedere con il “vero lavoro” del sentiero tantrico.