Domare la mente

Domare la mente

Tratto da Il potere della meditazione, di Lama Zopa Rinpoce

La meditazione si occupa principalmente di prendersi cura della mente. Nonostante corpo e mente siano profondamente connessi, sono fenomeni molto diversi tra loro. Il primo è un oggetto che possiamo vedere, qualcosa di fisico, non come la nostra mente. L’utilizzo della meditazione meramente per beneficiare il corpo, per fini mondani, vuol dire sprecarne il potenziale. Sarebbe come prendere l’aspirina per liberarci dal mal di testa; il dolore potrebbe anche sparire, ma non saremo davvero guariti finché non avremo affrontato la sua vera causa. Non dovremmo sperperare il potere della meditazione per perseguire scopi così limitati, la meditazione dovrebbe avere un obiettivo superiore.

Poiché siamo nati come esseri umani, ciascuno di noi ha il potenziale per dare significato alla propria vita; per trarne il massimo vantaggio, però, dobbiamo realizzare il nostro potenziale impegnandoci pienamente in un sentiero spirituale. Ne Il sentiero graduale per l’illuminazione, il lam rim, nel quale è spiegato l’intero sentiero buddhista secondo il Buddhismo tibetano, uno dei temi iniziali e di maggiore importanza è la preziosa rinascita umana, che ci illustra quanto sia rara e speciale la nostra attuale esistenza. Utilizzando correttamente la nostra rinascita umana e acquisendo il controllo sulla nostra mente, possiamo recidere la radice di tutta la sofferenza e possiamo perfino andare oltre.

Questo è il vero scopo della meditazione. Essa ha il potere di condurci alla liberazione, la libertà da ogni sofferenza, ma può anche aiutarci a ottenere la piena illuminazione, un risultato che ci permetterà non solo di soddisfare i nostri obiettivi, ma anche quelli degli altri. Questa dovrebbe essere l’unica ragione per impegnarci nella meditazione. I grandi yogi e maestri di meditazione del passato hanno praticato il Dharma proprio con questo scopo in mente. Allo stesso modo, quando meditiamo — e nell’insegnamento del Buddha ci sono letteralmente centinaia di meditazioni tra cui scegliere sulla base del nostro livello di realizzazione — anche noi dovremmo avere la stessa motivazione.

Non siamo obbligati a meditare da un qualche fattore esterno, da altre persone o da Dio. Piuttosto, così come siamo responsabili della nostra sofferenza, siamo anche responsabili della nostra felicità: dipende tutto da noi. Al momento vari tipi di sofferenza permeano la nostra vita più o meno in profondità. Nel linguaggio comune, la parola “sofferenza” sembra riferirsi specificatamente a una qualche forma di dolore fisico o mentale. Ho più volte sentito studenti dire “io non sto soffrendo”, intendendo che non erano in quel momento malati, depressi o palesemente sofferenti. Nel Buddhismo il termine più comunemente usato è la parola pali dukkha, che si riferisce a tutti i livelli di sofferenza. Forse sarebbe meglio usare la parola “insoddisfazione”, che significa avere una mente turbata dalle afflizioni.

Se non facciamo qualcosa al riguardo, continueremo a soffrire. Perciò, dobbiamo intraprendere una qualche pratica spirituale, il che significa guardare dentro di noi, alla nostra mente. Se ignoriamo il ruolo della mente nella nostra felicità e nella nostra sofferenza e continuiamo a investire tutte le energie che abbiamo per organizzare e riorganizzare gli aspetti materiali dell’esistenza, allora la nostra insoddisfazione non cesserà. La nostra sofferenza non ha un inizio e, se non adottiamo una pratica spirituale efficace, non avrà una fine.

Ciò significa che dobbiamo domare la nostra mente attraverso la meditazione. Se sediamo o meno con le gambe in una posizione perfetta, non ha importanza. Ciò che conta è verificare se la meditazione che pratichiamo è un vero rimedio alla nostra sofferenza. Elimina efficacemente le afflizioni che oscurano la nostra mente? Combatte la nostra ignoranza, il nostro odio e la nostra avidità? Se lo fa, è una meditazione perfetta. Se, invece, serve semplicemente a generare e ad aumentare le nostre negatività, come l’orgoglio, allora è solo un’altra causa di sofferenza. In tal caso, anche se potremmo dire che stiamo meditando, in realtà non stiamo seguendo un sentiero spirituale né praticando il Dharma.

Dobbiamo comprendere la nostra mente per trasformarla, perciò imparare a meditare è di primaria importanza. In tutto il mondo possiamo trovare centri di meditazione dove imparare la meditazione consapevole: come osservare il respiro, come essere consapevoli del proprio corpo e altre pratiche simili. Sono le prime esperienze che si incontrano quando si comincia a interessarsi alla meditazione. Di solito, quando ci rechiamo per la prima volta in un centro di meditazione, siamo spinti da una genuina motivazione a fare qualcosa di diverso: cerchiamo qualcosa che non riusciamo a trovare nella vita di tutti i giorni.

La risposta iniziale alla meditazione è eccellente: ci libera dalle nostre idee consolidate e ci fa intravedere un modo molto migliore di vivere. Anche solo provare un interesse per la meditazione è una sorta di miracolo, tutto parte da lì. In Occidente le persone generalmente sono molto istruite e intelligenti, ma tendono ad avere opinioni prefissate sulla vita. In una società fortemente materialista, le idee tendono a essere parecchio chiuse e ristrette, quindi poter andare controcorrente rispetto a questo modo di pensare ed essere liberi di esplorare verità molto profonde è magnifico.

Analizzando la nostra mente, possiamo scoprire la causa della felicità e della sofferenza, la continuità della mente e sviluppare una comprensione delle nostre vite future e di quanto sia importante adoperarsi per la felicità oltre questa esistenza. Possiamo giungere alla realizzazione della possibilità di ottenere la totale liberazione da tutta questa sofferenza, scoprendo la liberazione dal samsara, il ciclo di morte e rinascita che ci tiene intrappolati nella sofferenza. Andando oltre, realizziamo il nostro potenziale di ottenere la piena illuminazione e superare anche le oscurazioni più sottili della mente, al fine di aiutare tutti gli esseri senzienti. In breve, a partire da quella curiosità iniziale, la meditazione può dare un profondo significato alla nostra vita.

Meditare è un’ottima cosa ma, a meno che non si sappia come farlo correttamente, stiamo solo sprecando il nostro tempo banalizzandola in uno dei nostri tanti hobby, come giocare a calcio o fare bricolage. Ci sono così tante forme di meditazione che è un po’ come scegliere un prodotto al supermercato. Possiamo essere attratti dalla meditazione Zen; ci attrae l’idea di smettere semplicemente di pensare, come se stessimo concedendo una vacanza alla nostra mente. Se così è, dobbiamo però chiederci se allo stesso tempo non stiamo mandando in vacanza anche la nostra compassione e la nostra saggezza.

Dobbiamo scegliere una meditazione che possa trasformare la mente. La nostra meditazione non dovrebbe essere finalizzata esclusivamente al raggiungimento di una felicità temporanea e nemmeno alla beatitudine di shamata. Dovremmo usarla per ottenere quella vera pace mentale che è venuta a mancarci da un numero infinito di vite. Noi soffriamo a causa delle afflizioni che tormentano la nostra mente e ci derubano della tranquillità. Poiché le afflizioni sono la radice, l’unico modo per ottenere una vera felicità è eliminarle. Cercare di portare avanti un’esistenza felice senza affrontare le afflizioni — o, addirittura, come fanno tanti, apprezzandole come se fossero i nostri migliori amici — non può funzionare: è come sfregare un unguento su un piede che ha una spina senza togliere prima la spina stessa. Così come rimuovere la spina è l’unico modo per alleviare il dolore, l’unica via per superare i problemi è addestrare la mente, un compito che spetta alla meditazione.

Di fatto, qualsiasi cosa possa aiutare a domare la mente — che sia osservare il respiro, recitare mantra o preghiere, studiare il Dharma o una qualsiasi delle varie tecniche proprie di ogni tradizione buddhista — è meditazione. Una di queste numerose tecniche si adatterà al meglio alla nostra predisposizione personale. Alcune, come le meditazioni tantriche, si dice siano più veloci o profonde, ma il fine ultimo è lo stesso per tutte. Se desideriamo distruggere un nemico, che si utilizzino arco e frecce, un’arma da fuoco o perfino una bomba atomica, il bersaglio è sempre lo stesso — il nemico — così come l’obiettivo, il suo annientamento. Quale che sia il metodo che adottiamo, nel Buddhismo il nemico è la mente non domata e l’obiettivo è soggiogarla.

Tutti i diritti riservati. © Nalanda Edizioni – FPMT (2024)

Shares

Ti potrebbe interessare...

Per approfondire...

Ti è piaciuto questo articolo?

Se questo e gli altri insegnamenti che puoi leggere gratuitamente sul nostro sito ti sono piaciuti aiutaci a continuare a tradurli e pubblicarli con una piccola donazione, poco più di un caffé a testa per la nostra redazione. Grazie!

Oppure scrivi tu l'importo che ritieni più adatto

Seleziona il metodo di pagamento
Informazioni personali

Totale della donazione: €5,00

Carrello