Come possiamo renderci utili nella vita quotidiana

Come possiamo renderci utili nella vita quotidiana

Un breve estratto dal dodicesimo capitolo del libro di Sua Santità il Dalai Lama e della Venerabile Thubten Chodron – I primi passi sul sentiero buddhista. L’argomento: come essere buddhisti del XXI secolo.

Siamo esseri limitati. Non sempre sappiamo che cosa è meglio per gli altri. A volte le nostre scelte e il nostro punto di vista sono condizionati da pregiudizi, dall’attaccamento o dall’avversione.  Abbiamo idee preconcette su come gli altri dovrebbero vivere la loro vita. Il primo passo per aiutare il prossimo è eliminare le nostre afflizioni mentali e le preoccupazioni personali. In secondo luogo, dobbiamo coltivare attivamente l’amore, la compassione e il coraggio per avere la forza interiore di essere d’aiuto.  In terzo luogo, dobbiamo sviluppare quella saggezza che ci permette di comprendere qual è il modo più abile per renderci utili.

A questo punto, potremo praticare i quattro tipi di attività risvegliate: pace, incremento, controllo e collera.

Inizialmente, le pratichiamo durante la meditazione, immaginando di pacificare le afflizioni mentali degli altri, incoraggiandoli a purificare le loro negatività, poi immaginando di aumentare la durata della loro vita, la loro saggezza e i loro meriti, ispirandoli ad agire in modo costruttivo. Poi immaginiamo di essere in grado d’influenzare o controllare le loro afflizioni mentali attraverso la forza della nostra saggezza e della nostra compassione. Infine, per coloro che sono davvero intrattabili, immaginiamo d’impiegare la collera per distruggere la loro capacità di nuocere agli altri. 

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Sua Santità il Dalai Lama e la Venerabile Thubten Chodron coautrice della serie Saggezza e Compassione.

Per applicare questi quattro mezzi abili a una situazione reale, facciamo l’esempio di qualcuno che sta per compiere una crudeltà. Un bodhisattva che non ha poteri di chiaroveggenza, e quindi non sa esattamente cosa sia meglio fare in quella situazione, inizia adottando mezzi pacifici: con gentilezza cerca di calmare quella persona, le dà conforto, discute con lei delle sue preoccupazioni oppure usa il ragionamento per dissuaderla dal fare del male a qualcuno.

Se questo non funziona, cerca di farla stare meglio: può darle una medicina o un dono, oppure insegnarle un argomento di suo interesse. Se anche così la situazione non migliora, adotterà una forte pressione o influenza per tentare di indirizzarla nella giusta direzione. Fallito anche questo approccio, può minacciarla o distruggere la sua capacità di nuocere agli altri con un atto di forza motivato dalla compassione, non dal desiderio di rivalsa o dall’avversione, ed è compiuto solo come estrema ratio.  

Applicare qualsiasi tecnica si riveli più efficace per alleviare le nostre o altrui difficoltà è coerente con l’insegnamento che afferma che non c’è nulla che un bodhisattva non debba imparare. 

Non usiamo soltanto il Dharma per prevenire o risolvere i nostri problemi e quelli degli altri, ma mangiamo in modo sano, facciamo esercizio fisico e adottiamo qualsiasi  trattamento medico sia necessario. Integrare la pratica buddhista con altri metodi va bene, anche se è saggio ricordare che sono ambiti distinti. Per esempio, se i buddhisti hanno problemi che la psicoterapia può alleviare, possono e devono farla. Nei centri di Dharma potrebbero esserci consulenti che sono anche praticanti (ma che non andrebbero considerati guide spirituali) che potrebbero rivelarsi utili per affrontare problemi psicologici. Sono felice di sapere che alcuni buddhisti stanno sviluppando metodi psicoterapeutici basati sul Dharma.  

Da un certo punto di vista, qualsiasi attività motivata dalla bodhicitta può essere considerata buddhista, ma non per questo una pratica fatta da un buddhista è necessariamente una pratica di Dharma.

Facciamo un esempio: per raggiungere la liberazione, un buddhista deve praticare la meditazione di consapevolezza che, di per sé, non è una pratica buddhista perché è presente anche in altre tradizioni. Allo stesso modo, a eccezione dell’intuizione dell’impermanenza e dell’assenza dell’io, l’intuizione in sé non può essere ritenuta una pratica buddhista perché anche i non buddhisti ne fanno ricorso. Le discipline come la psicoterapia possono essere adottate dai buddhisti, ma ciò non le rende tecniche buddhiste.

Da questo punto di vista, le uniche tecniche o pratiche che possono essere ritenute a giusto titolo buddhiste sono quelle che riguardano direttamente l’obiettivo della liberazione dall’esistenza ciclica, per esempio la meditazione sulla vacuità.

Se altre discipline, come la psicologia o lo yoga, non implicano la fede in un’anima immortale o in un creatore, e se ci rendono persone più gentili o più sane, possiamo adottarle. Se insegnano concetti che sono in conflitto con la visione buddhista o creano difficoltà nella pratica, è più saggio lasciarle da parte. Questa è la posizione generale, ma ci possono essere alcune eccezioni. Per esempio, per aiutare le persone che hanno una bassa autostima ad avere una migliore visione di se stessi, può essere utile insegnare loro che esiste un’anima permanente. Anche il Buddha lo ha fatto, come un mezzo abile per beneficiare persone specifiche.  

Rivedi la presentazione!

Se hai perso il primo incontro con la Venerabile Thubten Chodron puoi rivederlo.

Essere buddhisti nel XXI secolo. Incontro live con la Ven. Thubten Chodron

Il libro

Sua Santità il Dalai Lama insegna pubblicamente il Buddhismo da decenni. La serie Saggezza e compassione, di cui I primi passi sul sentiero buddhista è il primo volume, raccoglie le sue presentazioni di ogni fase del percorso verso l’illuminazione, compilate e scritte da una dei suoi principali discepoli occidentali, la monaca americana Thubten Chodron.

Il Buddha voleva che i suoi studenti indagassero, per capire da soli se ciò che aveva detto era vero. In quanto studioso del Buddha, il Dalai Lama promuove lo stesso spirito di indagine e, mentre la ricca tradizione del Buddha si fa strada in nuove terre e culture, Sua Santità ha riconosciuto che sono necessari nuovi approcci per consentire ai ricercatori in Occidente di sperimentare la rilevanza del messaggio liberatorio nella propria vita. Un tale approccio non può presumere che gli ascoltatori siano liberi da dubbi e abbiano già fede nei principi fondamentali del Buddhismo.

Questo libro, quindi, parte dal desiderio umano universale di felicità e presenta la natura dinamica della mente. Questo primo volume fornisce anche una vasta gamma di riflessioni sulla storia e sui fondamenti buddhisti, sulle questioni contemporanee e sulle esperienze personali del Dalai Lama. È solo un’introduzione al Buddhismo, ma fornisce anche una base per l’illuminazione sistematica del sentiero nei volumi a venire.

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