La nostra mente ha bisogno di manutenzione.
Il nostro problema però è che rimandiamo in continuazione, finché alla fine diventa troppo tardi per affrontare l’attaccamento, la rabbia, la gelosia e tutto il resto. Aspettiamo che “le gomme siano completamente a terra” prima di accorgerci di ciò che sta accadendo nella nostra mente. E questo perché la nostra attenzione è tutta rivolta all’esterno: le persone, le circostanze e ciò che siamo convinti essere la causa di ogni nostro problema. Non ci sfiora neanche il pensiero di prestare attenzione alla nostra mente.
È come se – pur guidando – non avessimo mai sentito parlare di come funziona un’automobile. Abbiamo una macchina nuova di zecca, ci mettiamo al volante e guidiamo, guidiamo, guidiamo, senza mai fare caso a quello che succede, alle ruote che iniziano a traballare. Finché, mentre andiamo a 120 all’ora in autostrada, ci accorgiamo che una ruota si sta staccando. “Oddio, e adesso che faccio?”
Beh, è un po’ tardi, non credete? La prevenzione dei malfunzionamenti o dei rischi è la cosa migliore che potete fare! È così che dovremmo comportarci anche con la nostra mente. Invece, non ci accorgiamo nemmeno dei mille momenti in cui, ogni giorno, le cose vanno un po’ storte, in cui ci irritiamo, ci arrabbiamo o ci sentiamo frustrati. Sono le “nostre ruote” che traballano. Ma pensiamo che sia normale. Il vostro terapeuta si farebbe quattro risate se oggi andaste da lui (o da lei) perché oggi vi siete incavolati!
Ma è proprio in quel momento che dovremmo fare ricorso ai nostri strumenti. Ma aspettiamo di essere così esasperati e fuori controllo da pensare di voler uccidere il nostro ragazzo o noi stessi prima di fare qualcosa.
Il compito principale di un buddhista invece è questo: prestare attenzione a ciò che accade nella nostra mente, momento per momento, riconoscendo ciò che c’è: il fastidio, il turbamento, il dolore, la gelosia. Lentamente diventiamo consapevoli dei nostri pensieri prima che scatenino degli tsunami emotivi. E questa è la chiave del successo.
Il nostro problema, invece, è che ci accorgiamo dei problemi solo quando è troppo tardi. E’ allora che ci perdiamo. Il punto chiave della psicologia buddhista è che alla base di tutte le emozioni, cioè quando il nostro corpo prova delle sensazioni, ci sono delle storie concettuali, dei pensieri: la rabbia, l’attaccamento, la gelosia e tutto il resto sono radicati nei nostri pensieri.
È una cosa difficile da capire. Ma è questo il punto. Dobbiamo imparare a prestare attenzione prima che i pensieri salgano in superficie e diventino emozioni disturbanti.
Francamente è un’operazione piuttosto sofisticata, ma è il lavoro che dobbiamo fare. Ci vuole tempo. Anche con pochi minuti di pratica quotidiana di semplice meditazione di concentrazione – oltre, ovviamente, alla nostra pratica abituale di prostrazioni, visualizzazioni, mantra, che lavorano a un livello molto più profondo – una volta rialzati dal cuscino sviluppiamo l’abitudine di non limitarci a prestare attenzione a ciò che fanno i bambini, a ciò che fanno le altre auto sulla strada, a ciò che dice il fidanzato, ma abbiamo anche l’abilità di notare i nostri pensieri, ciò che ci passa per la testa, e possiamo afferrare i pensieri, discutere con loro, rigirarli, prima che vengano vomitati dalla bocca.
Dobbiamo essere i terapeuti di noi stessi, in altre parole, come diceva Lama Yeshe. È un lavoro fattibile. Un passo alla volta.