La natura della mente è beatitudine

La natura della mente è beatitudine

Osserva la tua mente. Osserva i tuoi pensieri e le tue emozioni e scoprirai che la loro vera natura è saggezza: vuota, libera e beata. Questa è la pratica Mahamudra. Il Maestro tibetano Khenchen Thrangu Rinpoche offre istruzioni sui versi chiave di uno dei testi fondamentali della Mahamudra, Una canzone per il re del saggio indiano Saraha.

LA REALIZZAZIONE ELIMINERA’ I DIFETTI

Come l’acqua salmastra dell’oceano
Trasportata nelle nuvole diventa dolce
La mente stabile opera per il beneficio degli altri
Il veleno degli oggetti si trasforma in nettare curativo 

Se realizziamo la vera natura della mente, essa stessa eliminerà tutti i difetti e i problemi. Questi potrebbero essere di vario tipo: pensieri o emozioni disturbanti, esperienze di intensa tristezza o rimorso, e tutti possono  essere tutti rimossi attraverso il riconoscimento della natura della mente nella pratica di Mahamudra. Come ciò sia possibile è spiegato in questa stanza attraverso un’analogia con l’acqua dell’oceano. Non possiamo bere l’acqua di mare perché è troppo salata. Tuttavia, dopo che l’acqua dell’oceano evapora, si raccoglie formando le nuvole e diventata pura,  ritorna sulla terra sotto forma di pioggia; non più salata, è buona da bere.

Il significato di questa analogia è il seguente. Noi diamo continuamente origine a varie forme di emozioni disturbanti. Ad esempio, quando incontriamo un oggetto che ci fa arrabbiare, questa esperienza ci rende infelici. Se agiamo in base a questa rabbia, anche gli altri possono soffrire. Per fare un altro esempio: quando siamo frustrati dal fallimento dei nostri sforzi, possiamo diventare molto ansiosi e infelici, e questo può durare per tutta la vita.

In questi esempi, l’emozione disturbante o la sofferenza che sorge nella nostra mente appare come  molto solida e potente; la sua intensità la fa sembrare come più potente di quanto noi stessi pensiamo di essere. Tuttavia, se effettivamente osserviamo e meditiamo sulla natura della mente, scopriamo che tutte le cose che in essa sorgono – pensieri, emozioni disturbanti, tristezza e infelicità – sono semplici apparenze. Se li esaminiamo attentamente, cercando di vedere cosa, e dove, sono realmente, scopriremo che sono privi di sostanza e di luogo. Quando osserviamo direttamente i pensieri, le emozioni disturbanti e la miseria che sorgono nella nostra mente, non riusciamo a scoprire dove si trovano, o da dove provengono, o se hanno una forma o un colore. Non troviamo mai nessuna di queste qualità che, invece, tutti gli oggetti sembrano avere.

Qui “esaminare” significa osservare il pensiero nella mente, non esaminare l’oggetto che ha ispirato il pensiero o la condizione che ha portato all’emozione disturbante. È l’esame accurato del pensiero stesso; osserviamo direttamente la vacuità del pensiero. Sia che lo facciamo con lo scopo  di beneficiare gli altri – come afferma il versetto, “la mente stabile lavora per il beneficio degli altri” – o semplicemente per noi stessi, ciò che accade quando vediamo la natura dei pensieri è che la caratteristica velenosa del pensiero, dell’emozione disturbante o della sofferenza precedentemente rilevata, si trasforma in una situazione di grande beneficio – come leggiamo nel versetto, “il veleno degli oggetti si trasforma in nettare curativo”. Crediamo che le emozioni disturbanti siano terribili, che i pensieri siano cattivi e che la tristezza sia qualcosa di cui vergognarsi, ma  la natura di queste condizioni che sorgono nella nostra mente è di beatitudine e poiché non riconosciamo la loro natura, ne siamo afflitti. Di  per se, i pensieri e le emozioni non sono nocivi, perché la loro natura è la pace. Tuttavia, finché le emozioni disturbanti si presentano come afflizioni, sono ovviamente un problema. Quando riconosciamo la natura dei pensieri, delle emozioni disturbanti o della tristezza, è come sperimentare un nettare curativo – il veleno dei pensieri e delle emozioni disturbanti si trasforma in medicina.

Nel contesto dell’insegnamento graduale di Mahamudra, questo processo di osservare i pensieri è chiamato guardare la mente nell’evento, o guardare la mente in movimento. Normalmente è preceduto dalla pratica di guardare la mente nella quiete. Quest’ultima pratica significa che quando siamo in uno stato stabile di meditazione, guardiamo direttamente la nostra mente cercando di vedere dove si trova e cosa sia  la mente. Attraverso questa indagine alla fine scopriamo che non c’è né luogo né sostanza della mente da trovare. In questo modo, attraverso l’esperienza stabiliamo che la mente è vuota.

Questa stanza descrive l’osservazione della mente in movimento. Evento, o movimento, significa che un pensiero si manifesta nella mente. Il pensiero potrebbe essere di qualsiasi tipo: un pensiero arrabbiato, un pensiero geloso, un pensiero arrogante, un pensiero bramoso, un pensiero triste, un pensiero felice o un pensiero compassionevole. Qualunque sia il contenuto del pensiero, quando riconosciamo che è sorto, lo guardiamo direttamente. Osservando il pensiero, ne vediamo la natura e scopriamo che è come la mente stessa: non ha né luogo, né sostanza: è vuoto. Quindi, attraverso la pratica di guardare la mente al verificarsi del pensiero, trasformiamo l’apparente veleno della mente in nettare curativo, che è la sua vera natura.

NONOSTANTE LA PAURA, LA REALIZZAZIONE SI TRASFORMA IN BEATITUDINE

Quando realizzi l’ineffabile, non è né sofferenza né beatitudine.
Quando non c’è nulla su cui meditare, la saggezza stessa è beatitudine.
Allo stesso modo, sebbene il tuono possa suscitare paura,
La caduta della pioggia fa maturare i raccolti.

Questa stanza ci parla dei vantaggi di realizzare l’inesprimibile o l’ineffabile, che qui si riferisce alla vacuità. Quando usiamo la parola vacuità o vuoto, essa può suonare molto minacciosa. Il suo significato letterale è “niente”, facendolo sembrare “annientamento”, ma la natura del vuoto è grande pace, grande beatitudine. Potremmo erroneamente temere la realizzazione della vacuità, credendo che questa realizzazione produrrà l’annientamento dell’esperienza; tuttavia, la realizzazione della vacuità  è la realizzazione di una grande pace e tranquillità. La realizzazione della vacuità è diversa da ciò che temiamo, perché in essa  non c’è nulla che giustifichi intrinsecamente la paura. La vacuità non è di per sé negativa o minacciosa.

La parola vacuità, ovviamente, connota il nulla e ci fa pensare a qualcosa come lo spazio vuoto, una mera assenza, come l’assenza di qualsiasi qualità o contenuto. Ma la vacuità  della mente è ciò che viene chiamata “vacuità che possiede tutti gli aspetti migliori”. Ciò significa che mentre la mente è vuota, non è una totale assenza di tutto; piuttosto, è lucidità cognitiva. Significa, ad esempio, che quando osservi la tua mente, non trovi la mente, né vedi i pensieri in termini di localizzazione o di possesso di caratteristiche sostanziali. La mente e i pensieri al suo interno sono vuoti ma non sono il nulla, perché c’è un’incessante manifestazione della cognizione mentale. Ciò dimostra che l’assenza di esistenza sostanziale non significa che la mente sia inerte come una pietra e per questo motivo, la realizzazione di questa assenza di vera esistenza non provoca la cessazione dell’esperienza

Pur essendo priva di qualsiasi tipo di esistenza sostanziale, la mente rimane una consapevolezza incessante. Eppure, quando la cerchi, non la trovi da nessuna parte; non puoi trovare nulla di sostanziale perché la mente è vuota. Inoltre è immutabile. Se la mente non fosse vuota, se avesse solidità o esistenza sostanziale, sicuramente cambierebbe. Spesso chiamata “l’inesprimibile” o “ciò che è oltre l’intelletto”, la vacuità della mente è la ragione per cui la mente è immutabile. E poiché la mente è immutabile, la sua natura è di grande beatitudine.

L’analogia in questa stanza è il suono del tuono, che rappresenta la vacuità, o più precisamente, il nostro concetto di vacuità. Un bambino, ad esempio, può essere spaventato dal rumore del tuono e percepirlo come minaccioso, ma riflettendoci, il tuono è una cosa positiva perché annuncia la pioggia che fa maturare i raccolti. Allo stesso modo, anche se potremmo pensare alla vacuità come minacciosa e negativa, in realtà la sua natura è di grande beatitudine, e quindi la realizzazione della vacuità è una cosa molto positiva.

APPARENZA E VUOTO SONO NON-DUALI

Prima una cosa e alla fine una non-cosa: nessuna delle due è stabilita;
allo stesso modo, non c’è niente altro che queste due.
Non c’è posto dove dimorare all’inizio, nel mezzo o alla fine.
Per coloro la cui mente è oscurata da continui concetti,
la vacuità e la compassione sono espressi in parole.

La stanza successiva  riguarda la mancanza di una sostanza intrinseca nel sorgere, nel persistere e nella cessazione dei pensieri. Oppure potremmo dire che si tratta dell’unità di apparenza e vacuità  che poi porta alla realizzazione dell’unità di vacuità e compassione.

Quando consideriamo la natura della mente o la natura essenziale dei pensieri che sorgono nella mente, presumiamo che queste cose debbano aver avuto inizio in qualche modo e da qualche parte. Devono dimorare da qualche parte e a un certo punto devono cessare. Ma quando effettivamente osserviamo come sorge un pensiero e cosa accade effettivamente, non troviamo nulla che crei il pensiero, né troviamo il luogo in cui questo sorge. Quando cerchiamo le caratteristiche che un pensiero potrebbe possedere, quali il colore e la forma, non le troviamo. Quando guardiamo per vedere dove si trova il pensiero, anche se è vividamente presente nella mente non riusciamo a trovarlo da nessuna parte. Il pensiero non è localizzato specificatamente in nessun posto all’interno del corpo, né fuori dal corpo, né in qualche area intermedia. Dobbiamo concludere che non solo il pensiero non sorge veramente, ma non dimora né riposa da nessuna parte.

Infine, quando un pensiero scompare, guardiamo per vedere cosa succede realmente. Dove va? Non troviamo nulla. In questo modo, siamo portati alla conclusione che i pensieri non sorgono veramente, non permangono veramente e non cessano veramente. Riconosciuta o meno, la natura della nostra mente è sempre stata proprio questa. Non è che la scoperta di questa natura renda vuota la mente, perché la mente è sempre stata così. Il problema è che non abbiamo mai guardato nella nostra mente. Ci siamo sempre voltati e guardati fuori, o lontano da esso. Questo è il significato del versetto.

Questa stanza fornisce la risposta  anche a questa domanda: quali qualità vengono generate dalla meditazione sulla vacuità? Lo scopo del dharma è aiutare gli altri e la radice di ciò è la compassione, ma se tutte le cose sono vuote e se la vacuità delle cose è realizzata, allora non c’è nessun oggetto e quindi nessuna radice di compassione? Questo versetto risponde negativamente a questa domanda. Come ha sottolineato il Terzo Karmapa, Rangjung Dorje, nella sua Preghiera di Aspirazione di Mahamudra: “Il riconoscimento stesso della vacuità è la radice della compassione”. Questo perché la realizzazione della natura vuota della mente e la realizzazione della natura vuota dei fenomeni producono uno stato di benessere e tranquillità nella mente. Le emozioni disturbanti e la sofferenza vengono pacificate e ciò, nella mente,  dà origine a ogni sorta di qualità positive. Quando realizziamo la vera natura della mente, acquisiamo la comprensione che tutti gli esseri, senza eccezione, possiedono questa stessa natura, questo stesso potenziale per ottenere tutte le qualità positive attraverso la realizzazione. Allo stesso tempo, ci rendiamo conto che solo quei pochi e fortunati individui  che riconoscono la natura della mente riescono a pacificare tutta la loro sofferenza, e così nasce la compassione per coloro che non hanno raggiunto questa realizzazione.

In generale, non guardiamo la nostra mente e, quindi, non riconosciamo la natura della mente e la natura dei pensieri. Piuttosto, siamo presi da questi pensieri, che poi generano emozioni disturbanti, le quali portano alla sofferenza. Poiché la natura fondamentale degli esseri ordinari è la stessa di coloro che hanno realizzato la natura della mente, arriviamo a capire che tutta questa sofferenza non è realmente necessaria; poiché gli esseri possiedono questa natura, non hanno bisogno di soffrire affatto. Questo riconoscimento è il motivo per cui la realizzazione della vacuità è la radice della compassione. Il Terzo Karmapa scrisse: “Attraverso la realizzazione della vacuità possa nascere nella mia mente un’intollerabile compassione”. La compassione che nasce attraverso la realizzazione non è fatta da parole, ma è intollerabilmente intensa.

COME LE ABITUDINI INCARNANO I CONCETTI 

Quando un vento invernale soffia e solleva l’acqua,
Sebbene leggero, esso assume la forma di pietra.
Quando i concetti tentano di disturbare la natura della mente, dove l’ignoranza non può prendere forma,
Le apparenze diventano molto dense e solide.

Questa stanza spiega  che tutte le apparenze sono aspetti della mente. La terra, le pietre, le montagne, le rocce e così via ci sembrano tutte molto solide e, pertanto, è piuttosto difficile capire come queste cose possano essere semplicemente delle apparenze. L’Oceano del Significato Definitivo lo illustra per fasi: per primo mostra che le apparenze sono mente; successivamente che quella mente è vacuità; poi che quella vacuità è spontaneamente presente; e infine, quella presenza spontanea è liberata in sé e per sé. Il tema di questo versetto è proprio questo. Sebbene la terra, le montagne e le rocce nella loro vera natura non siano diverse dalla nostra mente, in termini di come appaiono sembrano vaste, enormi e molto solide. Potremmo chiederci: come può la nostra mente comprendere e percepire ciò che è così grande e apparentemente solido? L’analogia qui è quella dell’acqua e del ghiaccio. Quando non è congelata, l’acqua è un liquido; ma quando uno specchio d’acqua è sottoposto a un vento molto freddo diventa ghiaccio, che è duro come la pietra.

Normalmente non pensiamo che l’acqua sia dura, eppure il ghiaccio è acqua ed è duro.

Allo stesso modo, quando la nostra mente è disturbata dall’ignoranza e dalle emozioni disturbanti, che assomigliano al vento freddo, produce pensieri grossolani. La produzione graduale di pensieri sempre più grossolani, che comportano modalità di apparenza sempre più grossolane, corrisponde al graduale congelamento dell’acqua. Questi pensieri grossolani provocano l’apparenza solida della terra e delle montagne, anche se i pensieri stessi all’inizio erano semplici cose inconsistenti.

LA MENTE NON È INFLUENZATA DALLE MACCHIE

La vera natura di qualsiasi stato d’animo è priva di difetti
E non influenzata dal fango dell’esistenza e del nirvana.
Eppure, se una gemma preziosa viene posta in una palude,
Il suo splendore non sarà chiaro.

L’analogia qui presentata riguarda un gioiello che in qualche modo è caduto in una palude. Il gioiello stesso ha colore e forma eccellenti ed è completamente puro nell’essere un gioiello. Non degenera affatto mentre è impantanato nella palude; rimane esattamente quello che era ma non può essere utilizzato. Le qualità del gioiello non sono evidenti perché è nascosto. Se il gioiello viene rimosso dalla palude e il fango viene ripulito, il gioiello sarà un gioiello perfetto e potrà essere utilizzato in modo appropriato. Allo stesso modo, finché la nostra mente è immersa in apparenze confuse, non possiamo accedere e utilizzare le qualità innate della mente. Attraverso la meditazione, tuttavia, se riusciamo a separare la mente dall’ignoranza, saremo in grado di utilizzare le qualità innate della mente per impegnarci in benefici spontanei e senza sforzo per noi stessi e gli altri.

Sebbene la natura della  mente sia vacuità, non è vuota nel senso di essere come lo spazio. La natura fondamentale della mente è allo stesso tempo vuoto e lucidità cognitiva. Questa natura non è mai stata deteriorata o anche semplicemente influenzata da tutte le apparenze, confusione e ignoranza presenti all’interno dei tre regni del samsara – la ruota dell’esistenza ciclica. Quindi dobbiamo chiederci: la liberazione dal samsara sta effettivamente producendo un cambiamento nella mente? Non è così. Fin dall’inizio la mente è stata vuota e chiara.

Nella meditazione, quindi, non cerchiamo di cambiare ciò che è la mente; non stiamo cercando di trasformare ciò che non è vacuità in qualcosa che è vacuità, o di trasformare qualcosa che non è chiaro  in qualcosa che è chiaro. Tutto ciò che facciamo nella pratica della meditazione è sperimentare la mente così com’è e come è sempre stata. Quando la mente viene sperimentata e finalmente realizzata, quella è la liberazione. Non è necessario cambiare la natura della mente, perché la natura della mente non è mai stata influenzata da alcuna confusione.

Spesso la natura della mente è chiamata natura di buddha o sugatagarbha (“la natura essenziale di coloro che sono andati nella beatitudine”). Quando viene utilizzato il termine sugatagarbha, anche se si riferisce alla natura della nostra mente, viene pensato come uno stato elevato, come qualcosa di molto distante da noi e inavvicinabile. È quindi importante capire cosa significa veramente sugatagarbha. Sugata significa “coloro che sono andati in beatitudine”. La sillaba su qui è “beatitudine”, il che significa che se riconosci e realizzi la natura della mente, elimini la sofferenza del samsara: il risultato della realizzazione della natura ultima della mente è la beatitudine. Gata, o “andato”, significa che innumerevoli buddha sono apparsi e tutti hanno raggiunto l’illuminazione realizzando la natura della loro mente e ottenendo così la beatitudine del pieno risveglio.

Tutti i Buddha iniziarono come esseri senzienti confusi e disorientati. Hanno trasceso l’ignoranza e la sofferenza del samsara e sono entrati nella beatitudine. Adesso tocca a noi seguire l’esempio dei Buddha, realizzare la natura della nostra mente e scoprire questa beatitudine interiore. Abbiamo la capacità di farlo? Sì, abbiamo la capacità innata di seguire ed emulare coloro che hanno raggiunto la beatitudine. Se ci mancassero alcune qualità o abilità che loro avevano, potremmo non essere in grado di farlo, ma nella natura della nostra mente, abbiamo tutto ciò che loro hanno sempre avuto o hanno. Poiché noi abbiamo ciò che hanno loro e loro hanno raggiunto il pieno risveglio, possiamo farlo anche noi. Questo è il motivo per cui la natura della mente è chiamata la natura essenziale di coloro che sono andati nella beatitudine.

L’Uttaratantra afferma: “Come un gioiello, come lo spazio e come l’acqua pura, è continuamente priva di turbamento”. Quando un gioiello viene purificato e viene rimossa la sporcizia che lo circonda, la natura del gioiello stesso non cambia. Il gioiello è sempre stato un gioiello nella sua natura o composizione. Allo stesso modo, quando le nuvole scompaiono dal cielo, lo spazio del cielo non subisce alcun cambiamento. Lo spazio non era intrinsecamente influenzato o inquinato nella sua natura dalla presenza delle nuvole. Il terzo esempio è l’acqua. L’acqua in sé è semplicemente acqua pura; si inquina solo quando i sedimenti si mescolano ad essa ma anche così, l’acqua  rimane solo acqua. L’acqua fangosa è acqua combinata con qualcos’altro, ma l’acqua di per sé non viene modificata o danneggiata dalla presenza del sedimento.

Allo stesso modo, mentre la nostra mente è afflitta e oscurata dall’ignoranza, dalle emozioni e dai pensieri disturbanti, la natura della mente non è toccata dalla loro presenza. Tuttavia, quando queste oscurazioni sono presenti, le qualità della natura della mente non saranno evidenti. Così si dice nel versetto: “Eppure, se una gemma preziosa viene posta in una palude,

il suo splendore non sarà chiaro”.

LA BASE DEL SAMSARA E DEL NIRVANA

Quando la stupidità è chiara, la saggezza non è chiara.
Quando la stupidità è chiara, la sofferenza è chiara.
Così, da un seme nasce una piantina;
Con questa piantina come causa, appaiono i germogli.

Questa stanza descrive la ragione del nostro vagare  nel samsara e come le sue apparenze  confuse aumentano e si diffondono. Tutto il samsara inizia con l’ignoranza e in questa stanza l’ignoranza viene definita come una forma di stupidità. Per sua natura, la stupidità non è chiara. È un’assenza di conoscenza, un mancato riconoscimento della verità ultima, che potrebbe essere definita una semplice mancanza di chiarezza. Tuttavia, contemporaneamente a questa mancanza di riconoscimento, la presenza dell’ignoranza nella proiezione della verità relativa è chiara e aumenta man mano che il samsara cresce.

La natura fondamentale che risiede in ogni essere vivente può essere chiamata sugatagarbha o dharmadhatu. Dharmadhatu si riferisce principalmente all’aspetto della vacuità, e sugatagarbha si riferisce principalmente all’aspetto della saggezza. L’incapacità di riconoscere questa natura fondamentale della mente è chiamata ignoranza – è l’inizio dell’ottava coscienza (alaya, o coscienza totale). Questo mancato riconoscimento della natura della mente avviene perché l’aspetto vuoto della stessa  non viene riconosciuto a causa dell’apparenza del suo aspetto lucido. Ciò causa l’ignoranza e il sorgere dell’ottava coscienza insieme alle sue inclinazioni negative le quali  producono apparenze confuse. Man mano che queste apparenze confuse aumentano, dall’ottava coscienza sorgono la settima coscienza afflitta e poi le sei coscienze funzionanti (le cinque coscienze sensoriali e la coscienza mentale). A quel punto la struttura delle apparenze confuse del samsara è pienamente stabilita. Questo processo di intensificazione è descritto nel versetto: “Quando la stupidità è chiara, la saggezza non è chiara”. Man mano che la stupidità del samsara diventa sempre più vivida e distinta, la saggezza sottostante diventa sempre meno chiara e sempre più oscurata. Questa è la stessa idea espressa nel verso precedente con le parole: “Se una gemma preziosa viene posta in una palude, il suo splendore non sarà chiaro”. Lo splendore della saggezza è oscurato dall’intensità della stupidità.

Quando la mente è confusa, la coscienza alaya comincia ad accumulare abitudini e tendenze negative. La stessa coscienza alaya non è confusa – è mera lucidità cognitiva – tuttavia, funziona come base per accumulare abitudini negative e per percepire erroneamente l’esistenza del sé. Quando abbiamo questa visione errata che ritiene che il sé esista, sviluppiamo anche la visione errata secondo cui esiste anche l’altro. Attraverso l’aumento delle abitudini negative, basate sul pensiero che esistano un sé e un altro, le latenze karmiche negative entrano nella coscienza alaya, e questo porta al sorgere delle altre sette coscienze.

Anche se sono coscienze non concettuali, le cinque coscienze sensoriali sorgono come risultato di abitudini maturate nella coscienza alaya. Le cinque coscienze sensoriali sono limitate a percepire uno specifico input sensoriale; per esempio, la coscienza visiva si limita a vedere, la coscienza uditiva si limita a sentire e così via. Le coscienze sensoriali non valutano, riconoscono, giudicano o in alcun modo concettualizzano ciò che vedono, sentono e così via. La sesta coscienza, la coscienza mentale, è la coscienza che valuta, identifica e giudica ciò che viene percepito dalle cinque coscienze sensoriali. Pertanto, è la sesta coscienza che commette errori, come credere che cose diverse siano essenzialmente la stessa cosa.

Con lo sviluppo di tutte e otto le coscienze, si raggiunge  uno stato di ignoranza totale. Il versetto recita: “Quando la stupidità è chiara, la saggezza non è chiara”. Quando la saggezza è chiara, si realizza la natura della mente, ma quando lo smarrimento, la stupidità e l’ignoranza sono evidenti, la vera natura della mente è oscurata. Ciò porta a emozioni disturbanti, che a loro volta portano all’accumulo di karma negativo, che poi porta alla sofferenza. Bisogna precisare che  non tutto ciò che risulta dalle azioni provoca sofferenza, perché le azioni sono di diversi tipi (positive, negative e neutre) e, quindi, i loro risultati possono essere diversi. Tuttavia, direttamente o indirettamente, il risultato delle emozioni disturbanti è la sofferenza. Ad esempio, essere molto malato è ovviamente sofferenza ed è chiamato sofferenza della sofferenza, ma anche un’esperienza di felicità o di benessere si trasformerà in uno stato di sofferenza a causa della sua natura  impermanente. In questo senso anche gli stati di benessere temporanei vengono chiamati sofferenza del cambiamento. Inoltre, l’ambiente pervasivo di impermanenza in cui viviamo fa sì che tutto alla fine si trasformi in sofferenza; questa è chiamata sofferenza onnipervasiva. Questi tre tipi di sofferenza sono il risultato delle confuse proiezioni o apparenze del samsara.

Questo versetto presenta un’analogia per illustrare come il progressivo intensificarsi della stupidità provoca sofferenza: “Da un seme nasce una piantina” e con questa piantina come causa, appaiono i germogli. L’ignoranza è il seme. Quando viene piantato nel terreno, produce una piantina, dalla quale emerge un gambo, e alla fine dal gambo crescono i rami. Allo stesso modo, a causa della crescente stupidità, cominciamo a soffrire. Questa sofferenza ci mantiene nel mezzo delle apparenze samsariche che implicano, in un modo o nell’altro, una persistente sofferenza. A volte sperimentiamo la sofferenza della sofferenza, a volte sperimentiamo la sofferenza del cambiamento e a volte sperimentiamo una sofferenza onnipervasiva, ma proviamo sempre sofferenza.

Il versetto ci mostra anche, implicitamente, come porre fine alla sofferenza. Tutti vogliono smettere di soffrire. Poiché la causa immediata della sofferenza sono le emozioni disturbanti, è chiaro che per sbarazzarci dei tre tipi di sofferenza dobbiamo eliminare le emozioni disturbanti. Quando cerchiamo la causa delle emozioni disturbanti, vediamo che essa è l’ignoranza e, pertanto,  dobbiamo liberarci della nostra ignoranza se vogliamo perdere queste emozioni. L’ignoranza è iniziata con il non vedere la dharmata, la vera natura della nostra mente, quindi il rimedio contro l’ignoranza è evidente: vedere la vera natura della nostra mente.

Se vediamo la vera natura della dharmata, allora l’ignoranza e lo smarrimento svaniranno. All’interno dei sutra, che enfatizzano la vastità, ci riferiremmo a questa natura come alla dharmata, la natura di tutte le cose – spesso spiegata come l’unità di spazio e saggezza. All’interno del mantra segreto, o Vajrayana, che enfatizza la profondità e non tanto la vasta portata della natura della mente, ci riferiremmo a questo come alla natura della nostra mente. Possiamo anche pensare alla nostra mente come alla natura della sesta coscienza o alla natura dell’ottava coscienza. In entrambi i casi, è osservando la natura della nostra mente che l’ignoranza verrà rimossa. Siamo disorientati e ignoranti, perché non abbiamo mai esaminato e realizzato questa vera natura. Se la riconosciamo direttamente, elimineremo l’ignoranza, che è come il seme, e così la piantina non crescerà, il gambo non apparirà e i rami non si svilupperanno.

© Thrangu Rinpoche 2006. Ristampato da Una canzone per il re: Saraha sulla meditazione Mahamudra con il permesso di Wisdom Publications.

Traduzione di Ivano Colombo, tratto da Mind Is Empty and Lucid, Its Nature Is Great Bliss

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