Chi è il nostro vero nemico? La rabbia

Chi è il nostro vero nemico? La rabbia

La prima strofa del capitolo sulla pazienza de Una guida allo stile di vita del Bodhisattva di Shantideva, recita:
Ogni azione positiva accumulata in migliaia di ere cosmiche,
come la generosità e il venerare tutti i Buddha,
per un solo istante di rabbia verrà distrutta.

Questa prima strofa sottintende come l’avere un forte entusiasmo, un forte desiderio, sia un requisito necessario affinché un praticante possa coltivare con successo la pazienza e la tolleranza. Più forte è l’entusiasmo, maggiore sarà la capacità di sopportare le avversità che si incontreranno lungo il sentiero. Ma non solo; il praticante sarà disposto ad accettare le difficoltà che ne sono una componente necessaria.
La prima fase, quindi, prevede che sia generato un forte entusiasmo e per farlo bisogna meditare sulla natura distruttiva della rabbia e dell’odio e sugli effetti positivi della pazienza e della tolleranza.

Nel testo si legge come il sorgere di rabbia e odio, seppure per un breve istante, abbia la capacità di distruggere le virtù accumulate nel corso di mille eoni. In un’altra opera, il Supplemento al Trattato sulla Via di Mezzo di Chandrakirti, si legge che un solo istante di rabbia od odio può distruggere le virtù accumulate in cento eoni. La differenza tra i due testi è spiegata analizzando le cose dal punto di vista dell’oggetto di tali emozioni. Se l’oggetto di rabbia od odio è un Bodhisattva che ha raggiunto un livello elevato sul sentiero, e colui che genera tali sentimenti non è un Bodhisattva, allora la quantità di virtù che viene annientata è maggiore. Per contro, se un Bodhisattva genera rabbia verso un altro Bodhisattva, probabilmente le virtù che andranno perse saranno inferiori.

“Quando vengono generati odio e rabbia, essi hanno la capacità di distruggere le nostre virtù e la nostra quiete mentale”

Ciononostante, quando parliamo di virtù accumulate nel corso di eoni, distrutte da un istante di rabbia, dobbiamo specificare di cosa stiamo parlando. Sia il presente testo che il Supplemento al Trattato sulla Via di Mezzo concordano sul fatto che si tratta delle virtù meritorie: non tanto l’aspetto di saggezza del Sentiero, piuttosto l’aspetto de metodo. Nello specifico esse includono le virtù accumulate attraverso la pratica del dare e della generosità, come pure quelle acquisite osservando uno stile di vita eticamente disciplinato. Per contro, le virtù accumulate con la pratica della saggezza, quali l’aver generato una comprensione della natura ultima della realtà e le virtù accumulate con la pratica meditativa, nonché la saggezza acquisita attraverso la meditazione, rimangono al riparo del potere distruttivo di rabbia e odio.

La seconda strofa recita:
Non esiste negatività simile all’odio,
né forza d’animo simile alla pazienza,
perciò dovrei impegnarmi in molti modi
a meditare su di essa.

In generale esistono diverse emozioni afflittive: arroganza, presunzione, gelosia, avidità, lussuria, ottusità e così via, ma tra queste solo l’odio o la rabbia sono etichettate come il male peggiore.
Questa distinzione è stata fatta per due ragioni. La prima è che l’odio o la rabbia rappresentano il più grande impedimento per un praticante che aspiri ad accrescere la propria bodhicitta, l’aspirazione altruistica e il buon cuore. Rabbia e avversione sono il principale ostacolo al raggiungimento di questo traguardo. La seconda è che quando odio e rabbia sono generate, esse hanno la capacità di distruggere la virtù e la pace mentale di una persona. Per queste ragioni l’odio è classificato come il male peggiore.

La psicologia buddhista, classifica l’odio tra le sei principali emozioni afflittive.

La parola tibetana che la descrive è zhe dang, che può essere tradotta sia come “rabbia” che come “odio”. Personalmente ritengo che la traduzione più efficace sia “odio” in quanto, ad esempio in inglese, la parola “rabbia” in particolari circostanze può assumere una connotazione positiva. Questo avviene quando la collera è motivata dalla compassione o quando agisce come catalizzatore per una azione positiva. In tali rare circostanze, la rabbia può essere positiva mentre l’odio non lo può mai essere; è assolutamente negativo.

Dato che l’odio è negativo, non dovrebbe mai essere usato per tradurre la parola tibetana zhe dang nel contesto del Tantra. A volte si legge l’espressione “portare l’odio sul sentiero” ma questa è una traduzione errata. Quindi, la parola tibetana può essere tradotta sia come “rabbia” che come “odio” ma la prima può essere positiva e pertanto quando zhe dang si riferisce all’emozione afflittiva si dovrebbe usare il termine “odio”.

Le ultime due righe della seconda strofa recitano:
perciò dovrei impegnarmi in molti modi
a meditare su di essa.

Poiché l’obiettivo è il potenziamento della propria capacità di essere tollerante e di praticare la pazienza, ci è richiesto di essere in grado di contrastare le forze della rabbia e dell’odio – soprattutto dell’odio. Si dovrebbero utilizzare varie tecniche per incrementare la propria familiarità con la pazienza, utilizzando non solo situazioni di vita reale, ma anche la propria immaginazione per visualizzare una particolare situazione e valutare come andremo poi a comportarci.

Dobbiamo insistere nell’addestramento a contrastare l’odio e a sviluppare la nostra capacità di essere pazienti e tolleranti.

La mia mente non proverà pace
se alimenta dolorosi pensieri di odio.
Non troverò gioia né felicità,
non riuscirò a prendere sonno, mi sentirò turbato

Questa strofa delinea gli effetti distruttivi dell’odio che sono ben visibili, ovvi e immediati. Per esempio, quando sorge un potente pensiero di odio, in quel preciso istante esso sopraffà totalmente la persona e ne distrugge la pace interiore e la presenza mentale. Quando una persona cova un pensiero di odio, diventa tesa e agitata e può perdere l’appetito, il sonno e così via.
In generale io credo che lo scopo della nostra esistenza sia di ricercare la felicità e di realizzarci. Anche da un punto di vista buddhista, quando parliamo dei quattro fattori per la felicità, o i quattro fattori per realizzarci, i primi due sono relativi all’ottenimento di gioia e felicità in termini mondani, tralasciando le più sottili aspirazioni religiose e spirituali quali la liberazione e l’illuminazione.

I primi due fattori trattano di gioia e felicità come le conosciamo convenzionalmente, in termini mondani. Al fine di sperimentare pienamente tale livello di gioia e di felicità, la chiave è lo stato della nostra mente. Ci sono, però, diversi fattori che contribuiscono all’ottenimento di tale livello di gioia e felicità, fattori che noi riconosciamo convenzionalmente come fonti di felicità. Tra questi, per esempio, abbiamo la buona salute che è considerata necessaria per una vita felice. Un altro fattore è la ricchezza che accumuliamo. Abbiamo poi l’avere amici o relazioni affettive poiché convenzionalmente riconosciamo che per godere di una esistenza felice abbiamo bisogno di circondarci di persone di cui ci fidiamo e con le quali possiamo relazionarci emotivamente.

Ora, tutte queste sono realmente fonti di felicità, ma per poterle utilizzare appieno al fine di avere una vita realizzata e piena di gioia, il nostro stato mentale gioca un ruolo fondamentale. Se coviamo pensieri carichi di odio o se la rabbia brucia dentro di noi, allora la salute ne risente e così facendo uno dei fattori sinora menzionati viene meno. Anche se possediamo favolose ricchezze, se stiamo sperimentando un momento di odio o collera intensi, siamo tentati di buttarle via o distruggerle. Pertanto, non vi è alcuna garanzia che la sola ricchezza possa dare la gioia e la realizzazione che cerchiamo. Allo stesso modo, quando siamo in uno stato di rabbia od odio intensi, anche un caro amico appare in qualche modo freddo e distante, o molto irritante.

Questo ci indica che il nostro stato mentale è cruciale per determinare se saremo in grado o meno di ottenere gioia e realizzazione e quindi, tralasciando la prospettiva della pratica del Dharma, anche nella prospettiva mondana di godersi una esistenza felice giorno dopo giorno, maggiore è il livello di quiete mentale, maggiore è la pace interiore, e maggiore sarà la nostra capacità di goderci una vita piena di gioia e felicità. Comunque sia, quando parliamo di mente calma o tranquillità interiore, non dobbiamo confondere questo stato con uno stato di apatia o di insensibilità privo di sensazioni, come se fossimo “anestetizzati” o svuotati. Non è questo che intendiamo con avere una mente calma o una tranquillità interiore.

“Se esaminiamo come la collera o i pensieri carichi di odio sorgono dentro di noi scopriremo che, in generale, essi nascono quando ci sentiamo feriti”

Una genuina pace interiore è radicata nell’affetto e nella compassione; è coinvolto un alto livello di sensibilità e di empatia. Fino a quando noi difettiamo di disciplina interiore, di tranquillità mentale, allora non importa quali condizioni o capacità esteriori possiamo avere poiché esse non ci daranno la sensazione di gioia e felicità che cerchiamo. Per contro, se possediamo questa qualità, ovvero la tranquillità mentale o un certo grado di stabilità interiore, anche se non possediamo le condizioni che normalmente sono considerate necessarie per una vita felice e gioiosa, è ancora possibile viverla.

Se esaminiamo come la collera o i pensieri carichi di odio sorgono dentro di noi scopriremo che, in generale, essi nascono quando ci sentiamo feriti o quando, contro ogni nostra aspettativa, pensiamo di essere stati trattati ingiustamente da qualcuno. Se in quel momento esaminiamo con attenzione il sorgere della rabbia, la percepiamo come un protettore, come un amico che viene in nostro aiuto nella battaglia contro la persona che ci ha fatto del male. Quindi la rabbia o il pensiero carico di odio che sorge, ci appare come uno scudo o una protezione quando, in realtà, è una illusione. Questo è uno stato mentale molto ingannevole.

Chandrakirti, nel suo Supplemento al Trattato sulla Via di Mezzo, afferma che ci potrebbe essere una giustificazione per rispondere alla forza con la forza se la vendetta potesse in un qualche modo aiutare, prevenendo o attenuando il danno inflitto. Ma questo non è così in quanto se il danno, la ferita o quant’altro è già stato inflitto, allora è troppo tardi e, di conseguenza, vendicarsi non può in nessun modo né prevenire, né attenuare quanto fatto – tutto è già accaduto.
Per contro, se in una particolare situazione qualcuno reagisce in modo negativo anziché con spirito tollerante, non solo non si sperimenteranno benefici immediati ma si andrà a formare una mentalità negativa che rappresenta il seme di una caduta futura. Dalla prospettiva buddhista, chi commette un atto di vendetta si troverà in futuro a sperimentare le conseguenze delle proprie azioni e, pertanto, non solo non ci saranno benefici ma le proprie azioni si riveleranno dannose nel tempo.

Ciò detto, se qualcuno è stato oggetto di un torto e se la situazione non viene in qualche modo affrontata, il responsabile può andare incontro a conseguenze estremamente negative, pertanto è necessario agire per neutralizzarla. In queste circostanze è possibile che una persona spinta dalla compassione verso chi ha praticato l’offesa, e senza generare sentimenti di rabbia o di odio, possa prendere posizione e mettere in atto delle forti contromisure. Infatti, uno dei voti del Bodhisattva prevede che quando la situazione lo richiede si intervenga applicando gli opportuni antidoti. Una omissione in tal senso rappresenta una violazione del precetto.

Inoltre, come indicato nel Supplemento al Trattato sulla Via di Mezzo, la generazione di pensieri dannosi non solo porta a future esistenze negative, ma nel momento in cui sorge una forte collera, nonostante si cerchi di mantenere un contengo, il viso assume delle espressioni molto sgradevoli. Si emanano vibrazioni ostili che vengono percepite come se la persona fosse in ebollizione e stesse emettendo del vapore. Tali vibrazioni vengono percepite anche dagli animali che evitano il contatto. Queste sono le conseguenze dirette dell’odio. Esso provoca una sgradevole trasformazione fisica, ma non solo.

Quando sorgono un odio e una rabbia intensi la parte migliore del nostro cervello, quella che permette di discriminare tra giusto e sbagliato e di valutare le conseguenze a breve e a lungo termine, cessa di funzionare, è come se la persona fosse impazzita. Quando riflettiamo sugli effetti negativi e distruttivi della rabbia e dell’odio, realizziamo che è necessario prenderne le distanze. L’unico elemento che ci può dare rifugio e protezione dagli effetti distruttivi di rabbia e odio, è la pratica della tolleranza e della pazienza.

Tratto da “Perfecting Patience: Buddhist Techniques to Overcome Anger” del Dalai Lama – (Shambala 2019), pubblicato su Lion’s Roar

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