Come e perché affidarsi a un Maestro

Come e perché affidarsi a un Maestro

Alcuni traducono l’espressione bshes gnyen bsten pa con “devozione al guru”, ma questa espressione può essere fuorviante, può evocare l’idea di abbandonarsi in modo acritico a un’autorità sacra, il che non è certamente il significato autentico. Bshes gnyen significa “amico spirituale” o mentore spirituale. Bsten pa significa “fare affidamento” o “dipendere da”. Pertanto, affinché la nostra pratica del Dharma abbia successo, dobbiamo affidarci adeguatamente a un mentore, a una guida spirituale saggia e compassionevole. Prima di intraprendere qualsiasi attività, è utile conoscere i vantaggi che ne derivano e gli svantaggi causati dall’averla eseguita in modo improprio o dal non averla eseguita affatto. Affidarsi correttamente a uno o più maestri offre molti benefici.

• I nostri pensieri e le nostre parole diventeranno virtuosi perché seguiremo i suoi saggi consigli.

• Per la stessa ragione, non arrecheremo sofferenza a noi stessi o agli altri.

• Completeremo le due accumulazioni di merito e saggezza e raggiungeremo il pieno risveglio seguendo insegnamenti affidabili.

• Saremo in grado di impegnarci per il beneficio degli esseri senzienti, compresi quelli che hanno imboccato sentieri sbagliati.

• Poiché il nostro guru ci insegna a purificare le nostre negatività, esauriremo il karma distruttivo che sarebbe maturato in lunghe e sfortunate rinascite e che può invece maturare in questa vita come disagio o danno relativamente lieve.

• Grazie all’importante ruolo che i nostri mentori spirituali giocano nella nostra vita, creeremo grandi meriti, più di quelli che si ottengono facendo offerte agli infiniti buddha.

• Affidandoci adeguatamente ai nostri mentori spirituali in questa vita, ne incontreremo di qualificati anche nelle vite future.

• Le nostre buone qualità aumenteranno e otterremo il benessere per noi stessi e per gli altri.

• Sotto la guida compassionevole dei nostri insegnanti, ci sentiremo sostenuti e ispirati nella nostra pratica.

Questi benefici si ottengono perché ascoltiamo con mente aperta gli insegnamenti di un maestro qualificato e li mettiamo in pratica. Tuttavia, se lo disprezziamo, lo disdegniamo o rimproveriamo ne deriveranno molti svantaggi. Dovremo sopportare rinascite sfortunate a causa del karma negativo creato mancandogli di rispetto o arrabbiandoci con lui (o lei); in questa vita sperimenteremo ostacoli e malattie, le nostre buone qualità degenereranno e non ne sorgeranno di nuove perché non praticheremo il Dharma. In breve, non otterremo alcun vantaggio, ma l’esatto contrario. (…)

Riflettendo sulle qualità dei nostri insegnanti, sulla loro condotta etica, sulla loro gentilezza, sulle loro capacità meditative e così via, ne avremo una visione positiva. La nostra fiducia e ispirazione aumenteranno e la nostra mente sarà ricettiva ai loro insegnamenti. Non si tratta di fede cieca, perché l’alta considerazione — come la fiducia nella loro capacità di guidarci sul sentiero — si basa su delle ragioni. Tuttavia, se usiamo la nostra capacità di pensiero critico non per dimostrare con il ragionamento la vacuità ma per analizzare i difetti del nostro mentore spirituale, rischiamo di interrompere la nostra relazione con lui (o lei) mossi dalla rabbia e di abbandonare la pratica del Dharma. Se ciò dovesse accadere, il danno maggiore sarebbe nostro. Benefici e svantaggi della relazione con il guru dipendono dalle qualità su cui scegliamo di concentrarci.

Possiamo avere più di un maestro, sta esclusivamente a noi. Atiśa ne aveva più di centoquaranta, mentre Dromtönpa meno di cinque. Poiché è importante avere una considerazione positiva per i nostri insegnanti, se abbiamo una mente estremamente critica e giudicante potrebbe essere meglio averne pochi. È facile avere fede e rispetto per i maestri che siedono su alti troni e che di rado incontriamo di persona; molto più impegnativo si rivela apprezzare chi ci dà quotidianamente o settimanalmente insegnamenti di Dharma e a cui offriamo il nostro servizio. Tendiamo a trattare quel maestro come un vecchio amico e smettiamo di apprezzarne le qualità e la gentilezza. Potremmo facilmente iniziare a criticare le sue abitudini o a non ascoltare i suoi consigli, quindi dobbiamo sempre prestare particolare attenzione nelle nostre relazioni con gli insegnanti che frequentiamo spesso e assicurarci che il nostro atteggiamento e il nostro comportamento non compromettano questo rapporto così prezioso.

Poiché impariamo osservando l’esempio degli altri, riflettere sulle qualità positive dei nostri insegnanti ci ispirerà a fare uno sforzo per svilupparle anche in noi. Se abbiamo l’opportunità di vivere vicino a loro e di aiutarli in vari progetti, saremo testimoni del Dharma in azione nella vita quotidiana, noteremo in che modo i nostri insegnanti trattano le persone e gestiscono qualsiasi situazioni con giudizio e compassione. Imparare osservando un saggio praticante è un’opportunità preziosa, impossibile da ottenere leggendo un libro. Che i nostri insegnanti siano altamente realizzati o meno, noi ne beneficiamo vedendoli sotto una luce positiva. Se li consideriamo persone comuni, non li ascolteremo con attenzione o non prenderemo sul serio le loro parole, nemmeno se ci insegneranno un argomento profondo. Ma se pensiamo di ricevere insegnamenti da un essere risvegliato, allora ascolteremo con attenzione e metteremo in pratica le sue istruzioni. In questo modo la fiducia e la fede ci sosterranno nella pratica anche quando ci sentiremo scoraggiati.

Tratto da Le basi della pratica buddhista, secondo volume della collana di insegnamenti di Sua Santità il XIV Dalai Lama Saggezza e compassione

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Meditazione sulla vacuità

Jeffrey Hopkins
Traduttore e curatore: Leonardo Cirulli
Edizione: brossura, 1100 pagine, illustrato (bianco e nero)
ISBN: 978-88-942873-0-1

In questo importante lavoro, Jeffrey Hopkins, uno dei più eminenti studiosi del Buddhismo tibetano, offre una chiara esposizione della visione di Prasangika-Madhyamaka della vacuità presentata nella tradizione Gelug del Buddhismo tibetano.

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